Ritorno A Stohess

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-Hange ti vuoi dare una mossa? Manchi solo tu! - gridò Connie spazientito, in sella sul suo cavallo: oramai era tutto pronto per rientrare a Stohess.
Era circa mezzogiorno e se tutto fosse andato come previsto da Hange, sarebbero arrivati in città in piena notte.
-Scusate ragazzi! - disse Hange uscendo dalla casa con il neonato tra le braccia - Ma Erwin ha fatto di nuovo la cacca e ci ho messo un pó per cambiarlo!
-Ma è mai possibile che un essere così piccolo riesca a fare tutta quella roba da solo? - borbottó Connie, perplesso.
-Connie, è un bambino! E i bambini fanno tanta cacca! - gli disse Sasha, seduta alla guida del carro, intenta a sgranocchiare dei biscotti.
-Che schifo! - commentò disgustato il ragazzo, avvolgendosi nel suo mantello.
Armin uscì per ultimo dalla casa e chiuse la porta dell'abitazione a chiave, pensando già con nostalgia al periodo trascorso lì. Intanto che Hange saliva sul carro, afferrò il piccolo Erwin che dormiva beatamente avvolto nelle sue copertine. Poi glielo riporse delicatamente, non appena lei prese posto sul retro del carro. La donna prese il fagottino tra le braccia e lo mise al caldo, sotto il suo pesante mantello nero. Nessuno indossava quello con il loro stemma perché non dovevano farsi riconoscere. Anche se la giornata era bella, la neve era sempre lì e faceva freddo.
-Bene! - esclamò Armin montando in sella al suo cavallo - Direi che possiamo partire.
Connie, in testa al gruppo, fece partire il cavallo, seguito poi dagli altri. Per molto tempo nessuno proferì parola: tutti, nel loro cuore, avrebbero preferito restare lì per sempre. Sasha, afflitta, pensava che sarebbe tornata a patire la fame. Connie aveva apprezzato quella vita, perché un pó gli ricordava quella trascorsa nel suo villaggio mentre Armin, che aveva vissuto a Shiganshina, non aveva mai apprezzato, come allora, la vita bucolica.
Hange sentì un fremito al cuore nel vedere la casa in cui trascorse parte della sua infanzia divenire sempre più piccola mentre si allontanavano. Anche lei fu molto felice in quel periodo vissuto con i ragazzi, ma non riusciva a mettere da parte i suoi doveri. Ogni tanto, spostava il mantello per controllare che il piccolo Erwin stesse bene. Tutte le volte che lo guardava non riusciva a credere di essere appena diventata madre. Le sembrava uno scherzo del destino: lei, che a malapena riusciva a badare a sé stessa, adesso aveva messo al mondo un figlio a cui pensare e proteggere. Sospiró e gli bació dolcemente la fronte, cercando di farsi forza.
-Tutto bene lì dietro? - le domandò Sasha.
-Certo! - le rispose con un leggero sorriso malinconico.
-Hange, quando sei stanca ci fermiamo...hai partorito meno di ventiquattrore fa! - le ricordó la ragazza.
-Non ti preoccupare! Pian piano sto recuperando le forze...ho sopportato dolori peggiori!
Sasha pensò che la donna aveva ragione: aveva subìto ustioni su tutto il corpo, fratture, una profonda ferita alla spalla e poi ci fu quella all'occhio. Eppure, nonostante tutto, la trovavano sempre in prima fila con il suo entusiasmo e carica di energie, come se nulla fosse, pronta a collaborare e ad impartire istruzioni. Aveva tempi di recupero fisico eccezionali, considerato che era una donna normale.
Dopo qualche ora, Erwin iniziò a piangere.
-Dobbiamo fermarci? - le domandò Sasha.
-No, dobbiamo continuare...se ci fermiamo per tutte le volte che vuole mangiare, non arriveremo mai! - rispose Hange mentre si sbottonava la  camicia - Al massimo, ci fermeremo un pó quando avrà finito, perché come al solito lo dovrò cambiare!
Nascosta dal suo mantello, inizió ad allattare il figlio.
-Ahi! - esclamò con frustrazione - Non mi ci abituerò mai!
Sasha sorrise, divertita, mentre continuava a condurre il carro. Connie e Armin cavalcavano davanti, facendo strada. Ogni tanto si scambiavano un'occhiata ma i loro volti parlavano da soli: non riuscivano a credere che fosse tutto finito.
Il viaggio proseguì con qualche pausa e il sole stava quasi tramontando quando iniziarono a scorgere in lontananza il Wall Rose. Armin avvertì un nodo alla gola: tra qualche ora sarebbero giunti nei pressi del distretto di Stohess. Quando Hange vide le Mura, sentì un sussulto al cuore per l'emozione perché in fondo era felice di tornare in città, alle sue ricerche, alle sue abitudini. Erwin si mosse, distogliendola dai suoi pensieri. Hange lo guardò e vide che stava dormendo. Soffermandosi ad osservare il volto del figlio, capì che la sua vita non sarebbe più stata come prima, che avrebbe dovuto con fatica far conciliare i tempi con tutto quello che aveva da fare. Per il momento cervava di non pensarci, anche perché non poteva ancora rientrare al Quartiere Generale senza aver ripreso la sua forma fisica. Poi sarebbe anche rientrato Levi dalla sua missione e questo avrebbe complicato le cose ancora di più. Non sarebbe stato affatto facile, ma ce la doveva fare.
- Ragazzi, non appena sarà tramontato il sole, inizieremo a costeggiare le mura. Quando saremo arrivati a qualche miglio dalla porta principale, ci fermeremo! - disse poi ad alta voce.
Armin le si avviancó con il cavallo.
-Perché? È successo qualcosa? - le domandò preoccupato.
-Non possiamo rientrare a Stohess così...ci riconoscerebbero e noi dobbiamo restare anonimi ancora un pó di tempo! Le Mura saranno sorvegliate dagli uomini del Comandante Pixis e tu, Armin, dovrai prima entrare a consegnargli direttamente nelle sue mani una lettera che ti darò. Tu e questa lettera sarete il segno che stiamo rientrando in città e lui farà in modo di farvi entrare anonimamente - spiegò la donna.
-Farvi? Perché, tu cosa farai? - le domandò preoccupato.
Hange ridacchió, compiaciuta.
-Io entrerò in città scalando le Mura con il dispositivo di manovra tridimensionale! - gli rispose come se fosse stata la cosa più scontata al mondo - Qualche giorno fa, ho ricevuto dal signor Flegel l'ubicazione della casa in cui andremo a vivere in questo periodo...e dove poi vivrà Erwin.
Hange come sempre aveva pianificato tutto nei minimi dettagli.
-Nella lettera per il Comandante Pixis c'è l'indirizzo dell'abitazione. Nel frattempo che lui raggiungerà la porta principale, tu ritornerai da Sasha e Connie e poi entrerete...il tuo ritorno sarà il segnale! E intanto che voi partirete, io scaleró le Mura e mi dirigeró verso casa, aspettandovi tutti quanti! - disse iniziando a frugare tra le tasche per controllare che la chiave dell'abitazione fosse ancora lì.
-Sasha, quando entrerete dalla porta principale, non preoccupatevi per il carro e tutte le nostre attrezzature. Anche se sono in dotazione alla Squadra di Ricerca, ci penserà il Comandante Pixis a farvi entrare in totale anonimato, capito? - spiegò Hange alla ragazza.
-Hange...e se Erwin si dovesse mettere a piangere, come faremo? - le domandó Sasha, pensierosa.
-Io non ho detto che lascerò Erwin a voi! - le rispose la donna con un grande sorriso malizioso sulle labbra - Lui verrà con me!
Armin spalancò gli occhi.
-Hange, ma sei impazzita! - esclamò Sasha - Non puoi farlo...è troppo piccolo! Se ti dovesse cadere...e...e se dovesse scoppiare a piangere, ti sentirebbero quelli della Guarnigione e della Gendarmeria.
-Se è figlio mio e di suo padre, non piangerà! - rispose la donna accarezzando il faccino del figlio con dolcezza.
Sasha era totalmente esasperata dalla mente folle della donna.
-Basta! Io ci rinuncio! Per me è pura follia!
-Sasha, se dovessero riconoscermi, la notizia del mio ritorno si spargerebbe subito...ed io devo rimanere nascosta ancora per un pó. Voi non potete rientrare al Quartier Generale perché il Comandante Nile sa che voi siete con me e conoscendolo, si insospettirebbe nel non vedermi rientrare...e tutto andrebbe a monte! Per questo, per favore, fate come vi dico e abbiate fiducia in me!
Sasha la guardó e poi annuì con fermezza: del resto, per tutti quei mesi, Hange era riuscita a coordinare tutto alla perfezione.
Era notte fonda quando il gruppo si fermó a poche miglia dalla enorme porta d'ingresso alla città di Stohess, vicino alle pareti delle Mura. Hange fece mangiare Erwin che aveva iniziato a lamentarsi sicuramente per la fame. Non appena si addormentò, chiese ad Armin di dirigersi dal Comandante Pixis.
-Speriamo bene! - sussurrò Connie, in ansia, vedendo l'amico allontanarsi velocemente sul suo cavallo.
-Stai tranquillo, Connie! - gli disse Hange mentre iniziava ad indossare le imbracature di cuoio - Fidati di me! Erano pronti da giorni ormai per il nostro ritorno...non c'è nulla di improvvisato!
-Mi chiedo come faremo con quelli della Gendarmeria...- le disse il ragazzo, visibilmente preoccupato.
-Connie, la maggior parte degli uomini della Gendarmeria qui a Stohess, sono dei miserabili che venderebbero anche la loro anima per del denaro. In poche parole, li abbiamo corrotti per far sì che volgessero il loro sguardo altrove. Inoltre non siamo in allarme e quindi non ci sono molti uomini in giro! - gli rispose Hange mentre stringeva le cinghie alle gambe.
Il ragazzo non rispose, ma stava cercando di contenere la preoccupazione.
-Maledetta pancia! - esclamò Hange cercando di sistemare le imbracature e la cintura con il dispositivo di manovra tridimensionale.
