16~Mi fa senso

7.7K 309 34
                                    

Mi guardo intorno come se mi sentissi osservata, per poi affrettarmi ad aggiustare la mia gonna a vita alta, ma talmente stretta che a momenti vomiterò il mio stomaco per terra.
Apro la porta dell'ufficio di Gordon, sicura del fatto che suo figlio sia già andato all'azienda.
Mi sento talmente in ansia che sento il bisogno di parlare all'unica persona che mi supporta, anche se avrà affari più importanti e seri a cui pensare, piuttosto che consolarmi, cosa che non ha saputo fare la mia genitrice.
Mi sono vestita in un modo tale da rendermi conto per la prima volta che sto bene nei panni di una donna snobbata e piena di alterigia, così elegante da stupire me stessa quando mi sono ritrovata davanti allo specchio, tanto che non ho avuto nemmeno il coraggio di scambiare due chiacchiere con il mio riflesso.
Ma, per quanto io sia elettrizzata, le parole di mia madre si ripetono nella mia testa e la sua richiesta di incontrare Edward non mi è piaciuto affatto.

«Disturbo?»-chiedo, ma so già che la mia presenza non potrebbe che essere sgradita, anche se l'uomo anziano alza la testa con un sorriso già dipinto in faccia, come se mi avesse riconosciuto dalla voce o si aspettasse il mio arrivo.
«Affatto.»-nega, scuotendo la testa lentamente, per poi riprendere a scorrere gli occhi su un grosso volume di pagine posto sulla sua scrivania.

Mi è bastato il suo sguardo per capire che mia madre mi ha anticipata.
«Quella donna è Gordon Ramsay in persona!»-dico tra i denti, ma lo zio alza la testa di nuovo con un'espressione confusa, mentre decido di avvicinarmi lentamente e cerco di mantenere l'equilibrio sugli alti tacchi che picchiettano il pavimento fino a quando non prendo posto.
«Come?»-domanda incuriosito, ma mi limito a schioccare la lingua al palato.
«I miei genitori hanno chiamato, vero?»-chiedo ironica, mandando la testa indietro non appena annuisce alle mie parole.
Forse anche Gordon si è arreso alla proposta che mi ha fatto e consigliato non appena a
sarà stato inviato da mia madre a una cena insieme a suo figlio.
«Mi dispiace, zio. Non volevo metterti in questa posizione.»-abbasso gli occhi alla sua mano che afferra di nuovo la penna sul tavolo, maledicendo mia madre per essere così ossessionata a sapere ogni cosa che combino e conoscere ogni persona che mi circonda.

Gordon alza le spalle e assume un'espressione neutrale che in parte mi stupisce al punto di aggrottare la fronte, non capendo perché sia così calmo.
«Se tieni davvero a mio figlio...»-raddrizza la schiena per poi poggiarla allo schienale della sedia girevole, ma non lo lascio finire che dalla mia bocca esce un improvviso:
«Si!»-che lo fa sorridere.
«... allora troveremo una soluzione.»-conclude soddisfatto.
«Edward crede che i miei genitori vivano in Grecia.»-gli faccio notare per fargli capire che non potrei portarlo a conoscere i miei genitori, che non dovrebbero saper nemmeno parlare in inglese.
«Troveremo qualcuno per sostituirlo.»-alzo la testa di scatto alle parole dell'uomo di fronte a me, che per la prima volta mi sembra abbia detto una sciocchezza, a differenza di come è saggio nel parlare solitamente.
«Sostituirlo?»-inclino la testa nella sua direzione, protraendo il busto in avanti fino a poggiare i gomiti sul legno della scrivania lucida.
«E faremo credere a tua madre che si tratti di mio figlio.»-alza le braccia a mezz'aria, come se avesse appena trovato una soluzione ragionevole al mio problema.

Lo fisso dall'altra parte del tavolo con le labbra premute tra loro e sbattendo più volte le palpebre alla sua proposta.
Quando capisco che è serio abbasso le sopracciglia e assumo un'espressione confusa, iniziando a valutare le sue parole attentamente.

«Mi ha vista in una foto con lui.»-mi ricordo dopo un paio di secondi ad alta voce, schioccando la lingua al palato nell'esatto momento in cui il consiglio di Gordon cominciava a entusiasmarmi.
L'uomo di fronte a me assume una smorfia dispiaciuta, rimanendo perplesso all'improvviso, quindi fa per aprire bocca e cercare di consolarmi, ma lo interrompo prima che possa farlo.
«Zio, sapevo che non era una buona idea.»-poggio la fronte sul palmo della mano per darmi dell'idiota mentalmente.
«A Edward non sarà difficile scoprire chi sono veramente.»-continuo a lamentarmi, spinta anche al silenzio di Gordon, mentre penso al momento umiliante in cui Edward mi urlerà contro di fare le valigie e ritornare a Coumpton.
«Hannah.»-inclina la testa con un'espressione piena di compassione, ma qualsiasi cosa sia in procinto di dire, so che tra me e Edward tutto finirà prima ancora che lui possa ricambiare ciò che provo io nei suoi confronti.
Sbuffo sonoramente, interrompendo Gordon per l'ennesima volta e alzandomi dalla sedia rassegnata.
«Non durerà molto.»-bisbiglio tra me e me, mentre alzo una mano in aria per salutare l'uomo dall'altra parte della scrivania.

James, The Bodyguard || ©Tutti I Diritti RiservatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora