Incipit - Parte Seconda

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"Miei compagni,
non vi scrivo per chiedervi perdono né tantomeno per giustificare le mie azioni. Sappiate solo che non ho mai dimenticato a nostra causa, la nostra missione. Ormai i tempi sono maturi. Mi sono infiltrato tra le fila dell'esercito marleiano: resta una sola battaglia ed è certo che riusciranno a rompere l'offensiva dell'alleanza orientale. Dopodiché è certo che torneranno a volgere le loro attenzioni a Paradis. Dobbiamo colpire prima che ciò avvenga! In questi giorni mi metterò in contatto con Zeke. Attendete altre mie comunicazioni."

Levi lesse quelle poche righe ripetutamente cercando di comprendere il messaggio nascosto contenuto tra di esse. Non si era nemmeno firmato, pensò con amarezza, proprio perché era certo che l'avrebbero riconosciuto.
-Va tutto bene, Levi? - gli domandò Onyankopon che non poteva ignorare la sua espressione così sconvolta.
Improvvisamente, per uno scatto di rabbia, Levi iniziò ad accartocciare la lettera tra le mani. Poi riacquistò la lucidità e la risistemò piegandola in quattro, lasciandola infine sul tavolo.
-Per favore, non dire nulla ai ragazzi e ad Hange di questa merda. Voglio discuterne prima con lei. Da solo - disse estrema con serietà.
-Dalla tua espressione, ho già capito tutto - gli rispose l'uomo affabilmente, poggiandogli una mano sulla spalla - Non temere...sono sicuro che saprete fare la scelta giusta, qualunque essa sia.
Si guardarono con complicità e, senza dire nulla, Onyankopon lo lasciò da solo per qualche minuto, tornando alle sue mansioni.
Levi si voltò e fissò il foglio piegato sul tavolo: aveva una voglia spasmodica di farlo in mille pezzi ma c'era qualcosa che bloccava la sua rabbia e non riusciva a capire cosa fosse. Forse, in fondo al suo cuore aveva sempre serbato una piccola speranza che Eren sarebbe potuto tornare da loro e quel giorno era giunto, ma era non come lo aveva immaginato. Li stava comandando e manovrando come se fossero delle marionette e, date le condizioni, se lo poteva persino permettere.
-Tsk!
Gli sembrò così surreale che le sue labbra si piegarono in un sorriso amaro e si massaggiò la fronte, come se avesse mal di testa. Dopodiché prese la lettera, se la mise in tasta e, come se nulla fosse, si recò nella sua stanza e si fece una doccia. Con calma, si fece la barba e indossò un pantalone nero con una semplice camicia bianca, senza cravatta. La moda di Paradis era considerata obsoleta ma non volle indossare una cravatta marleiana, dato che preferiva indossare quelle di eldiane. Le trovava più eleganti, diceva ma non potendo dare nell'occhio, a questo punto, era meglio stare senza.
Si diede un'ultima sistematina e prese la lettera che aveva appoggiato sul letto, mettendola in tasta ai pantaloni. Poi si recò verso l'alloggio di Hange ed entrò nella stanza. La luce del sole filtrava tenuamente dalle tende e riconobbe la sagoma della donna. Si avvicinò senza fare troppo rumore e si sedette a bordo letto, cercando di abituare gli occhi alla fioca luce presente nella stanza.
Hange dormiva raggomitolata su sé stessa e aveva i capelli tutti disordinati ma, nonostante ciò, la trovava sempre bellissima da fargli perdere il fiato. Si allungò verso le sue labbra e le diede un morbido bacio, come facevano i principi delle favole per svegliare le loro principesse. Peccato che Hange fosse tutt'altro che una principessa, perché bofonchiò qualche parola confusa nel sonno con la bocca impastata, si grattò la testa e si girò di scatto dalla parte opposta.
-Tsk! Dormigliona! - borbottò lui tra sé, scuotendo il capo con rassegnazione.
Così si stese accanto a lei e la strinse a sé, iniziando ad accarezzarle delicatamente le braccia. Il suo corpo emanava un tepore così piacevole che avrebbe voluto stare così per sempre, se solo il loro bambino fosse lì con loro. Solo il cielo poteva sapere quanto gli mancava quel bimbetto dal faccino buffo che, tutte le volte che tornava a casa dopo il lavoro, gli saltava in braccio sprizzando gioia da tutti i pori. Pervaso dalla nostalgia, la cinse a sé un po' di più, come se volesse grazie a quel gesto allontanare la tristezza dal suo animo.
