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Quel mattino rappresentò la mia prima uscita pubblica da quando avevo fatto la mia comparsa a Kattegat.
Hvisterk aveva bussato alla mia porta e, con un sorriso tiepido, mi aveva proposto di seguirlo – inizialmente, non ne ero così convinta: il mio corpo aveva riconosciuto quell'ambiente come estraneo e, ovviamente, non ero riuscita a dormire al meglio.
Probabilmente, mi aspettavo di vedere Freydis comparire da un momento all'altro con un coltello in mano, pronta ad uccidermi.

"Dovresti mangiare di più: stai perdendo peso."

Sollevai fiaccamente lo sguardo, trovando subito quello del moro seduto al mio fianco.
I pagani sembravano avere una cura dell'igiene peggiore di quella inglese e il tanfo di sudore e fango sui loro vestiti ne era un'evidente prova: Hvisterk, negli ultimi tempi, aveva insolitamente assunto la strana preferenza di lavarsi.
Come atteggiamento, lo ritenevo possibile solo da un cultore della propria persona quale Ivar, ma, a quanto pare, tutti i figli di Ragnar erano piuttosto egocentrici.
In realtà, anche io avrei tanto desiderato il dono di un bagno caldo.

"Come dici?" Chiesi.
Intorno a noi, diversi uomini e donne affollavano la sala – tutti già brillanti sin dal mattino e con le loro armi ben calde alle loro cinte – ma nessuno di questi sembrò davvero notarmi. Probabilmente, la notizia della presunta serva cristiana di Hvisterk era già stata vinta dalla presenza candida e boreale di Freydis al tavolo d'onore, ovviamente al fianco di Ivar.
Questo era ancora convalescente, con le gambe ben strette nei pesanti tutori in ferro e il volto sudato e pallido per la fatica di sopportare un tale peso. Non mangiava, per quanto Freydis quasi lo imboccasse, e, per tutto il tempo, continuò a lanciarmi occhiate dirette e sottili.

Ritrovarlo non era mai facile.
La sera prima non ci eravamo lasciati nel migliore dei modi: non eravamo arrabbiati, e sicuramente non felici – in realtà, quel senso di dolore misto a solitudine sembrava persino peggio. Ci stavamo perdendo e lo sapevamo entrambi, purché fin troppo orgogliosi per tentare la prima mossa.
Speravamo e pretendevamo che l'altro si arrendesse per primo, così da curare il nostro ego ferito, ma questo stesso pensiero era sbagliato.

Se davvero volevamo superare quel momento, avremmo dovuto farlo e basta.
Nessuna scusa, nessun tentennamento, nessuna paura.
Forse, però, eravamo ancora troppo giovani per pensare di riuscire a separare sentimento e ragione; o, magari, non lo volevamo e basta.

Continuavo a sforzarmi di ricordare cosa mi avesse tanto colpito in Ivar e ancora ne sapevo i motivi, ma risultavano più fiochi che mai. Era forse troppo tardi?

"Questa sera ci sarà la cerimonia di incoronazione," spiegò Hvisterk, cercando di attirare la mia attenzione: "per questo la Reggia è aperta: devono muoversi con i preparativi."

"Questa sera?" Domandai, sorpresa. "Ivar non è troppo debole?"
Il fratello scosse le spalle, presuntuoso. "E' stato lui a pretenderlo, giusto ieri sera. Probabilmente, qualcuno deve aver minato al suo orgoglio."

Dicendo questo, mi guardò in modo inequivocabile, comprendendo che la colpa dovesse essere mia – e, magari, aveva anche ragione.

"Conosco il piano di Ivar per smascherare Duna. Orribile, proprio come questa situazione."
Hvisterk sorrise, divertito. "Non credevo di sentire tante critiche uscire dalla tua bocca. Forse l'incanto sta finalmente terminando?"
Guardandolo male, decisi di sorvolare su quel suo commento. "Hai intenzione di aiutarlo?"
"Ivar non chiede il mio aiuto ormai da tanto. Quando può, cerca altrove."

