(parte 53)

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Dopo la strana conversazione con Zayn non riuscii a dormire molto, ero tormentata da vari pensieri. E se tutto fosse tornato come prima? E se invece quando sarei dovuta ripartire per Londra, Zayn mi avrebbe allontanata di nuovo? Io volevo davvero stare con lui, ma ero stanca di soffrire.

La mattina dopo mi svegliai piuttosto presto, guardai l’ora dal telefono e realizzai che erano soltanto le sette e mezza. Piuttosto presto per essere domenica. Ma non avevo sonno, così mi alzai in punta di piedi e uscii per andare a bere un bicchiere d’acqua cercando di non far cigolare la porta.

«Dove vai?» sentii Waliyha farfugliare alle mie spalle.

Mi voltai di scatto e tornai da lei, «tanti auguri festeggiata»

«Grazie» balbettò rigirandosi nel letto, ancora assonnata.

«Dormi adesso, ci vediamo più tardi» le dissi e spensi di nuovo la luce.

Lei obbedì e nel giro di pochi secondi dormiva di nuovo. Uscii lentamente dalla camera e, con addosso la mia camicetta da notte, sgattaiolai in cucina. Mi guardai intorno, la stanza era vuota e illuminata dalla luce del sole che filtrava dalle finestre, e io mi sentivo a casa.

Ad un tratto sentii un rumore e sobbalzai quando sentii aprirsi la porta sul retro. Mi voltai di scatto e vidi Zayn rientrare con un pacchetto di sigarette in mano. Sbuffai, mi ero quasi dimenticata che amava fumare di mattina presto. Per qualche strana ragione lo rilassava.

«Oh» esclamò quando finalmente mi vide lì, «che fai già sveglia?»

«Dovresti sapere che non sono una dormigliona» accennai un timido sorriso.

Lui fece lo stesso, «giusto»

Era senza maglietta e mi ci volle molta per forza per evitare che lo sguardo mi cadesse su di lui. Era così maledettamente bello e io non riuscivo a resistergli. 

«Beh» feci una piccola pausa e abbassai lo sguardo, «adesso che fai? Torni a dormire?»

«No, no» scosse la testa, «stavo pensando di andare un po’ in ospedale»

«Da tua madre?» chiesi.

Annuì, «ti va di venire con me?»

Sbarrai leggermente gli occhi per la proposta.

«Sì, mi piacerebbe molto» sorrisi.

Lui si inumidì le labbra e poi afferrò una maglietta sulla sedia e se la infilò.

«Vestiti, ti aspetto in macchina» disse, dopodiché lanciò il pacchetto di sigarette sul tavolo e uscì di casa. Non capivo perché mi avesse chiesto di accompagnarlo, voleva presentarmi sua madre nonostante quello che era successo fra noi e onestamente io non vedevo l’ora di conoscerla.

Arrivammo in ospedale dopo circa mezzora e la situazione era piuttosto imbarazzante, lui non mi parlava molto e io non sapevo cosa dire. Odiavo il fatto di essere arrivata a questo punto, volevo che fosse tutto come una volta fra me e lui, però dovevo accettare la realtà. Le cose erano cambiate.

«Questa è la stanza» fece Zayn, indicando la camera.

Annuii silenziosamente e mi avvicinai a lui, entrando nella stanza dove era ricoverata sua madre.

Mi venne quasi la pelle d’oca nel vederla a letto con gli occhi chiusi, era piuttosto malconcia. Avevo già visto una sua foto, era una bella donna e sembrava anche molto dolce.

«Ehi, mamma» sussurrò lui avvicinandosi al lettino, cercando di svegliarla.

Lei aprii leggermente gli occhi e si guardò intorno, «ciao Zayn»

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