Dopo pochi minuti, riconoscendo il buon profumo che lui emanava, Hange si girò verso di lui e si accucciò tra le sue braccia.
-Buongiorno...- borbottò ancora assonnata mentre lui le accarezzava il viso con gentilezza.
-Sveglia, Quattrocchi! Vuoi passare tutta la giornata a letto? - le disse Levi a mo' di rimprovero.
-Beh...se continui a coccolarmi così, potrei restare qui ancora per un po' - rispose lei sospirando, appoggiando il viso sul suo petto con espressione estasiata.
Levi le diede un bacio e rimase a coccolarla tra le sue braccia ancora per qualche minuto. Poi si alzò e aprì le tende, illuminando la stanza a giorno. Infastidita dall'improvvisa luce, Hange si stropicciò gli occhi e infine si stiracchiò la schiena.
-Stai ferma lì! - le disse Levi ritornando verso il letto, notando che stava per mettersi seduta.
Si sdraiò di nuovo accanto a lei e riprese a baciarle ripetutamente il viso, folgorato come sempre dai suoi grandi e bellissimi occhi. Ad ogni suo bacio, Hange sentiva il cuore sussultare come quando la baciò per la prima volta, prendendo consapevolezza di quanto fosse sempre perdutamente e profondamente innamorata di lui.
-Ti amo, Levi!
Ogni volta che glielo diceva, gli occhi dell'uomo brillavano di emozione, come due stelle nel cielo.
-Ed io amo te, Quattrocchi! - le rispose mentre contemplava il suo viso, con il cuore che gli batteva come un tamburo, come se fosse un adolescente al suo primo amore.
Aveva una voglia matta di spogliarla, baciare ogni millimetro della sua pelle e fare l'amore con lei ma il pensiero di quella lettera mandava in fumo ogni suo desiderio passionale. Anche se erano marito e moglie, Hange era pur sempre il suo Comandante e, da suo sottoposto, era suo obbligo e dovere riferirle della lettera. Eppure, mentre poteva scorgere il suo riflesso in quegli occhi che guardavano con amore, non riusciva a fare a meno di pensare che quella notizia l'avrebbe fatta di nuovo soffrire. Quando Eren era fuggito, aveva temuto che la sua salute mentale sarebbe stata perduta per sempre. Ora, mentre le accarezzava con delicatezza l'occhio accecato, pensò che quella lettera avrebbe solo fatto riemergere il dolore di una ferita che ormai sembrava rimarginata.
-Levi, è successo qualcosa? - gli chiese lei interrompendo i suoi pensieri - Hai uno sguardo strano. È successo qualcosa hai ragazzi? Qualcuno si è fatto male durante gli allenamenti?
Levi esitò per qualche istante e poi trasse un profondo respiro.
-No, i mocciosi stanno bene! - le rispose iniziando a frugare all'interno della tasca del pantalone ma continuando a stringerla a sé con un braccio.
Mentre Hange continuava a guardarlo un po' perplessa e preoccupata, Levi tirò fuori la lettera e subito dopo allungò il braccio verso il comodino per prenderle gli occhiali.
-È arrivata questa... - disse mostrandole il foglio, un po' spiegazzato ma sempre piegato in quattro - Onyankopon me l'ha consegnata poco fa.
Hange lo guardò un po' accigliata e indossò i suoi occhiali mentre lui le apriva la lettera. Non appena riconobbe la calligrafia, balzò seduta sotto shock.
-Calma...- borbottò Levi ma lei non lo sentì, troppo concentrata a leggere quelle poche righe con le mani che iniziarono a tremare in modo convulso.
Hange non riusciva a credere ai suoi stessi occhi: quella era la scrittura di Eren! Non riusciva a credere a ciò che stava succedendo. Dopo più di due anni di irreperibilità, Eren aveva fatto recapitare loro quella lettera, scrivendo che i tempi erano maturi e che per tutto quel tempo si era infiltrato a spiare le mosse nemiche. Non riusciva a capire i sentimenti che stava provando. Era furibonda, questo era certo. Eppure, Eren si era fatto vivo. Eren stava tornando la loro.
Prima che lei esplodesse in una crisi isterica, Levi si sedette accanto a lei e le afferrò il braccio.
-Respira e datti una calmata! - le sussurrò come se fosse una minaccia.
Avvertendo la decisa stretta di Levi, Hange smise di tremare come una foglia e, come se fosse priva di energia abbassò le braccia e rimase a fissare il vuoto.
