16

3.4K 188 25
                                    

Il mare non faceva per me

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Il mare non faceva per me.
Me ne accorsi subito, non appena, dalle retrovie, notai le tre ampie Drakkar ormeggiate al molo sul confine meridionale della regione. Ivar si era dilettato nell'acclamarmi la potenza dei vascelli da guerra vichinghi - sottili e con un numero maggiore di posti di rema, così da aumentare la velocità.

Ogni prua era stata intagliata nella testa di un drago possente e feroce, sperando nella protezione degli Dei dai mostri marini che avremmo potuto incontrare nella nostra navigazione.
Dal mio punto di vita, era già un miracolo arrivare al tramonto senza aver vomitato nemmeno una volta per le continue oscillazioni e il freddo marino.

Era terribile, oltre che imbarazzante, e, alla fine, avevo deciso di passare tutti i sette giorni di navigata rinchiusa nella stiva fra le coperte e i secchi vuoti. Ivar mi veniva a trovare di tanto in tanto, sorridendo dolcemente per le mie paturnie, e, ogni volta, mi scostava i capelli dal viso sudato, donandomi un poco di respiro.

Quando finalmente tornai a terra, ero pronta a considerarmi una spietata credente, perché, all'inizio, non mi sarei giocata nemmeno un soldo sulla mia riuscita.

"Manca ancora un giorno di cammino," informò Hvistark, dopo aver controllato la discesa di armi, uomini e cibarie. Ivar sorvegliava dall'alto, limitandosi a negare o acconsentire. Era distratto, quasi perso, e più la distanza con Kattegat si accorciava più la tensione aumentava.
Nelle ultime ore, non aveva proferito una singola parola.

"Hai paura?" Chiesi, asciugandomi la fronte dal sudore.
Lui non mostrò troppo, soppesando persino i pensieri. "Dovrei?"

Era una risposta difficile trovare, soprattutto sapendone così poco.
Un nuovo re aveva conquistato Kattegat, uno che proveniva da lontano, e, ovviamente, il timore di un'imboscata era più vivido che mai.
Magari lo scopo di Duna non era altro che uccidere i figli di Ragnar uno per uno, partendo da quello che considerava più debole? Sarebbe stato intelligente, se pur avventato.

Ivar aveva già pensato ad ogni cosa e, quando iniziò a mancare così poco alla meta da sentire persino l'aria cambiare - così assorbita dalla futura tempesta - mi ordinò di scendere dal suo carro, affidandomi ad Hvisterk.

"Rendila invisibile," ordinò al fratello, prima di dare un colpo di redini ai cavalli e proseguire. Mi aveva lasciato indietro con così tanta felicità da riuscire ad offendermi.
Perché lo aveva fatto?

"Sei un punto debole," disse Hvisterk, quasi mi avesse letto nella mente.
Si avvicinò a me, e, senza nemmeno chiedermi il permesso, mi prese i capelli e li slegò dal nastro.

"Cosa stai facendo?" Chiesi, stupita, ma il vichingo mi posò un dito sulle labbra, intimandomi di stare in silenzio. Intanto, gli altri pagani proseguivano il loro cammino intorno a noi, quasi senza notarci: per loro, ero ormai una moda passata.

Gli occhi di Hvisterk sfociavano nelle tonalità della dura quercia, non tralasciando un poco di ambra. In quei giorni, mi ero soffermata molto sulle particolarità di Ivar - avendolo sempre così vicino - ma non avevo mai dimenticato Hvisterk - l'eterno fratello di.
Lui era forte, a volte incoerente e non sempre fedele, ma sincero. In realtà, capirlo sembrava quasi più difficile di Ivar, perché, per lo meno, il minore dei fratelli riusciva a mantenere una logica - persino e soprattutto nella pazzia e nelle scelte sbagliate.
Hvisterk, invece, era insolito e la sua faccia mutava ogni qual volta la guardassi.

The favouriteDove le storie prendono vita. Scoprilo ora