Armin intanto giunse all'ingresso della Porta principale, quando avvertì degli strani rumori provenire dal presidio di guarda. Non riusciva a credere ai suoi occhi quando vide quelli della Guarnigione fare bisboccia assieme al Comandante Pixis, bevendo chissà quale intruglio per potersi riscaldare. Fu davvero grato al cielo che l'uomo fosse lì, anche se la situazione era alquanto imbarazzante e strana.
-Comandante Pixis! Comandante Pixis! - urlò avvicinandosi al trotto.
L'uomo, sentendosi chiamare in lontananza, nonostante il trambusto creato dai sui, passò la bottiglia che aveva in mano alla sua assistente che era lì accanto a lui e guardò fuori dal cancello, scorgendo la figura di un individuo a cavallo.
-Continuate...arrivo subito! - disse ai suoi, che non lo sentirono nemmeno.
Non appena fu vicino all'uomo, Armin si tolse il cappuccio del mantello e gli occhi dell'anziano Comandante si illuminarono, nel riconoscere il suo volto. Subito, il ragazzo gli porse la lettera di Hange. La prese e la lesse.
-Bene! - disse il Comandante Pixis, con voce ferma e decisa, riponendo la busta in una tasca - Avvicinatevi pure! Ci penserò io ai miei uomini!
Armin annuì e ritornò al galoppo verso il carro.
-Caspita, ha fatto presto! - esclamò Connie vedendolo ritornare.
-Evidentemente quel matto del Comandante Pixis era alla Porta d'ingresso a far baldoria con i suoi - commentò Hange.
Sasha la stava aiutando a stringere intorno al suo corpo delle fasce che avevano creato da delle lenzuola per poter tener fermo il piccolo Erwin al suo petto.
-Si...così dovrebbe andare...- disse infine Hange, controllando che riuscisse a muoversi con tutta l'attrezzatura addosso.
Abbassò lo sguardo e vide il faccino di suo figlio poggiato sul suo seno: gli fece una immensa tenerezza nel vederlo dormire così, come se nulla fosse.
-Hange! È tutto pronto! - esclamò Armin avvicinandosi - Possiamo partire.
-Ottimo! - gli rispose con entusiasmo mentre scendeva dal carro - Allora andate pure e...ci vediamo a casa!
-Fate attenzione! - le disse Connie, premurosamente.
-Non vi preoccupate...adesso andate, state perdendo tempo!
-Ci vediamo dopo! - esclamò Sasha facendo partire i cavalli.
Hange rimase a guardali per qualche minuto, mentre si allontanavano. Poi si avvicinò alla parete delle Mura e la sfiorò con le dita, quasi con nostalgia.
-Vediamo se mi ricordo come si fa...dimmi, tu sei pronto? - sussurrò spostando il mantello per controllare che Erwin stesse bene.
Il bimbo dormiva serenamente.
-Il tuo primo volo... - gli sussurrò ancora, baciandogli dolcemente la testa.
Dopo aver indossato i suoi occhiali protettivi, prese la mira e scagliò le draglie sulle Mura, spiccando il volo. Era da tempo che non provava quella bellissima sensazione di pura adrenalina. In men che non si dica, atterró sulla cima della Mura e si guardó intorno, con circospezione, totalmente avvolta nel suo mantello nero, per controllare che gli uomini di guardia fossero lontani dal suo raggio d'azione. Per fortuna quel tratto di mura non era sorvegliato ma senza perdere tempo, fissò la draglia sul lato interno delle Mura e iniziò a calarsi giù, lentamente. Rimase appesa alla parete per qualche secondo, giusto per controllare Erwin che, continuando a dormire come se nulla fosse, stesse bene. Con gli occhi che le brillavano dalla gioia, continuó a scendere finché non trovó un punto dove scagliare le draglie e potersi dirigere velocemente verso l'abitazione.
I ragazzi intanto erano giunti davanti alla Porta d'ingresso dove li attendeva il Comandante Pixis, da solo: aveva allontanato gli altri con la scusa di mandarli a prendere delle altre bottiglie per bere e festeggiare chissà che cosa.
-Forza, entrate ragazzi...ben tornati! - gli disse il Comandante, giovialmente. -Grazie Comandante! - rispose Connie, avvicinando il pugno al cuore, in segno di rispetto.
-Adesso andate e dirigetevi subito a destinazione...dite ad Hange che verrò domani a trovarla...adesso devo continuare a reggere il gioco! - disse l'uomo porgendo loro la lettera che Hange gli aveva fatto consegnare tramite Armin.
Sasha l'afferró, e senza perdere tempo, fece partire i cavalli.
-Grazie di tutto Comandante! - gli disse ancora Armin, con somma riconoscenza. 
Il Comandante Pixis gli sorrise e gli fece un occhiolino.
Non appena furono a debita distanza, Sasha tirò un profondo respiro di sollievo.
-Cavolo, mi stava per venire un infarto! - confessò la ragazza avvolgendosi nel suo mantello.
-Cerchiamo di arrivare il più velocemente a destinazione - le disse infine Connie, guardandosi intorno - vorrei solo andare a dormire!

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