Le mie ossa erano ghiacciate.
Il respiro assente, ogni mio coraggio svanito nel fantasma del tempo.Dita pallide restavano accasciate contro la pellicia bianca di quel letto scomodo che mi faceva sentire tanto piccola.
La mia fronte era sudata, ma io restavo nascosta, non permettendo alla fioca luce del tramonto di raggiungere le mie paure.Ero potenzialmente la vincente peggiore della storia. Ci ero riuscita, avevo raggiunto il massimo a cui stavo aspirando: conquistando la mia missione, mi ero aggiudicata un ruolo di spicco in quella società che, in ogni caso, avrebbe dovuto accettarmi. Ero stata la chiave della riuscita, le mie erano le labbra avvelenate che avevano baciato il nemico, portandolo alla sconfitta. Una semplice schiava non sarebbe mai riuscita a tanto.
Una schiava.
Ciò che da sempre ero stata come unico dono di nascita, come unico stile di vita concesso e a cui aspirare. Non potevo essere altro, per quanto ne avessi avuto le qualità o la forza: ciò che sei non è che ciò che puoi essere, ma ciò che gli altri hanno scelto per te.
Permettendo a Duna di distruggermi, avevo mescolato ancora le carte, portando tutto dalla mia parte. Mi era stata permessa una scelta, una decisione di cui io ero stata l'unica padrone, e avevo deciso di inseguirla.
Quella sera, mentre tutto il mio corpo esplodeva nella drammaticità di un silenzio assordante, la mia mente restava fredda.Duna aveva fatto ciò che gli uomini, da sempre, sanno fare meglio: pretendere da una donna.
È la legge del sesso, quella secondo cui l'essere uomo ti da l'unico diritto a cui la donna mai potrà mettere le mani, che mai potrà concquistare: decidere per la propria vita. Senza sogni, senza aspirazioni, senza nemmeno una mente: non serve pensare quando, in fondo, ci sarà qualcuno a farlo per te.
Ed io avevo subito lo stesso destino che, certamente, prima o poi, mi sarebbe toccato - magari non oggi, ma forse un domani, accanto a quella persona che avrei potuto chiamare marito.
Pensare che Duna morirà a causa di questo suo stesso privilegio era soffice miele per il mio ego malato.
Finalmente, giustizia sarebbe stata fatta, se pur solo per un istante."Thora."
Fu il volto di Hvisterk a comparire al mio fianco, leggermente nascosto nella piccola fessura lascita fra le coperte. Lui le spostò con cautela, spogliando il mio viso e sedendosi al mio fianco. Mi guardò, lo fece in un silenzio non degno di lui, e si morse le labbra più volte prima di parlare.
"La cerimonia è iniziata," informò: "Duna non sembrava in sé."
Parole al vento, incapaci di alleviare il mio cuore. Se Hvisterk credeva che il sapere di aver appena liberato un regno avrebbe alleviato il mio magone, certo si sbagliava.
Non mi interessava Kattegat, non mi interessano i suoi abitanti né i loro regnanti. In una bolla di consapevolezza, mi ero rimessa al centro della mia vita."Non sono riuscito a trovare il tuo principe."
Un'emozione comparì sul mio volto sentendo quelle parole.
Scostai lo sguardo, incontrando gli occhi caldi di Hvisterk, così fastidiosamente accondiscendenti, e provai un senso di delusione immenso."Sembra che qui nessuno sia in grado di mantenere una promessa," asserrii, tirandomi a sedere con lentezza, lasciando cadere le coperte dal mio corpo.
"Credi che gli inglesi si facciano scappare informazioni sui principi del Wessex dopo tutto ciò che è successo?" Ribatté Hvisterk, tentando di difendersi. Sospirò, rendendosi conto del suo tono duro - avrei voluto non si fermasse, che non si contenesse per pietà. "So che è vivo. Questo te lo posso assicurare: le nostre spie hanno osservato strani movimenti alla corte di Londra, ma è tutto ciò che so."
La corte di Londra - i cugini di Alfred vivevano lì, ovviamente come principi regnanti.
Sembrava abbastanza sensato che si fosse rifugiato nel loro castello, magari attendendo un contrattacco e la rinconquista di York.
Londra."Quando partiranno le prime barche per l'Inghilterra?"
Hvisterk mi guardò senza voler accettare, quasi quelle mie parole nascondessero uno schiaffo doloroso al suo cuore."Hai deciso di andartene, quindi? Dopo ciò che hai fatto?"
"Ho fatto ciò che ho fatto solo perchè sapevo che me ne sarei andata," ammisi, dura. "Non voglio andarmene da Kattegat da schiava, da debitrice. Voglio che questo sia chiaro al tuo re: siete voi - tu e il tuo regno, ognuno di voi - ad avere un debito con me, ed è per questo che mi aiuterai ad andarmene."
Stavo dicendo la verità, la stavo rimarcando con la forza di chi sa di essere dalla parte vincente, per questo Hvisterk non sembrava in grado di difendersi. Lui, il bel principe, aveva le mani legate.Poi, però, riuscii a sorprendermi.
"So che cosa è successo in quella stanza," rivelò: "vi stavo spiando - sai, le fissure fra le assi delle pareti."
Qualcuno mi aveva visto, Hvisterk sapeva ogni cosa: aveva assistito al mio silenzio, alla mia resa e, infine, al mio abuso.
Un macigno di vergogna piombò sul mio petto, impedendomi di respirare, e il mio cuore si riempì improvvisamente della più oscura rabbia.Quella verità mi feriva ancor di più dell'azione in sé.
Qualcuno mi aveva visto, non era più solo un ricordo della mia mente, un qualcosa che avrei condiviso solo con un cadavere. Ero stasta smascherata ed ora sentivo di non avere più una faccia da mostrare."Trovami una barca," sentenziai, affilando la mia voce come una lama pronta ad andare in guerra. "È questo il tuo unico compito."
"Thora-" provò a dire, ma subito mi voltai, non riuscendo più a tollerare quella sua disturbante gentilezza.
Era un vichingo, il figlio di Ragnar, ed ora quasi piagnucolava davanti al cuore spezzato di una ragazzina che nemmeno ricambiava il suo interesse.
Gli uomini sapevano essere così insoddisfacenti, come se, in fondo, la loro esistenza non avesse un vero e proprio scopo, se non quella di porsi come un macigno fra una donna e la sua naturale libertà."Trovami una barca," imposi, dura, e vidi Hvisterk imporsi di una compostezza di cui non sembrava in grado.
"Una barca, quindi," sospirò: "sarà fatto, come desideri."
La mia personale indifferenza venne ben nascosta da un forte frastuono di grida esultanti e armi sguainate. Presa di sprovvista, non capii subito cosa stesse succedendo, per quanto palese."Sembra che il nostro re abbia sconfitto il suo nemico," suggerì Hvisterk, in un sospiro duro. "Abbiamo vinto."
Vittoria.
Quella era una delle tante parole vuote: un nemico sconfitto non portava ad altro che alla nascita di un nuovo nuovo.
In quel momento, un nome comparve nella mia mente: Ivar.Angolo
Il mio umore è così nero che, se dovessi scrivere qualcosa, probabilmente sarebbe la cosa più soffocante mai scritta 🤔
Non so voi, ma con tutte le cose brutte che stanno capitando in questo periodo, è davvero difficile mantenere la positività 😓
Sarà per questo che Thora odia tutti in questi ultimi capitoli 😂
Detto ciò, continuiamo con la storia ❤️Thora sta vivendo con distanza ciò che è successo con Duna, focalizzandosi solo sul suo desiderio di fuga. Lo farà davvero?
Spero che il capitolo vi sia piaciuto ❤️
A presto,
Giulia
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The favourite
Historical FictionWessex, fine 800. Thora è la giovane favorita del principe Alfred, futuro re della regione. È una semplice serva, ma con una mente spigolosa e pungente, tipica dei furfanti dei sobborghi. Lei è la ragazza che sa usare una spada, quella che in chies...