83. In brodo

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83.

La sera Núha si presentò a tavola, calma, ben vestita. I suoi fratelli ormai abitavano altrove.
Fu servita la minestra. Suo padre non le raccontò niente della porcheria fatta.
Lei aspettava che almeno avesse il coraggio di dire qualcosa. Ma lui non parlò.

Allora gli disse con un tono di disprezzo, in una sfida mai provata, nemmeno da sua madre.
"Bene, grand'uomo, sei contento di avere fatto la tua cazzata?"

Lui scaraventò il cucchiaio nel piatto di brodo, sporcandosi.
"Come ti permetti? Chiudi la bocca! Io non faccio cazzate, mai! Di cosa parli?"

"Lo sai! Abbi il coraggio di dirmi cosa hai fatto a Rúnhr."
Lui rispose "Io?"

"Sì, tu, gli hai parlato di cose che lui non sa e lui le ha raccontate a me.
E gli hai sbattuto in faccia tutto quello che i tuoi investigatori, del tubo, ti hanno propinato.

Poi, lo hai minacciato, seriamente, ordinandogli di stare zitto e non frequentarmi più.
Quindi..visto che io non ho mai raccontato niente della famiglia, come fa a sapere tante cose? Chi è stato?"

Claude, gli occhi spalancati, non sapeva che dire.
"Bene, la tua faccia dice che sei stato tu."
Poi aggiunse "Non avrai più la possibilità di trattare così un mio amico, un'altra volta. E adesso esco con lui. Non provarti a fermarmi."

Poi soggiunse, alzandosi "E questa per le schifezze che gli hai scaraventato addosso."
E gli buttò una cucchiaiata di brodo sul petto.
Aveva dichiarato guerra, lo sapeva bene.

Uscì con Rúnhr. Si scusò mortificata.
Robert l'aveva lasciata per molto meno. Forse la magia dei detectives avrebbe smontato anche Rúnhr. Ma non voleva pensarci.

"Non ce l'hanno con te" gli disse "ma con chiunque mi frequenti.
Comunque ora basta. In questi giorni me ne vado da casa. Ma me ne vado per 'me', non per colpa tua, è chiaro?

Non sentirti in colpa Rúnhr, è una storia che dura da anni.
Non andrà mai bene nessuno. Me ne devo andare, adesso.
Ma non vengo a stare con te, prendo un mini locale e sto a casa mia. Mi arrangio da sola, casa, lavoro. Indipendente."

"E io? Mi lasci allora?"

"No, potrai stare da me quanto vuoi, o verrò da te quanto vuoi, ma non avrai obblighi, responsabilità nei miei confronti, remore che ti facciano sentire in dovere di darmi una mano.
Capito? Niente balie, io camminerò da sola e se capisco che stai con me, per senso di responsabilità, ti mollo sui due piedi"

"Sei ammalata, cosa ti succederà?"

"Tu non preoccuparti, non sono responsabilità tue. E non fraintendere la mia decisione.
La mia non è incoscienza, o coraggio.
O un colpo di testa.

È indispensabile. Mi essicheranno come una mummia , se non me ne vado.
Mi annichilerebbero, come i miei fratelli, che più stanno al sicuro, più hanno paura dell'indipendenza.

Io sono impaurita, non sto bene, ma non posso diventare una disperata. Impazzire là dentro.
Non posso fare la bambina e nascondermi dalle mie responsabilità. Non l'ho mai fatto e non mi lascerò fermare dalla mia malattia.

Il teatrino è finito.
Lo so, rischio. Ma non ce la faccio più così.
Se rimango...meglio morire in mezzo a una strada, che fare la morta vivente."

"Questa è disperazione. Mi preoccupi"

"È l'intelligenza della disperazione.
Una scelta forzata. Vogliono mettermi in gabbia, da sempre.

Ho tre possibilità.

Se me ne vado, rischio, ma forse, se la malattia non mi uccide, avrò modo di crearmi un'esistenza, anche modesta, ma libera e serena, e sopravvivere.

Se rimango con loro, mi ucciderò di sicuro, io. Combatto da anni con questo.
Adesso so di essere ormai al limite. E questo sì, che è pericoloso.

La soluzione è una sola.
Devo andarmene a qualunque costo, se voglio cercare di rimanere viva.
In questi giorni preparo tutto, cerco un appartamentino. Quando l'ho trovato, parto."

Rúnhr la guardò zitto e molto serio. Poi si mise a riflettere.

Núha pensò, sentendo il cuore strizzarsi 'Va bene, mi lasci anche tu, come Robert.
Hai ragione, i miei ti hanno offeso purtroppo, e confuso con tutto questo pasticcio.
E poi ti sentiresti obbligato ad aiutarmi. Non te lo permetterò.

Rúnhr la strinse forte, la baciò a lungo.
Poi disse "Mi dispiace tanto vederti così. Non è giusto.
Ti ci vorrebbe un miracolo, o una famiglia migliore. Faccio fatica a comprendere cosa ti è successo. So così poco.."

"Non ti preoccupare di me, starò bene. Non c'è niente da spiegare.
Io me ne vado di casa, so badare a me stessa, sarò libera e felice. Se vorrai ci vedremo lo stesso. Pensa al tuo futuro.."

"Zitta..ascoltami, ho già capito cosa vuoi dirmi.
Hai detto parto.
Partiamo, vuoi dire. I miei cambiano casa, hanno comprato a Mihanet. La città più importante della regione. Cerca un mini appartamento là, ti va?"

Le brillarono gli occhi, non ci credeva.
"Sì sarà più facile trovare lavoro. Ma non voglio che..."

"Lo so, lo so, farai come vuoi.
Ma non credere di liberarti di me, per così poco. Non voglio vivere separato da te.
Ti permetterò di dividere le spese, altrimenti non accetti.
Finalmente saremo liberi di vivere il nostro amore, tranquilli, in pace.

Oddio, lo sai? Mi sento improvvisamente ricco!"

"Comunque, qualunque cosa succeda, se cambierai idea.." disse subito lei.

"Non cambierò idea, perché è un'ottima idea.
Vivremo insieme. Ci amiamo, ce la faremo."

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