-È tornato... - sussurrò incredula.
Levi la guardò e poi sbuffò avvilito. Non avevano mai discusso tra loro di una eventualità simile, ma sapeva che entrambi l'avevano sempre sperata.
-E adesso...che cosa vuoi fare? - le domandò abbassando lo sguardo.
Hange trasse un profondo respiro e si passò le mani tra i capelli per poi massaggiarsi le tempie. Dopodiché, si sollevò gli occhiali e, lasciandoli posati sulla fronte, si voltò verso di lui e lo guardò dritto negli occhi con estrema freddezza.
-Credo che mi farò preparare un caffè molto forte - gli rispose con un tono che avrebbe fatto rabbrividire chiunque.
Dopo essersi data una veloce sistemata, Hange fece convocare i ragazzi da Levi nel solito salottino per discutere con tutti loro riguardo alla lettera. Alla notizia, Mikasa scattò in piedi e, incurante di ogni formalità, strappò la lettera dalle mani della donna, allontanandosi verso le finestre.
-Ehi, Mikasa!Ti è andato in fumo il cervello? - la rimproverò bruscamente Levi, ma Hange, che era seduta accanto a lui, gli sfiorò il braccio facendogli capire che andava tutto bene.
Mentre gli altri rimasero totalmente pietrificati ai loro posti, Mikasa lesse freneticamente la lettera. Non riusciva a credere ai suoi occhi perché quella era davvero la scrittura di Eren.
-Non posso crederci...- sussurrò con espressione incredula, continuando a rileggere quel foglio a ripetizione.
-Quell'idiota...- sibilò Jean a denti stretti.
-Io me lo sentivo che Eren non ci avrebbe potuto mai abbandonare! - esclamò Armin con gli occhi che brillavano per la speranza.
-Lui...lui...è stato nascosto per tutto questo tempo...ha spiato le mosse nemiche per noi... - disse Mikasa tra sè, continuando a rileggere quelle poche righe.
Sebbene il volto di Armin esprimesse entusiasmo, quelli di Sasha, Jean e soprattutto di Hange e Levi esprimevano tutt'altro.
-Cosa vi prende? - sbottò a questo punto il ragazzo alzandosi in piedi - Eren ha fatto tutto questo per proteggerci! Si è persino infiltrato nell'esercito nemico! E adesso ci sta informando che possiamo finalmente agire!
-Esatto...ma in che senso "agire"? - gli domandò Hange, sistemandosi gli occhiali.
-Che cosa vuoi dire? - rilanciò Armin, esitante.
-Armin, noi siamo...o meglio...eravamo qui per intavolare una proposta di pace con i marleiani, non per attaccarli e fomentare altre azioni di guerra! - gli rispose Hange guardandolo dritto negli occhi.
-Quindi vuoi ignorare questo suo appello? Vuoi rischiare che venga catturato dai mareiani? - le domandò Mikasa visibilmente innervosita, avvicinandosi verso di lei e stringendo la lettera - Che cosa ne sarà del futuro di Paradis?
Hange sollevò lo sguardo la guardò con freddezza. Il futuro di Paradis. Per l'ennesima volta, anche se lo stava celando alla perfezione, si sentì impotente, senza una risposta valida da dare. Forse, come le confidò il comandante Pixis, l'unica soluzione era davvero attivare i Colossali all'interno delle Mura per intimorire il resto del mondo. Forse era davvero l'unico modo per avere il tempo di avanzare tecnologicamente e avere quindi la forza per difendersi da ogni attacco nemico. Da quando l'essere umano ha fatto la sua comparsa sul pianeta, la guerra è sempre stata un particolare lo caratterizzava. Forse, la pace nel mondobera davvero un sogno di qualche sciocco sognatore romantico. Si, forse, purtroppo, l'anziano e saggio Comandante aveva ragione.
-Non lo so...- rispose dopo quella pausa di riflessione - Ho solo...bisogno di rifletterci...
La rabbia sul volto di Mikasa svanì lasciando spazio alla perplessità; Levi sospirò e accavallò le gambe mentre Armin, anche lui sorpreso dalla risposta della donna, si risedette al suo posto.
-In tutta onesta, non avrei mai immaginato che si sarebbe rifatto vivo - continuò la donna tenendo gli occhi fissi sul pavimento - Pensavo che avrebbe cercato il fratello e attivato così i Colossali, senza interpellarci. Ma dalle poche righe che ha scritto, riesco solo a capire che lui non ha questa intenzione e che ha in mente di fare altro. E vi confesso che sono molto curiosa...ma anche se spaventata...