Per una volta, provai ad essere tenera con lui.
Cauta, mi voltai verso di lui e gli concessi la mia attenzione, sforzandomi di non lasciarmi sopraffare dalle preoccupazioni.

"Perché resti qui, Hvisterk? I tuoi fratelli stanno cercando di farsi una vita, di crearsi una famiglia e migliorarsi: perché tu perpetui nel restare nell'ombra di Ivar?"
"Parli come se credessi che io possa essere come loro," commentò, quasi incredulo: "ma non è così. Non tutti i figli di Ragnar hanno ricevuto in dono uno dei suoi talenti. Bjorn è il guerriero; Ubbe il mediatore; Ivar il sovrano mentre Sigurd era la spina nel fianco. Ognuno di loro è qualcosa e forse io sono, semplicemente, il seguace."

Gli occhi di Hvisterk non brillavano mai.
Nessun particolare entusiasmo, nessun grande desiderio di sopraffare.
Era quiete e distanza, una sorta di presenza che trovava la sua posizione nello sfondo.
Nella mia vita, mi ero sentita spesso come lui – e, in realtà, anche allora.

Ero un'esistenza collaterale, sempre condizionata dalle persone a cui giravo intorno.
Era piuttosto triste, in realtà, ma se non fosse stato per Alfred o Ivar sarei stata solo una delle tante macchie su una pezza incrostata di fango.
Nemmeno plebe - ancora meno.

"Sei più di questo," decisi, sicura: "attualmente, sei anche un amico."
Hvisterk sorrise, visibilmente colpito da quella mia affermazione. "Un amico?"

Alzai gli occhi, già smorzata da tutto quell'entusiasmo. "Sì, e tale resterai."
Il ragazzo non sembrò scoraggiarsi da quella mia presa di posizione anzi, sorrise brillante, riscaldato da una nuova forza.
Era così palese il suo interesse nei miei confronti che, certe volte, provavo quasi preoccupazione quando mi capitava di non avvertirlo.

Stavo forse impazzendo?

"Comunque, è arrivato anche Duna."
Incuriosita, mi voltai verso il tavolo d'onore, trovando immediatamente il sovrano dal capo biondo avvicinarsi alla coppia infelice. Sorrise  con frizzantino interesse e si sedette al loro fianco, prendendo un bicchiere di vino.

Guardandolo così, da lontano, era impossibile confonderlo con una persona per bene.
Sul volto di Duna si leggeva il desiderio di primeggiare e una non così sottile vena di pazzia - persino al fianco di un essere non così bilanciato come Ivar, Duna spiccava come la persona da temere.

Vedendo Freydis iniziare a sorridergli dolcemente, la mia mente iniziò a volare veloce.

Ivar era intenzionato a sfruttare l'avvenenza della ragazza per avvelenare Duna, così da farlo confessare davanti alla folla durante la proclamazione. Era un piano difficile, quasi impossibile se l'unica speranza era riporta in quella insulsa ragazzina.
Sarebbe stato un fallimento.

"Lo farò io."
Hvisterk si voltò verso di me, confuso. "Come hai detto? Fare che cosa?"

Così come molti, ero ancora alla ricerca della mia esistenza.
Ero una ragazza forte – una che sapeva perfino combattere ed usare la spada – e anche intelligente, ma non ero mai scesa in campo, così da sfruttare le mie doti. Quello era l'anello mancante, quello che mi aveva impedito di raggiungere un'identità.
Pretendevo risultati, ma non mi ero mai sporta a tentare.
Quella volta, lo avrei fatto, e non solo avrei vinto, ma, una volta fatto, avrei gioito nello sguardo di gloria di Ivar.

La prima mossa.

"Ho deciso," ammisi, libera: "sarò io ad avvelenare Duna."

Angolo

Buonasera a tutti!

Capitolo serale e abbastanza tranquillo nonostante la pessima idea finale :')
Credete che Thora riuscirà davvero a ingannare Duna? Ivar glielo permetterà?

Ma, soprattutto, la ship sta resistendo?

Ultimamente sono di cattivo umore, quindi spero di aggiornare presto e di non essere troppo tragica haha

A presto,
Giulia

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