9~Ora capisco perché sei pazza

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Aspetto impaziente di uscire da questo ristorante raffinato e rimanere sola con Edward, ma poi penso al fatto che in questo momento lui insisterà per accompagnarmi fino al mio appartamento.
Metto in moto i miei neuroni per inventare una scusa al fine di prendere un taxi, mentre Marc prende di nuovo la mia mano per salutarmi.
Gli sorrido in modo tirato per poi ritirare la mano e riportare la mia attenzione su Edward che poggia la mano sulla mia spalla, con un gesto che mi fa venire i brividi per tutto il corpo.

Abbasso la testa imbarazzata, portando una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mentre lui mi incita ad avanzare verso l'uscita.

«È stato bello rivederti.»-si scambiano una pacca sulla spalla, mentre io mi stringo sulle spalle per il freddo che mi avvolge fuori dall'edificio.
Marc fa un cenno con la testa in mia direzione: «Ci rivedremo lunedì, signorina.»
«Non vedo l'ora.»-fingo spudoratamente, per poi vederlo allontanarsi di spalle.

«Ti devo porgere delle scuse, non abbiamo parlato come avrei voluto. Ma ci saranno altre occasioni.»-riporto lo sguardo su Edward incrociando i suoi occhi ipnotizzanti, mentre prova a rassicurarmi con un'espressione dolce.
«Non c'è alcun problema, è stata comunque una bella serata.»-ammetto e non mento del tutto: il fatto che mi sono seduta davanti a lui per una serata intera ha reso questa cena fantastica.

«Vieni, ti accompagno a casa.»-aggiunge dopo avermi rivolto uno sguardo intenso.
«In realtà il mio autista starà già arrivando...»-inizio a dire, sperando che non insista e non si offenda, ma subito afferma:
«Oh, certo!»-porta la mano dietro la nuca nervoso, per poi continuare-«Allora a lunedì!»-ritorna a sorridere tranquillizzandomi.
Si avvicina pericolosamente, tanto che posso distinguere le diverse sfumature dei suoi occhi, ma poi si limita a lasciare un bacio sulla mia guancia destra.
Si gira di spalle senza guardarmi negli occhi, e si avvicina alla sua macchina insieme a James, che non mi degna di un'occhiata.

Rimango lì impalata per non so quanto tempo, fino a quando non sento il mio stomaco brontolare rumorosamente.
Porto l'indice sul punto in cui Edward ha poggiato le sue labbra nell'esatto momento in cui la sua macchina sfreccia via.

Il mio sguardo si perde per strada mentre io vorrei urlare per la felicità che mi ha dato un gesto così piccolo.
Ma dopo un po' scuoto la testa e ritorno alla realtà e mi affretto a guardarmi intorno per trovare un taxi e ritornare a casa il prima possibile.
Pensavo che sarebbe stato semplice fermare un auto, invece mi ritrovo ad aspettare più di un quarto d'ora prima che un auto gialla si fermi davanti ai miei piedi.

Senza pensarci due volte o prendermi la briga di salutare il povero autista costretto a lavorare fa quest'ora, gli dò l'indirizzo:
«Ti prego, vai più veloce del solito! Sto morendo di fame!»-lo supplico, ma non sembra ascoltarmi dato che è più lento della lumaca che ho ingoiato.
Al solo ricordo mi viene da vomitare in faccia all'uomo al mio fianco.

«Signorina, non metta il muso, non posso correre troppo.
Non sai cosa mi è successo due giorni fa!»-inizia a parlare catturando la mia attenzione.
«E non lo voglio sapere...»-sussurro, sperando subito dopo di non essere sentita, ma l'uomo finge di non aver sentito.
«Ho ucciso uno scoiattolo!»-scoppia a ridere mostrando la dentatura tra tra il giallo e il beige, mentre io assumo un'espressione confusa.
«Perchè andava velocemente?»-chiedo non so per quale motivo.
«No, perché ero ubriaco!»-continua a ridere, e qualcosa mi dice che nemmeno oggi  sia perfettamente sobrio.
«E cosa c'entra con quello che ti ho chiesto?»
Alza le spalle, mentre io alzo gli occhi al cielo, pregando Dio di arrivare a casa sana e salva.

Scendo dalla macchina prima ancora che si fermi completamente, dopo averlo pagato, per poi assicurarmi che le stanze dei piani superiori abbiano tutte la luce spenta.
Senza aspettare un secondo in più attraverso il cortile e raggiungo il piano inferiore.
Non ci metto molto ad arrivare dentro la cucina, ma quando quando mi trovo davanti al frigo sono talmente stremata che mi preparo a divorare tutto  ciò che troverò all'interno.
Il mio stomaco urla pietà per l'ennesima volta, quindi, ancor prima di aprire il frigorifero, poggio una mano sulla pancia e inizio a farle un discorso serio:
«Devi imparare a controllarti!»-alzo l'indice dell'altra mano.
«Ora capisco perché sei pazza.»-il cuore mi sale in gola alla voce roca di James alle mie spalle, seduto su uno sgabello dietro a un tavolo di legno.
Per un momento ho creduto che potesse essere uno spirito che ha lasciato i conti in sospeso nel mondo dei vivi e fosse venuto a chiedermi di aiutarlo, come in The ghost whisper.
Ma un fantasma non mi avrebbe mai dato della matta.
Alzo un sopracciglio e allo stesso tempo assumo un'espressione confusa: avrei preferito trovarmi davanti a un fantasma.

James, The Bodyguard || ©Tutti I Diritti RiservatiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora