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H V I S T E R K

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H V I S T E R K

Il suo volto era pallido.
Pelle bianca, insolitamente candida, quasi composta di vetro e neve.

Quella era la prima cosa che l'aveva colpito di lei: una schiava dalla pelle pallida.
Quello non era altro che il primo segno dell'impresa impossibile che quella ragazza sembrava rappresentare.

Thora era giovane - molto giovane - ma nessuno sembrava davvero notarlo. I suoi occhi, freddi e densi, spezzavano e graffiavano con la stessa ferocia che Hvisterk aveva incontrato solo nella sua giovinezza osservando la gloria della propria madre, unica e fiera regina.

Era una cristiana, o, almeno, questo era dato aspettarsi da una della sua provenienza, ma certo il ragazzo non si sarebbe sorpreso del contrario. Hvisterk aveva scoperto Thora al fianco del fratello ingrato, così vicino a lei da poterne già sentire un sigillo di proprietà.

Fiera del suo essere, era difficile capire chi fra i due possedesse davvero le redini: il sovrano o, forse, la schiava che gli manovrava il cuore? Thora sapeva essere furba e, certe volte, spietata.

Hvisterk si era invaghito di lei sin dal primo istante e certo non solo per desiderio dell'impossibile. L'aveva osservata, l'aveva spiata, volendone studiare sin le piccole sfumature.
Il modo in cui i capelli bruni le accarezzavano il collo, come i suoi denti si imprimessero sulle sue labbra, nei sorrisi che mal concedeva.

Thora si dedicava a pochi ed Hvisterk detestava non fare parte di quella lista.

Ivar ne era al primo posto.
Lui, che non aveva mai compiuto nulla di speciale, era riuscito a rendersi fondamentale agli occhi di Thora. Era sembrato facile, quasi fosse destino: quei due si erano incontrati e, in un modo sconosciuto, erano finiti per legarsi.

Hvisterk avrebbe voluto possedere una lama tanto potente da poter spezzare quel legame.

Voleva conoscerla, avrebbe voluto essere il confessore dei suoi peccati e il desiderio nascosto nelle sue gote arrossate.
Il passato di Thora gli era oscuro, il suo presente e, alla resa dei conti, il futuro non era altro che un punto sfumato in un orizzonte impossibile.

E provava invidia - immensa, forte, dolorosa - quando comprendeva di non rappresentare altro che una spia contro il fratello. Thora non lo vedeva, se non per usarlo contro Ivar.
Era un oggetto, un mezzo, una pagina vuota di cui non si aveva interesse.

Se solo fosse riuscito ad odiarla, sarebbe stato tutto più semplice, ma, ogni qual volta gli occhi di Thora riscoprivano quelli di Hvisterk, il ragazzo si sentiva come se avesse appena raggiunto gli Dei. 

Così si arrese alla sconfitta, accettando di essere un semplice spettatore e gioendo a qualsiasi segno di rovina di quel rapporto fantoccio. Era stato difficile, o anche ridicolo, come quando Ivar gli chiese di fingere di essere il padrone di Thora agli occhi del suo popolo.

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