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«Pensi che sia una buona idea?»

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«Pensi che sia una buona idea?»

Ivar era seduto sul letto con la schiena contro il muro e le braccia conserte. Serio con mai, sembrava essere mutato in statua.
La scoperta della conquista di Kattegat non l'aveva solo sconvolto, ma totalmente annientato, portandolo ai peggiori pensieri.
Se n'era andato come un principe e sarebbe tornato da misero estraneo: non era una cosa che avrebbe tollerato facilmente.

«Ivar,» chiamai, ma lui, al mio fianco, restò immobile e attento. Stava pensando, lo faceva molto, e temevo che la sua testa sarebbe scoppiata da un momento all'altro.
Detestavo vederlo così.

«Credo che Düna voglia condividere il regno con te.»
Colpito da quella ipotesi, il giovane si voltò verso di me, guardandomi con interesse.

«Come hai detto?» 

Con cautela, annuii, non volendomi nascondere. «Un re conquistatore non avrebbe mai mandato a chiamare il figlio di un nemico morto, soprattutto se lontano. Lagherta era l'attuale regina e il nemico da combattere. Se ha richiesto di te, sono certa che sia per chiederti un aiuto.»
«Perché mai dovrebbe chiedere il mio aiuto?»

Scossi le spalle, non sapendo bene come spiegare quella sensazione. «Credo che lo scopriremo una volta arrivati.»
Ivar sembrava molto meno convinto di me - molto più incline alla lotta e ai passi falsi per potersi fidare.
Così, gli presi la mano, accarezzandola piano.

«Cosa pensi di fare? Tornerai?»
«È l'unica scelta,» ammise: «non posso permettere che Bjorn arrivi prima di me. Certamente, tenterà di riconquistare Kattegat appena ritrovata Lagherta.»

«Lui è suo figlio, vero?»
Ivar annuì, sarcastico: «l'unico e l'indimenticabile.»
Accennai ad un sorriso, capendo la sottile frecciatina.

«Credo che riuscirai a cambiare il mondo, Ivar,» annunciai, così, facendolo sorridere.
«Sai cosa vorrei davvero, al momento?»
Corrugai la fronte, confusa. «Cosa?»

Lui mi baciò per primo.
Mai casto e sempre diretto, mi costrinse a salire sulle sue gambe, stringendomi con voracità per le cosce.
Infilai le mie dita fra i suoi capelli, aggrappandomi al suo volto per averlo più vicino e non permettergli di scappare.

Ogni bacio era letteralmente fuoco e ghiaccio, capace di giungermi dalle labbra al cuore senza intermediari. Faceva quasi male per quanto bello, per quanto agognato.
Un dolore fisico e mentale, il peggiore che avessi mai conosciuto.
Ma non potevo farne a meno.

«Thora,» boccheggiò, quando presi a sbottonargli la camicia. «Thora, aspetta.»
Mi prese i polsi, costringendomi ad allontanarmi. D'istinto, mi sarei lamentata, ma mi fermai quando vidi la sua espressione di dolore.
La presunta impotenza.

«Oh,» sussurrai, sedendomi sulle sue gambe. «È per quello che ha detto Hvisterk?»
Ivar teneva lo sguardo basso, non riuscendo né a negare né ammettere.
In realtà, si comportava in modo strano, come se nascondesse un segreto.

«Ivar?»
«Quella schiava aveva ragione,» sputò, così: «su...su di me.»
Quindi, Ivar non poteva avere un rapporto sessuale. In realtà, la cosa non era così rassicurante come avrei potuto pensare.
I re hanno bisogno di eredi e una relazione non si basa su soli baci.

«Ed è un prob-»
«Ho avuto un'erezione,» mi bloccò, così: «la prima volta che ti ho vista. Quando te ne sei andata, mi è bastato pensarti. Era la prima volta di tre.»

«Tre?»
Io e Ivar ci eravamo baciati due volte. Improvvisamente, mi resi conto su cosa fossi seduta e mi spostai, quasi bruciata. «Quindi-»
Perché mi sorprendeva tanto che fossi riuscita a fare eccitare Ivar? In fondo, lui ci riusciva con me.
Solo, non ci avevo mai pensato così tanto.

Ero vergine, non sapevo nulla del corpo maschile, se non ciò che avevo visto assistendo Alfred e Ivar - quindi, davvero poco.
E le avevo provate, quelle strane sensazioni spinose al basso ventre, mentre osservavo l'acqua spremersi sulla pelle di Ivar, e letteralmente scoppiavo con un bacio.
Se solo avessi saputo come fare, probabilmente il mio corpo non si sarebbe contenuto.
Non volevo sfigurare.

«Se è così, significa che quella schiava aveva torto. Che non hai alcun problema.»
«Non voglio sbagliare,» ribatté lui, però: «e non voglio che succeda qualcosa mentre...mentre accade. Sarebbe solo colpa mia.»
Quindi, Ivar aveva il mio stesso timore.
Sembrava così fragile mentre lo ammetteva, mentre era costretto a fare i conti con il suo corpo. Istintivamente, gli accarezzai il volto.
«Verrà il momento giusto,» promisi, calma: «anche io ho paura.»

Forse rassicurato, Ivar sorrise e mi prese la mano, portandomi vicino e cingendomi con un braccio le spalle. Accoccolata a lui, lasciai che mi baciasse la fronte.
Era bello anche in quei momenti, quelli di semplice pace, da bravi ragazze alle prime armi.

Quella reazione era strana, totalmente inspiegabile. Certe volte, era estrema e pericolosa, altre così semplice e rassicurante.
Poteva dirsi solo nostra, perché ero certa che nessuno avesse mai provato un tale sentimento per un'altra persona.
Probabilmente, ero semplicemente una stolta con una cotta.

«Partiremo,» disse, infine.
Alzai lo sguardo su Ivar, sorpresa. «Dici davvero? Non hai paura di Düna?»
Lui scosse il volto. «Tu hai detto che ha bisogno di me e, in realtà, credo lo stesso, anche se non ne comprendo le ragioni.»
«E lo scoprirai?»

Lui sorrise e mi diede un veloce bacio sulle labbra. «Hai forse dimenticato chi sono?»
Sarcastica, alzai gli occhi. «E come dimenticarlo?»

Angolo

Capitolo un po' corto causa malattia e assenza di computer: chiedo perdono🥺

Ivar e Thora stanno per partire per Kattegat, ma cosa accadrà ora? Si migliora, si peggiora? Chi lo sa!

Spero che il capitolo vi sia piaciuto❤️

A presto,
Giulia

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