-Quindi vuoi che ce ne stiamo fermi a guardare? - le domandò Mikasa, sempre in preda al turbamento.
-Non ho detto questo! E comunque, al momento, non possiamo fare altro - le rispose Hange guardandola ancora con freddezza - Ha scritto che ci invierà altre lettere. Benissimo! Sono davvero curiosa di capire cosa significa che per lui è giunto il momento di agire. Ci dovrà pur fornire altre indicazioni se vorrà il nostro aiuto, non credi?
Levi osservò Hange e poi, dopo qualche secondo di silenzio, si alzò in piedi.
-Hange ha ragione! Possiamo solo attendere. Quel bastardo di un moccioso ha ancora il coltello dalla parte del manico e noi siamo totalmente disarmati - disse con frustrazione.
Mikasa lo guardò con rabbia e serrò le mascelle.
-Se Eren è scappato, lo ha fatto per proteggerci, riuscite a capirlo? - sbottò ancora - Nessuno...nessuno di voi avrebbe avuto il coraggio di fare quello che ha fatto lui!
-O la pazzia... - borbottò Jean incrociando le braccia con contrarietà.
Mikasa si voltò verso di lui e mentre lo guardava con rabbia, i suoi occhi si gonfiarono per le lacrime.
-Eren tiene molto a tutti noi! Non è certo bravo ad esprimere i suoi sentimenti, ma lo fa con i gesti! Se nessuno di voi avrà intenzione di aiutarlo, allora lo farò io da sola!
Accecata dalla rabbia e dalla frustrazione, gettò la lettera per terra ed uscì dalla stanza ignorando i severi rimproveri di Levi.
-Tsk! Quella mocciosa merita una punizione come si deve! - grugnì cercando di mantenere la calma.
-Lasciala stare! -sospirò Hange mentre si sistemava gli occhiali - Le passerà!
Si alzò in piedi e avvicinò alla finestra, facendo cadere lo sguardo sulla scacchiera che era posta sul tavolino nei limitrofi. In effetti, la situazione attuale era proprio rappresentata da quella scacchiera con i pezzi posti in posizione di partenza. Questa volta a lei son spettate le pedine nere e, come da regolamento, deve obbligatoriamente attendere la mossa del giocatore con quelle bianche. Doveva solo attendere la prima mossa, pensò mentre il suo sguardo si soffermava sul Re di colore nero; il Re, che in quel contesto stava a significare la salvezza dell'umanità, la pace e un mondo migliore: in altre parole, la sua missione di vita. A quanto pare, questa era l'ultima partita che le restava da giocare e doveva valutare ogni mossa e anticipare, possibilmente, quelle avversarie. No. Questa volta non si sarebbe fatta mettere in scacco così facilmente e avrebbe protetto quel Re ad ogni costo.
Trasse un profondo respiro e dopo aver osservato il panorama al di fuori, si voltò verso Levi e i ragazzi.
-Capisco la sensazione di impotenza che provate...ma ho davvero le mani legate! So che nutrite ancora sentimenti di affetto nei confronti di Eren e non posso biasimarvi, anche perché lui rimarrà sempre uno di noi. Abbiamo sacrificato tanto per lui. Molti dei nostri amici sono morti per proteggerlo.
Nel ricordare i volti dei componenti della sua vecchia squadra sterminata nella Foresta degli Alberi Giganti, gli occhi di Levi divennero tristi come quelli dei ragazzi.
-Ma non posso ignorare il fatto che ha mandato all'aria tutti i nostri piani...la missione stessa di pace e messo in pericolo le nostre vite! Mettetevi nei miei panni! È stata una fortuna che non sia stata processata per quanto è accaduto... - concluse infine Hange, sospirando affranta.
Sasha abbassò lo sguardo e strinse i pugni sulle ginocchia mentre Jean posò una mano su uno di essi per cercare di infonderle forza. Hange aveva ragione: erano solo spettatori impotenti delle future azioni di Eren e solo quando avrebbero avuto chiara la situazione davanti ai loro occhi avrebbero potuto agire.
-Ti chiedo solo un favore, Hange... - intervenne Armin, guardando la donna rimanendo seduto al suo posto.
-Dimmi pure!
-Promettici che non ci terrai all'oscuro su quello che accadrà che elaboreremo un piano insieme - continuò con sorprendente determinazione.
L'espressione seria e severa sul volto di Hange si rilassò, lasciando il posto ad una più dolce e rassicurante.
-Armin, sono trascorsi molti anni e non siete più i ragazzini di un tempo...anche se qualcuno di nostra conoscenza si ostina a chiamarvi "mocciosi" - ridacchiò infine, mordendosi il labbro inferiore.
Capendo a chi fosse riferita l'allusione, Levi incrociò le braccia e le lanciò un'occhiataccia.
-Io...io ho bisogno di voi! Ho bisogno del vostro sostegno...ora più che mai! - continuò lei, con il cuore in mano, mentre si sistemava un ciuffo di capelli dietro l'orecchio.
Sasha la guardò con sorpresa, intenerita da così tanta sincerità. Sapeva che Hange prediligeva il lavoro di gruppo ma mai aveva esternato questa sua vulnerabilità, questa sua paura di rimanere da sola a combattere per un bene universale.
-Noi siamo una squadra - aggiunse Levi per darle man forte, nonostante l'espressione sul suo viso fosse apatica e poco rassicurante - Eren è solo rimasto indietro: dobbiamo capire come recuperarlo senza fare danni ma possiamo farlo solo quando lui ci darà altre informazioni. Con questa lettera al momento possiamo solo pulirci il culo! Ora, cercate di farlo capire anche alla vostra amica, prima che possa fare qualche stupidaggine e sia costretto poi a fargliene pentire.
-Le parlerò io - gli rispose Armin - Non temere!
-Bene...ora levatevi dai piedi! Ci vediamo a pranzo! - concluse l'uomo freddandoli con un ultimo sguardo.
Non appena i ragazzi uscirono dal salotto, Levi inspirò profondamente e si passò una mano tra i capelli.
-In fondo, poteva andare peggio - disse volgendosi poi verso Hange.
Hange abbassò lo sguardo e si grattò il dorso del naso.
-Già - gli rispose - Ma li capisco! Capisco ogni sentimento che stanno provando in questo momento perché appartengo anche a me. Tuttavia, come ho detto loro, abbiamo le mani legate...
Levi la guardò e si rammaricò nel vedere quanto fosse difficile per il suo orgoglio accettare una simile condizione.
-Sento che tutto questo non porterà a nulla di buono - continuò lei, in confidenza - ma, ammetto che eravamo pronti ad una simile eventualità.
Si voltò e guardò fuori dalla finestra mentre Levi le si avvicinò.
-Che cosa vorresti dire? - le domandò.
Hange trasse un profondo respiro, prima di rispondergli.
-Eren sa che il tempo a disposizione di Zeke sta per scadere e allo stesso tempo non permetterebbe mai che Historia diventi un Gigante, tantomeno adesso che aspetta un bambino. Quindi, ho pensato che lui avrebbe, prima o poi, fatto la prima mossa. Sai che detesto farmi cogliere impreparata quindi, prima che noi partissimo, ho dato ordine di accelerare l'addestramento delle reclute e tenere i Volontati Antimarleiani pronti a muoversi.
Levi si mise accanto a lei e vide che stava guardando la scacchiera alla sua destra.
-Attendo la sua mossa ma io sono pronta a rispondere... - continuò come se avesse un nodo in gola.
Si soffermò ad osservare di nuovo il Re e trasse un profondo respiro.
-Tu...Levi...sarai sempre al mio fianco, non è vero? - domandò con voce tremante, voltandosi verso di lui e guardandolo con le lacrime agli occhi. -Sarai pronto ad accettare qualcosa decisione io sia costretta a prendere?
Prima di risponderle, Levi la guardò con intensità.
-Hange, come ti ho detto tante volte, con te sono pronto ad andare all'Inferno - le rispose senza staccare gli occhi dai suoi.
Avvicinò la mano alla sua e gliela strinse, intrecciando le dita.
Hange gli sorrise rassicurata e arrossì in pochino, sopraffatta dai suoi sentimenti. Poi iniziò a ridacchiare, cercando di trattenere le risatine mordendosi il labbro inferiore.
-Che hai da ridere adesso, Quattrocchi? - le domandò Levi, aggrottando la fronte con noia.
-Certo però...potresti seguirmi in qualche posto più allegro e tranquillo! Tipo nella nostra casetta in campagna...in vacanza...al mare...oppure in Paradiso, ecco! - gli rispose lei per sdrammatizzare come al suo solito.
-Con te e il nostro Erwin sono già in Paradiso - le disse continuando a guardarla intensamente e con amore, baciandole infine il dorso della mano.

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