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Ivar mi aveva tradita - di nuovo

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Ivar mi aveva tradita - di nuovo.
Io, che mi ero mossa attraversando un continente, venivo ripagata con un colpo alle spalle.

Avrei dovuto aspettarmelo.
Ivar, che tutti nominavano come a me soggiogato, aveva mostrato la sua vera faccia.

Passai le mani sul volto, sospirando a mente fredda. Ero di nuovo in trappola.

"Dovresti sederti, magari riposare. Il viaggio deve essere stato lungo."
Ivar sorrideva compiaciuto, ben comodo sul suo letto e un bicchiere di vino in mano.
Eravamo nella sua stanza, quella più accogliente e calda fra tutte, di cui ricordavo i torpori e le atmosfere, seppur quelle circostanze siano ormai ben lontane.
Ora, una guardia era di blocco alla porta d'uscita.

Gli lanciai uno sguardo furente - se solo possibile, lo avrei smembrato con le mie mani.

"Sei riuscito a sorprendermi, Ivar." Mi sedetti sulla poltrona vicina, poggiando le mani sui braccioli caldi. Ero stata furiosa per almeno un'ora, prima di ritrovare l'equilibrio: Ivar si stava prendendo gioco di me, quasi si divertiva, ed io non potevo lasciargli questo sopravvento.
Eravamo tornati ai soliti giochi di potere, mai davvero abbandonati.
Perché doveva sempre finire così fra noi?

"Dov'è Freydis?"
La mia domanda lo fece sorridere, ma era una facciata: riconobbi subito il dolore nei suoi occhi.

"Dritta al punto, Thora - davvero senza cuore." Prese un sorso di vino e gettò il bicchiere a terra. "Freydis è morta. Quel bambino non era mio."

Strinsi le labbra, frantumata da quella notizia.
Il bambino non era di Ivar - la cosa, in realtà, non mi sorprendeva, ma supponevo che non fosse stato così nemmeno per Ivar, che uno stolto non era affatto.
Sapeva che Freydis lo stava sfruttando, che vedeva lui solo come un accesso al trono, ma Ivar aveva anche un cuore fragile e, forse, in quelle bugie così splendide aveva iniziato a perdersi.
Il parto doveva aver distrutto ogni cosa.

"Mi dispiace," ammisi, così, ed era la verità.
"Questo mi colpisce," ribatté, tirando un sorriso: "come pensi che stia il tuo bel principe, ora? Lo hai abbandonato, anche lui."
"Alfred non è mio, certo non ora," mi lasciai andare: "ha trovato la sua principessa e presto riavrà il suo regno. Oh - a proposito - ricordi che tuo fratello ha intenzione di ucciderti? Credo di avertelo detto poco fa."

"Immaginavo: hai spezzato il suo cuore." Rise. "Era un tuo amico di infanzia e sei scappata per lui: credevo che questo significasse qualcosa. A quanto pare, mi sbagliavo. Che dispi-"

"Smettila, Ivar!" Urlai, rimettendomi in piedi.
Sapevo cosa stava facendo, lo sapevo perfettamente: Ivar voleva vendicarsi perché, quella notte, avevo scelto davanti ai suoi stessi occhi di abbandonarlo.
E mi odiava per questo, così come mi odiava per essere cambiata e sfuggita dalle sue mani dorate; per non riconoscere più il mio sguardo.
Odiava me perché odiare sé stesso sarebbe stato troppo da codardi.

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