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🔴Capitolo raging rosso: presenza di scene di violenza. Potete saltarlo se volete, dato che ciò che accade viene ripreso nei prossimi capitoli in modo più delicato🔴


"Credo che questa sia l'idea peggiore che abbia mai sentito."

Freydis aveva il suo piccolo labbro corrucciato in un'espressione infantile  e rabbiosa, vagamente rassomigliante ad un rospo. La ragazza, nonostante le repliche, aveva acconsentito a seguirci nella stanza di Ivar, ma non aveva mai abbandonato l'ascia di guerra: ascoltando le mie pretese, la situazione non era che peggiorata.

"Duna è interessato a Thora," mi aveva difeso Hvisterk, trovando posto al mio fianco: "la conosce e sa che tutti la vedono come una semplice serva arrivista: l'idea che lei possa sedurlo per ottenere dei favori non lo sorprenderà, anzi."

Che, per una volta, il sembrare ciò che non ero mi avrebbe aiutato a uccidere un uomo che odiavo sembrava quasi impossibile da credere ma, alla fine, era così: le apparenze contano, le apparenze possono uccidere.

Il piano era semplice, in fondo: lasciare che Duna prendesse potere su di me, uccidendolo con la sua stessa lussuria.
Forse, non ci avevo pensato davvero.

"Voglio farlo," avevo ribadito, convinta, e, con forza, spostai il mio sguardo sul ragazzo seduto in un angolo, insolitamente silenzioso.
Ivar non aveva mai parlato, né mi aveva dato una vera e propria attenzione: se n'era stato lì, ribollente nel fuoco e nel ghiaccio, morendo in quel silenzio auto inflitto.
Non avrebbe potuto fingere per sempre.

"Ivar?" Chiese Hvisterk, anche lui in attesa.
Il moro si limitò a sollevare lo sguardo, squadrando un momento il fratello e poi fermandosi su di me.
Riconobbi quello sguardo come quello di un estraneo: freddo, distante e sicuro.

Ivar non mi aveva ancora lasciato perdere, ma credeva che io l'avessi fatto e, di questo, si stava lacerando.
Il suo orgoglio non gli avrebbe mai permesso di essere lui quello a pretendere e soffrire e, quindi, si stava preparando all'ultima decisione - cosa che gli stava costando a giudicare dai togli profondi sulle sue labbra, ricordo di numerosi attimi di nervosismo e pressione.

Le scelte erano poche: lasciarmi andare o pretendermi sua per sempre, nonostante tutto.
In ogni caso, sembrava che la felicità non fosse inclusa.

"Lo farà Thora," aveva deciso, quindi.
Freydis era quasi svenuta, sconvolta da quella decisione inaspettata, e si era rivolta subito a lui con disperazione e preghiere.

Ivar l'aveva ignorata, abbassando lo sguardo e perdendosi in un momento lontano. Forse aveva lasciato perdere, forse aveva visto le mani di Hvisterk stringere le mie, prese dalla vittoria, o forse stavo semplicemente impazzendo.

Quella scelta mi fece male, più di quanto avessi previsto, e fu anche per quello che mi ritrovai a non parlare mai, nemmeno quando, una volta raggiunta la camera privata di Duna, me lo trovai davanti ubriaco e a torso nudo.

"Quale assurda sorpresa," commentò, lasciandomi entrare: "la servetta."

Il disordine che regnava fra quelle pareti era pari solo a quello nella mente del giovane. Bottiglie sparse, piatti rotti, armi, vestiti.
Rimasi piacevolmente sorpresa nel non notare alcun cadavere.

"Sei qui per me?" Il biondo mi sorrise ammiccante, alzandosi dal suo letto e venendomi vicino a passo felino.
Io ero immobile, assurdamente pietrificata e inerme - per l'ennesima volta, le mie labbra erano cucite.

Eppure lo guardavo, lo facevo con forza e senza mai vacillare. Io avevo bussato alla sua porta e lo guardavo: che fosse quindi mia - in fondo - la colpa di ciò che venne dopo?

"Thora," fiatò, ed il suo respiro era vento di tempesta sul mio viso. La fronte fine di Duna brillava sotto gocce di sudore vivo, mentre il suo petto, bianco come neve, risplendeva nell'assenza di cicatrici.

