1. La santa vivente

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1.

Suor Diletta zampettava nervosa nel lungo corridoio, deserto e buio.

L'oscurità minacciava il suo animo, 'tutto fuorché pio', terrorizzato di essere fagocitato dall'inferno.

Da madre superiora, non vestiva l'abito caritatevole della fede.
La sua indole rapace era in perfetta sintonia con un cervello esiguo, ma vanitoso e senza scrupoli, sempre a caccia di potere e denaro.
Manipolatrice arrogante, amministrava il collegio con un arrivismo crudele.

Era bigotta, per opportunismo. Dominava tutti con grandi esibizioni di incorruttibile e implacabile fede.

Si comportava come una Santa Vivente.

In ossequio alla sua teatrale santità pretendeva supina obbedienza, in cambio dispensava immaginette, preghiere, fustigava con anatemi, angherie, cattiverie.

Sotto la veste benedetta c'era pura, losca ambiguità.

Dentro la sua oscura anima, c'erano quinte deformi, attraverso cui, fra mille deviazioni, si apriva un intrigante, celestiale giardino segreto, fitto di preghiere, rosari, via crucis, con cui sedurre e imbrogliare l'Altissimo.

Suor Diletta non lo sapeva, ma non credeva in niente, se non alla menzogna.

Nata nella miseria e nell'ottusità, ne era uscita vagando di chiesa in chiesa, fingendo, imbrogliando. Sventolando una fede purissima, che non aveva, era ormai sulle vette volute, infischiandosene di fare del male agli altri.

Si sentiva assolta da qualunque perfidia.
'Lei' aveva avuto la chiamata divina della vocazione!
Dunque, era un essere superiore. Una prediletta da dio. Secondo lei.

Ma purtroppo Diletta era dominata, completamente, dall'irrazionalità del suo tetro spirito superstizioso. Generato dalla pochezza intellettuale e dall'indole perversa.

Per questo, la sua coscienza era un buffone impazzito, e la torturava: un vero germoglio malato, strano rovo di verità, sarcasmo, ironia, perfidia, la rendeva isterica, facendola vivere in un brodo infernale.
La sua mente, primitiva e ignorante, aveva quindi partorito 'un mostro', astuto e maligno, che le suggeriva verità e assurdità, contemporaneamente. Spingendola a scelte stupide, conducendola sempre più in fondo al pozzo.

Strano castigo dell'Altissimo.

C'era da domandarsi se quella coscienza fosse permeata dal divino, o dal maligno, turbinanti in lei.

Diletta, oscuramente, sapeva di essere dannata, ma non poteva crederci.

In quelle interminabili buie gallerie dell'enorme collegio, che sembravano l'autostrada della fine, fu azzannata da un improvviso flusso di sconvolto terrore.

Sbottò ad alta voce, parlando alle segrete ombre, che saettavano attorno a lei "Io sono la santa! Impossibile che il maligno mi rapisca. Ho un contratto particolare con l'altissimo, sono una prediletta, 'Io'!
Lui adora il mio giardino segreto."

'Già!!..' le rispose la propria coscienza bestiale, sogghignandò.

Lei, consapevole, di essere su uno scivolo demoniaco, parlava da sola, perché era un'ossessa disperata.
Ma risoluta a non rinunciare a potere, vanità, denaro, menzogna.

Era questa la 'nera' creatura che percorreva, nella giovane notte, un corridoio del collegio, istericamente e perpetuamente ossessionata da un'improvvisa mossa del re degli inferi.

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