Le segrete di Monte Tetro

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Il corridoio lastricato in pietra sembrava non dover finire mai.

La lanterna di Rainbow gettava una luce tremula che rendeva ancora più fonda e spaventosa l'oscurità che si stendeva davanti e dietro a lei.

Rudolf il nano guidava il manipolo di avventurieri con l'ascia bipenne stretta in pugno, vigilando che una trappola non li attendesse sul cammino. Zadoka camminava al fianco di Rainbow, altera nei suoi paramenti da sacerdotessa, mentre Sibelius guardava le spalle al gruppo dalle retrovie, con le orecchie appuntite da elfo ben tese e il corto arco pronto a scoccare.

Il soffitto basso e gocciolante umidità faceva gravare il peso dell'intera montagna sulle loro teste. Già per tre volte una scalinata aveva condotto il gruppo verso profondità ancora più abissali; tranne Rudolf, abituato alle miniere labirintiche del suo popolo, tutti avvertivano la sgradevole sensazione che scendere nuove scale li avrebbe condotti dritti agli inferi, o forse in un pozzo talmente nero di tenebre che nemmeno la loro lanterna sarebbe riuscita a illuminare la via.

Quando una porta in legno massiccio emerse dall'oscurità, i quattro eroi si fermarono e, con pochi gesti concitati e parole sussurrate, discussero tra loro il da farsi. In quel sotterraneo, un pericolo mortale poteva nascondersi dietro ogni angolo, al di là di ogni passaggio.

Sibelius si fece avanti, silenzioso come un gatto sui suoi stivali incantati. L'elfo si chinò davanti alla serratura, sondandola con le dita sottili. Poi, sfilò dalla cintura i suoi grimaldelli.

"Un ago letale attende solo di poter pungere chi stringerà questa maniglia," mormorò l'elfo. "La punta è certamente cosparsa di veleno, forse quello dei Ragni Tigre che abbiamo incontrato in precedenza, o forse perfino quello della Morte Rossa."

Sibelius introdusse un fragile strumento di metallo nella toppa e i suoi compagni d'avventura trattennero il respiro. Come un guaritore esperto che incida una ferita per estrarvi una scheggia che sta portando l'infezione, Sibelius mosse il grimaldello con impareggiabile abilità, si fermò nell'udire un debolissimo scatto, poi usò una minuscola pinza per estrarre l'ago. Una goccia di veleno crudele cadde dalla punta e toccò terra con un sottile plic, innocua.

Sibelius aprì la porta e Rudolf fu oltre la soglia in men che non si dica.

"Tutta questa fatica, solo per trovarci in un altro corridoio," brontolò il nano, guardando il tunnel che intersecava in forma di T quello da cui erano appena arrivati. "Ora ci tocca decidere se dirigerci a destra o a sinistra, con il rischio di allontanarci dalla nostra meta e cadere in una trappola peggiore, se sbagliamo!"

"Lancerò un incantesimo," propose Rainbow, estraendo il libro delle rune dalle ampie vesti multicolori. "Uno che ci permetta di trovare la giusta via. Concedetemi solo il tempo che mi serve."

"Credo invece che dovresti conservare le forze," disse Sibelius, "in vista della battaglia finale. La cripta del Re del Male deve essere ormai vicina, e temo che i suoi servitori non ci concederanno nemmeno un attimo di riposo."

"Potrei trovarmi a sprecare molte più energie arcane," protestò accigliata Rainbow, "se imboccassimo la via sbagliata e cadessimo in un'imboscata!"

L'elfo stava per aprire la bocca e replicare, ma un'esclamazione sussurrata da parte di Zadoka lo zittì. Dal simbolo sacro della dea Vanera, che la sacerdotessa portava sempre appeso al collo, proveniva una luce fredda e lattiginosa.

"Le orde del Re si avvicinano," disse Zadoka, impassibile come sempre.

"Sì, anche io sento i nostri nemici arrivare," affermò Sibelius, tendendo le orecchie. Un suono sinistro di molti passi risuonava, ancora distante, nel buio corridoio, insieme a un cigolare di vecchie armature.

"Scheletri," disse Rudolf, sorridendo mentre impugnava saldamente l'ascia. "Sarà uno scherzo fare a pezzi quei mucchi d'ossa e polvere."

"Non se sono accompagnati dagli zombi o i ghoul, o da entrambi," ribatté Zadoka, sganciando la mazza ferrata dalla cintura. "E non credo che il Re del Male lascerebbe vagare le sue orde in queste profondità, senza un comandante a guidarle."

"Spettri," sussurrò Rainbow, fra i denti. Zadoka annuì con gravità.

Nessuna creatura era più terrificante degli spettri, per gli esperti di magia: il tocco gelido di quelle mani incorporee, animate da una volontà maligna risorta dalla tomba, strappava l'energia vitale insieme ai ricordi e alla forza della mente. Nemmeno gli incantesimi imparati in anni di studio erano al sicuro.

"Non possiamo rischiare di finire tra le braccia di mostri anche peggiori," disse Rudolf, digrignando i denti dietro la folta barba nera. "Io dico di aspettarli qui e combattere."

"Io dico, invece, che il rischio che corriamo nel ritirarci è accettabile, rispetto al rimanere qui e affrontare i nostri nemici in una situazione svantaggiosa," affermò Rainbow. "Vi ricordo che ci resta una sola pozione di guarigione."

"Un guerriero astuto dovrebbe sapere quando è il momento di ripiegare," commentò Sibelius. Non aveva rivolto le sue parole a nessuno in particolare, ma Rudolf sbuffò dalle ampie narici, interpretando quella frase come una stoccata a lui diretta - forse non a torto.

"Facciamo presto," li esortò Zadoka, indicando ai compagni la direzione da prendere. "Rainbow, illumina la via. Rudolf, occhi aperti. Non possiamo farci cogliere di sorpresa adesso. Un solo errore, e rischiamo di gettare al vento tutti i nostri sforzi."

I quattro avventurieri imboccarono il corridoio, con le armi in pugno e i sensi all'erta. Rainbow ripose il libro delle rune e sfoderò la bacchetta magica, mentre i suoi pensieri ritornavano, inquieti, alle lunghe peripezie che lei e i suoi compagni avevano affrontato nel corso del viaggio che li aveva condotti alle tenebrose segrete di Monte Tetro...

Ho attraversato le terre selvaggeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora