XLI

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Era una giornata nuvolosa a Derry. Aveva appena smesso di piovere, come in metà delle giornate di aprile. Mike stava risistemando diversi volumi e le vetrate della biblioteca proiettavano una luce grigiastra. Improvvisamente si sentì il suono di una sirena e per un attimo, Mike riuscì a scorgere le luci rosse e blu dell'ambulanza. Appoggiò i libri sul tavolo, prese il suo impermeabile blu e uscì.
Camminò per un paio di minuti e girando l'angolo ritrovò l'ambulanza. C'erano anche diverse macchine della polizia. Guardò la scena da lontano, il corpo di qualcuno con un telo bianco sopra, che veniva issato dentro il mezzo dagli infermieri, e appena chiusero le porte, Mike si avvicinò agli agenti di polizia.
"Mike che ci fai qui?" chiese Carl Boyce. Era uno dei suoi ex compagni di classe delle elementari e Mike gli chiedeva spesso dei bambini scoparsi o deceduti. 
"Ho sentito la sirena. Chi è il povero malcapitato?"
"Bryan Maciel. Nove anni. Lo ha trovato la madre appena ritornata dal lavoro"
"E cosa-"
"Mike, non posso dirti altro. Indagini della polizia"
"Giusto. Spero riusciate a trovare il colpevole. Buona giornata"
Mike ripercorse i suoi passi e rientrò nella biblioteca. Prese l'ultimo libro che doveva sistemare ma notò che c'era qualcosa che non andava. Guardò il pavimento e vide delle macchie scure; poi alzò lo sguardo e capì. Sulle finestre c'era una scritta col sangue che diceva:
Pennywise regna.
Mike abbassò lo sguardo e sospirò.
"È ora di riunire il club" disse Mike appoggiando l'ultimo libro nella sezione Amicizia per ragazzi.