Duna non era un guerriero e non aveva bisogno di esserlo per sapere come uccidere.
Certi talenti ci nascono nel sangue.

"Thora," richiamò, e la sua voce era come latte grumoso nelle pieghe della mia mente. Sfiorò la mia guancia con le dita, solleticando la base del mio profilo e arricciando una ciocca di capelli intorno all'indice. "Perché sei qui, Thora?"

Conoscevo la risposta a quella domanda, ma a Duna non interessava davvero: ciò che vedeva  era, per la verità, la mera apparenza di una ragazzina che si prestava al suo volere.
Seguendo questa certezza, le azioni vennero da sé.

Una mano mi strinse il collo mentre il mio corpo veniva violentemente spinto contro la porta. Duna non era mai stato un uomo di tante parole ma, quella volta, superò sé stesso.

"Sapevo che saresti venuta, prima o poi. Non ti bastano più i tuoi amici pagani? Ora vuoi provare cosa voglia dire il vero piacere?" Sputò, mentre io piangevo e supplicavo aria nei miei polmoni. Sentivo la pelle del mio corpo spezzarsi, il mio sangue esplodeva come piccole bombe sotto la piega della sua stretta, mutando al piacere di quella violenza.

Il mio corpo diventava scuro - livido - così come il ricordo che, di quel giorno, ebbi sempre memoria.

"Lo vedo come mi guardi."
Le sue mani strapparono la gonna del mio vestito, scoprendo le mie gambe sottili e pallide. Duna non esplorò il mio corpo, né si perse ad adorarlo: semplicemente, infilò un suo dito nel mio organo e gioì di caldo piacere.

"Umida per me," contemplò, con voce rauca e suadente.
Duna mi costrinse a girarmi e così facendo mi ritrovai con il volto stretto alla porta e le mani imprigionate dietro alla mia schiena.

Quella volta, che fu davvero la mia prima - in un certo senso -, fece male davvero.
Un dolore lancinante e freddo, quello di una lama che, sottile, si insinua nel tuo corpo, privandoti in un solo attimo di tutto ciò che sei.
Urlare è inutile e quindi stai zitta, riconoscendo che no, tu sei solo una donna, e, anche volendo, non puoi scappare da ciò che un uomo vuole fare da te.

Iniziai a pensare che me la fossi cercata, che ero stata io a propormi in quella missione per un puro vezzo suicida. Volevo compiacere un uomo ed era ciò che stavo ottenendo, quindi perché non ero felice?

Ero stata una stupida, lo ero stata sin dal primo giorno: favorita per fortuna del cielo, ero sempre stata lontana da buona parte dei pericoli del mondo.

Ma ora l'incanto era finito: avevo conosciuto il mondo degli uomini, lo stesso della violenza, e me ne ero ritrovata lacerata. Volevo scappare, volevo scappare e andare lontano.

Quel giorno, ritrovandomi a terra e imprigionata in un corpo che non riconoscevo, scoprii nel bacio al veleno di Duna un'amara verità. Non ero una persona forte, non lo ero sempre stata: forse ne avevo avuto l'apparenza, ma era solo un riflesso del potere di chi mi stava affianco.

Per l'amore di un uomo, mi ero spinta a sacrificarmi ad un altro, credendolo anche giusto - perché lo sapevo, lo sapevo davvero, cosa mi sarebbe capitato una volta superata quella porta. Lo avevo fatto comunque: per me, per dimostrare di far parte di quel mondo che nemmeno apprezzavo, e ci ero anche riuscita.

Ero completamente persa e, finalmente, presi la mia ultima decisione.
Era tutto finito.

Angolo

Che dire? Tornare dopo il mio momento di pausa con un capitolo del genere rispecchia molto il mio essere😂

Giuro che era già in programma 😂

Thora sapeva che svolgere questa missione sarebbe stato un pericolo per lei - duna non è affatto normale - e questo, forse, è stato il giusto schiaffo per farle capire quanto stia diventando sbagliata la sua vita.
Non una vera persona, in quanto schiava; in terra nemica e sottomessa all'amore/odio di Ivar, una persona che sembra cambiare volere in base al vento.

La sua indecisione era chiara: restare e far parte di quel mondo oppure scappare per sempre e riprovare a farsi una vita?
Chissà!

Spero che siate felici della ripresa della storia :)

A presto,
Giulia

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