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(Per i fan di Vikings: l'odio per Fredys e la sua controparte russa è direttamente proporzionale a quanto vorrei prendere a sberle Ivar ogni volta che si innamora)

(Per i fan di Vikings: l'odio per Fredys e la sua controparte russa è direttamente proporzionale a quanto vorrei prendere a sberle Ivar ogni volta che si innamora)

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"Thora? Thora, svegliati."

Una mano accarezzò le mie guancia, disturbandomi dolcemente. Mugugnai, spingendola via, ma questa insistette sin quando non riaprii gli occhi.

"Che succede?" Chiesi, stanca, mentre il viso pallido di Hvisterk diventava sempre più nitido. Si era cambiato d'abito e aveva un odore migliore, ma, al contrario mio, non sembrava aver chiuso occhio.

"È quasi l'alba," informò mentre mi rimettevo a sedere e mi prendevo la testa, cercando di ricompormi.
"L'alba?" Chiesi, confusa: "Ivar non è ancora tornato?"
"È per questo che ti ho svegliata," ammise, così: "temo sia successo qualcosa."

Mi diedi un secondo per respirare.
Ero sudata e gli abiti erano appiccicati alla mia pelle in una soffocante morsa. Mi ero addormentata senza pretendere, crollando da un momento all'altro nel letto gentilmente rubato a Hvisterk.
Inizialmente, ero preoccupata: Ivar era stato chiamato in un colloquio privato con Duna e, non conoscendo il sovrano straniero, ci si poteva aspettare qualsiasi cosa.
Era un amico? Era un nemico? Ivar, certamente, si era già fatto un'idea, ma difficilmente l'avrebbe espressa senza esserne prima certo.
Forse ci eravamo fidati troppo.

"Dovremo andare da lui," decisi, tesa: "forse gli è successo qualcosa."
"Hai ragione," concordò Hvisterk, cauto: "come ti ho detto, ti ho svegliato per questo, così che non avresti temuto nel non vedermi. Io andrò da lui e cercherò di capire. Tu resta qui."

Sgranai gli occhi, sconvolta. "Restare qui? No, non lo farò."
"È pericoloso," ribadì lui, rialzandosi. Come se nulla fosse, prese la sua ascia da battaglia dall'armamentario, calibrandosela nella mano.

Quindi compresi che la pettorina in cuoio, così come i polsini e i gambali, erano gli stessi che indossava durante l'attacco alla corte di Ecbert.

"Tu temi che sia una trappola," espressi, colpita: "indossi la corazza da battaglia, tu credi che vogliano ucciderci!"
"Cerco solo di essere attento," corresse, provando a calmarmi: "e, per questo, tu devi restare qui. Pensi di riuscirci?"

Avrei preferito tagliarmi una gamba piuttosto che concedergli quella vittoria. No, non volevo restarmene con le mani in mano, per quanto il pericolo fosse imminente e quanto i miei comportamenti potessero sembrare avventati.
Ivar non lo avrebbe fatto.

"Se devo," fiatai, rovente.
Hvisterk capì il mio disappunto e lo accolse con un sorriso comprensivo.
"Resta viva, cristiana. Torno presto," salutò, uscendo dalla camera.

Strinsi le labbra, rimuginando nel rimorso più nero. Hvisterk aveva fatto un grande errore ed era quello di stimolare la mia mente: ora, con il pensiero di un'insidia imminente e di Ivar lontano, mi era quasi impossibile restarmene buona e immobile.
Non c'ero mai riuscita.

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