Stan stava compilando una lista sugli uccelli che aveva visto quella mattina. Aveva trovato un posticino davvero perfetto per fare birdwatching a pochi kilometri da Atlanta, Georgia. Dopo il college gli era sembrato il posto perfetto dove vivere e non aveva mai avuto dei ripensamenti su questo. Stava spuntando i vari tipi di volatili che aveva visto e che aveva fotografato, quandò il telefono squillò. Inizialmente non voleva rispondere perché pensava fosse una delle solite pubblicità telefoniche, ma poi vide che ero un numero salvato nei contatti. Non c’era nome, solo una serie di ???.
“Pronto, qui Stan Uris, chi parla?”
“Ciao Stan, sono Mike. Mike Hanlon. Ti ricordi di me?”
A Stan gli venne un’emicrania.
“Si ciao Mike. Da quanto tempo. A cosa devo questa chiamata?” e spostò carta e penna sul tavolino davanti al divano. 
“Devi tornare a Derry. It è tornato”
Un’altra emicrania esplose nel cervello di Stan come una bomba e dovette togliersi il telefono dal orecchio. Appoggiò il telefono sul tavolino e guardò fuori dalla finestra. La macchina non era nel vialetto quindi era ancora solo in casa, ma non per molto. Ritornò sul divano e riprese il telefono.
“Stan, ci sei?”
“Si sono qui” disse. Gli tremavano le mani.
“Dimmi che manterrai la promessa. Ti prego”
“Ci sarò. Lo prometto”
“Ti aspetterò. Ci sentiamo” e Mike chiuse la chiamata.
Stan appoggiò il telefono sul divano. Le mani gli tremavano più che mai. Voleva alzarsi per prendere una tachipirina o qualcos’altro ma le sue gambe non ressero il suo peso e si ritrovò seduto per terra. La testa gli faceva davvero male, tutto girava così veloce e non riusciva a tenere gli occhi aperti.
La maniglià della porta si aprì.
“Stan sono a cas- Stan!” disse Bill.
Lui appoggiò velocemente le buste della spesa sul tavolo della cucina e corse a vedere cos'era successo.
“Stan, che succede?”
“La testa... fa malissimo”
Bill andò in bagno, sgarfò un po’ nel armadietto delle medicine e trovò quello che faceva al caso suo. Riempì un bicchiere d’acqua, ci buttò dentro la bustina di tachipirina e lo diede a Stan. Lui lo bevve in un sorso solo.
“Meglio?” chiese Bill e Stan annuì.
“Vuoi dirmi che è successo?” disse sedendosi sul pavimento con lui.
Stan si guardava le mani, cercando di dire qualcosa ma non riusciva a dire niente. Bill gli prese la mano e Stan lo guardò negli occhi. Fece un profondo respiro e disse: “Ha chiamato Mike. Ha detto che It è tornato e che dobbiamo tornare a Derry e... ho paura Bill”. 
Ormai aveva le lacrime agli occhi.
“Non voglio tornarci” e lui crollò tra le braccia di Bill. Lui lo strinse a sé, mentre sentiva il suo fiato sul collo. Bill gli accarezzò dolcemente la schiena finché il suo respiro tornò regolare; poi la mente di Stan ritornò al passato.
Quando il club dei Perdenti si era disgregato, lui e Bill erano comunque rimasti insieme, come una squadra. Erano andati a studiare a Boston e si erano presi un appartamento insieme. Bill non fece fatica all'università, aveva quasi un talento naturale per la scrittura; invece Stan aveva pensato di mollare tantissime volte. Si impegna e studiava in modo metodico, ma al secondo anno, si sentiva spesso sotto pressione e andò in depressione. Per tutto l'inizio del primo semestre si impegnava, ma era perennemente chiuso in camera sua e avvolte non usciva neanche per andare a lezione o per mangiare; ma poi un giorno, durante le vacanze di Natale, si era rinchiuso in bagno, e sfilando una delle lamette dei rasoi, cercò di tagliarsi le vene. Prima si era tagliato il polso sinistro in orizzontale ma si era pentito. Non perché non volesse morire ma non poteva lasciare Bill da solo. La sua famiglia lo aveva fatto e lui era l'unica persona che lo amava davvero. Bill, che intanto disperatamente cercava di aprire la porta, urlava il suo nome. Stan aprì la porta.
"Bill ho fatto un casino" disse facendogli vedere il polso insanguinato. Per fortuna era dal lato meno pericoloso e non servì andare all'ospedale. Stan si lasciò disinfettare e medicare da Bill. Appena ebbe finito, Bill guardò la fasciatura e poi guardò Stan.
"Per favore, non lasciarmi" disse lui con gli occhi lucidi.
Stan gli prese le mani.
"Non succederà mai più promesso" e lo baciò.
Dopo quella giornata, Bill chiese ai suoi amici dell'università se conoscessero qualcuno che poteva aiutarlo e si fece in quattro per aiutare Stan a finire gli studi in tempo. Appena uscito dall'università, Bill iniziò subito la sua carriera da scrittore, diventando famoso in poco tempo. Dopo qualche anno si trasferirono in una bellissima casa verso il confine di Atlanta. Stan adorava quel posto. Aveva delle finestre grandissime e un giardino stupendo ed era il luogo perfetto per scrivere senza essere disturbati. Ogni tanto, quando Bill era indeciso su un particolare, chiedeva a Stan un parere e avvolte lo aiutava con dei buchi nella trama.
"Bill aspetta solo un attimo" disse una giornalista alla première di uno dei film tratti dai suoi libri.
"Puoi rispondere a un'altra domanda?"
"Ma certo" disse lui sorridendo.
"Ci sono dei pettegolezzi che girano per il web. È vero che sei fidanzato?"
"Si, sono fidanzato"
"E possiamo sapere chi è la fortunata?"
"No mi dispiace, questo non lo posso dire"
"Puoi almeno dirci da quanto state insieme?"
Lui ridacchiò.
"Da dieci anni"
La giornalista impazzì di gioia mentre Bill si dileguava dall'inquadratura della telecamera. Stan sorrise cambiando canale.

Il telefono di Bill squillò.
"Forse è Mike" disse titubante Stan.
Bill guardò il numero e gli diede ragione.
"Resta con me, per favore. Voglio sentire che cosa dice" disse Stan abbozzando ad un sorriso.
Bill appogiò la schiena al divano e Stan appogiò la testa sulla sua spalla, poi rispose.
"Pronto chi parla?"
"Ciao Bill sono Mike. Mike Hanlon"

FINE CAPITOLO

sunshine ✨ [reddie]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora