Pillola Di Quotidianità

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Trascorsero un paio di giorni e Hange decise di iniziare a lavorare sulle attrezzature Anti-Uomo, donatele dal Comandante Nile Doak e che erano state in possesso alla Gendarmeria Centrale, in particolare alla Squadra Speciale di Kenny Ackerman, conosciuto come "Lo Squartatore". La scienziata aveva fatto depositare le casse che le contenevano in un magazzino, in modo da poterle visionare e in qualche modo perfezionare per le esigenze della Squadra di Ricerca.
Incuriosito da tutte quelle cianfrusaglie, Levi decise di assistere e dare un'occhiata. Forse, più che dalla curiosità, era spinto da uno strano desiderio di riuscire a comprendere qualcosa di più che non sapeva della vita di suo zio. Non aveva dimenticato che, quando morì sua madre, quell'uomo bizzarro lo aveva preso con sè e in qualche modo educato alla vita, ma non aveva tralasciato il fatto che l'aveva abbandonato in piena età adolescenziale, proprio quando un ragazzino ha bisogno di una figura maschile di riferimento. Fu un gesto che cambiò totalmente la sua vita e che lo rese un uomo che sapeva occultare alla perfezione le sue debolezze e la sua sensibilità. Non provava odio o astio nei suoi confronti e, proprio per questo, voleva in qualche modo scoprire ciò che si celava nella vita del suo defunto zio materno, come se quegli oggetti potessero raccontargli ciò che non sapeva della sua vita. Mentre Hange, impaziente e in preda alla sua solita frenesia, scoperchiava la parte superiore delle casse con un piede di porco, con la mente ripercorse, attimo dopo attimo, la sua sventurata infanzia e adolescenza che lo condusse a diventare uno dei criminali più ricercati della Città Sotterranea. Non si pentiva di nulla perché tutto ciò che aveva fatto, lo aveva fatto per sopravvivere e non per mero divertimento. Gli tornarono in mente i suoi carissimi amici Furlan ed Isabel e tutto ciò che avevano vissuto insieme per inseguire il loro sogno di vivere alla luce, lontani dallo schifo delle Città Sotterranea, avventure che li condussero ad arruolarsi nelle Squadra di Ricerca fino alla tragicissima morte dei due. Spesso si chiedeva cosa ne sarebbe stata della sua vita se avesse rifiutato di collaborare con Erwin Smith e soprattutto se i suoi amici fossero ancora vivi: si, Furlan ed Isabel sarebbero sicuramente ancora in vita, ma molto probabilmente non avrebbe mai conosciuto Hange e questo pensiero gli procurava una forte fitta al cuore. Ormai non riusciva più a concepire nemmeno un singolo minuto della sua vita senza quella eccentrica, chiacchierona e caotica donna che amava sopra ogni cosa e da cui aveva avuto un figlio. Erwin: ancora non riusciva a credere che quella creaturina così piccola e dolce fosse la personificazione del loro amore e una parte di sé stesso. Non vedeva l'ora di tornare a casa, tenerlo stretto vicino al cuore, sentire i movimenti del suo corpicino, i suoi versetti curiosi, le sue manine sul viso, il profumo buonissimo della sua pelle e affondare le sue labbra nelle sue guance morbide e vellutate come una pesca.
-Levi? Ehi, Levi! Mi stai ascoltando?
La voce squillante di Hange lo riportò bruscamente alla realtà.
-Hai detto qualcosa? – le domandò un po' infastidito, dopo aver tratto un profondo respiro.
Hange lo guardò con dolcezza e gli sorrise.
-Non ti preoccupare! Daremo una rapida occhiata e poi ci penseremo domani – gli rispose per rassicurarlo sul fatto che sarebbero tornati a casa al finire dell'orario lavorativo, come lui desiderava, lasciando da parte ciò che gli stava realmente dicendo.
Del resto, da quando erano tornati a Trost, Hange aveva sempre mantenuto la promessa di non protrarsi troppo sul lavoro per stare più tempo con il loro bambino. Era consapevole che non sarebbe stato così per sempre, soprattutto perché non aveva dimenticato i suoi doveri di Comandante, ma in questo periodo di apparente tranquillità ne voleva approfittare per stare insieme il più possibile, come una vera famiglia.
Levi si avvicinò a lei e insieme iniziarono ad osservare il contenuto della cassa che era ai loro piedi. Hange si chinò e tirò fuori una grande piastra di metallo.
-Queste corazze le ricordo bene! – notò Levi, afferrando l'oggetto – Le usavano come protezione al petto.
-Esatto, Levi! – esclamò Hange, con entusiasmo mentre continuava a frugare – Le assicuravano con queste cinghie sui loro abiti...mentre...queste...invece...servivano a proteggere le spalle...
Sollevò le spalline di metallo e le fece vedere a Levi che ne afferrò una, visto che con l'altra mano teneva già la corazza.
-Non mi ero mai accorto che fossero così pesanti... - commentò l'uomo, un po' sorpreso.
-Hai ragione e nonostante questo, erano molto più veloci di noi – riflettè Hange, tamburellando l'indice sulle labbra.
-Loro non avevano i porta lame...
-Si, ma agganciavano il dispositivo di manovra tridimensionale alle spalle, come se fosse uno zaino...per bilanciare il peso serviva un durissimo allenamento...
-Già...anche se Kenny è sempre stato un uomo forte...molto forte...
-Senza alcun dubbio! Ma voglio studiare un modo per renderle più leggere e funzionali...chissà...forse grazie alla tecnologia marleiana potrei riuscire a combinare entrambe le cose...potrei farmi dare una mano da Armin o da Onyankopon, tu che ne pensi?
Fingendo di non averla ascoltata, Levi non le rispose e ripose i due oggetti nella cassa.
Hange sogghignò: aveva notato che aveva inarcato leggermente le sopracciglia, un dettaglio che stava ad indicare che aveva udito qualcosa che lo aveva infastidito o ingelosito. Si morse il labbro inferiore e si sistemò gli occhiali. Poi si avvicinò all'altra cassa che aveva scoperchiato: si chinò e tirò fuori una di quelle pistole letali che avevano condotto alla morte Nifa e gli altri suoi compagni di squadra.
Levi sollevò lo sguardo verso di lei e vide che il suo viso, inizialmente allegro e sereno, era diventato pensieroso e triste. Le si avvicinò e, con delicatezza, le tolse l'arma dalle mani, riposandola nella cassa.
Hange emise un profondo e sonoro sospiro e scosse la testa, massaggiandosi una tempia.
-Hai ragione, Levi! Scusa...è solo che...
Levi la tirò brutalmente a sé per il bavero della camicia e la baciò.
-Adesso basta con questa roba, Quattrocchi! Domani mattina ti aiuterò a collaudarla! – le disse però in modo rassicurante – Oggi hai saltato persino il pranzo. Lascia tutto qui e andiamo a prepararci per tornare a casa.
Hange sospirò ancora e lo guardò dolcemente.
-Va bene, ho capito! Andiamo a casa!
Uscirono dal magazzino e Hange chiuse la pesante porta di legno a chiave. Seguita da Levi, iniziò a percorrere velocemente le scale e i corridoi che conducevano verso i suoi alloggi.
-Bene! – esclamò risollevata, spalancando la porta dello studio ed entrando quindi nella stanza.
Si avvicinò rapidamente alla scrivania ed inizio a controllare alcuni documenti che aveva dimenticato di aver lasciato lì.
-E' inutile che mi guardi così! – disse iniziando a leggere un foglio e soprattutto avvertendo lo sguardo contrariato di Levi su di sé – Quando sarai tornato dal tuo alloggio, avrò già finito di fare tutto, persino il bagno!
Non udì alcuna risposta dall'uomo ma le sue orecchie avvertirono il rumore della porta che si chiudeva, seguito da quello di due mandate della chiave all'interno della serratura. Scosse la testa e iniziò a ridacchiare, massaggiandosi contemporaneamente l'occhio.
-Oh, no!
Levi le si avventò addosso rapido come un fulmine e, di peso, la sollevò sulle spalle come al solito, come un sacco di patate.
-Accidenti, Levi! Che razza di modi! – si ribellò Hange, cercando di fare la seria e di contenere invano le risatine divertite.
Levi entrò in camera da letto e chiuse la porta con un calcio secco, per poi scaraventare la donna sul letto. Si stese accanto a lei e la strinse tra le braccia.
-Ma non avevi voglia di tornare a casa? – gli chiese Hange, ironicamente.
Levi la guardò e sulle sue labbra apparve lentamente un sorrisetto malizioso.
-Oh, adesso capisco! Era solo una trappola! – esclamò quindi Hange, ridacchiando allegramente.
-Quella merda che ti sei fatta dare dalla Gendarmeria è troppo noiosa! – le rispose lui, iniziando ad accarezzarle il viso.
-Non ti ho obbligato a darmi una mano! Sei venuto con me di tua spontanea volontà!
-Lo so, ma la cosa stava diventando alquanto noiosa e...mi è venuto in mente qualcosa di molto più divertente e...soprattutto...piacevole...da fare insieme...visto che, abbiamo ancora un po' di tempo! - le confessò Levi, mentre giocherellava con i bottoni della sua camicia.
-Qualcosa di divertente...vediamo un po'...sì...adesso mi sta venendo in mente qualcosa...- gli sussurrò Hange, con tono suadente, infilandogli languidamente una mano all'interno della maglietta.
Levi la guardò in un modo così intenso che lasciava trasparire tutto il suo desiderio. Si mise a cavalcioni su lei e si sfilò la maglia, mostrandole il suo perfetto corpo statuario.
-Inizia a fare caldo... - le sussurrò ironicamente, con voce calda, chinandosi su di lei ed iniziando a sbottonarle i bottoni della camicia.
-Come sei altruista! – ridacchiò Hange, prendendolo in giro.
-Si...questa roba è inutile...tra poco suderai molto...
Le aprì i lembi della camicia e si piegò sul suo viso alla ricerca delle sue labbra. Iniziò a baciarla lentamente, con dolcezza per poi man mano divenire sempre più travolgente e passionale. Si guardarono per qualche istante, colmi di desiderio e poi le sfilò gli occhiali e la benda, posandoli sul comodino. La guardò ancora, totalmente posseduto dalla passione e dalla bellezza del suo viso così particolare: glielo accarezzò dolcemente e poi le sciolse i capelli. Con le mani, iniziò a percorrere con calcolata lentezza ogni centimetro della suo corpo, continuando ad assaporare le sue labbra e il suo collo, e per poi intrufolarne una all'interno del reggiseno. Hange adorava quel suo tocco sicuro, deciso, forte ma allo stesso tempo delicato, rispettoso e gentile: aveva i brividi lungo tutto il corpo e non riuscì più a trattenere un ovattato gemito di piacere.
-Vedi? Te l'avevo detto che sarebbe stato piacevole... - le sussurrò Levi con dolcezza ma maliziosamente, intrecciando le dita delle mani alle sue.
Hange sorrise e lo guardò con desiderio, con le guance lievemente arrossate per l'eccitazione. Levi ricambiò lo sguardo, totalmente ipnotizzato da quei bellissimi occhi color nocciola, nei quali riusciva a intravedere il suo riflesso.
-Diamine, Quattrocchi! Quanto sei bella!
Posseduto da una miriade di sentimenti e sensazioni indescrivibili, Levi si rituffò sulle sue labbra con voracità, non riuscendo più a resistere dal farla sua. Non riusciva mai ad averne abbastanza di fare l'amore con lei, di essere una sola cosa con lei. Sentire il suo corpo contro il suo, la sua pelle morbida e tonica, le sue carezze, e i suoi gemiti era qualcosa che lo mandava tutte le volte in estasi. Ne era dipendente, in tutto e per tutto. Ma la cosa che amava di più, era poterla stringere tra le braccia e coccolarla dopo aver fatto l'amore, cosa che lo rendeva estremamente felice e lo faceva sentire in pace, come se fosse in paradiso.
Anche Hange adorava starsene tranquilla e rilassata tra quelle forti braccia che sembravano poterla proteggere da ogni male del mondo. Amava il modo con cui la guardava, con quegli occhi azzurri intensi e profondi che sembravano potessero leggere all'interno della sua anima. Un rapidissimo scintillio apparve su di essi, nonostante la sua solita espressione apparentemente impassibile e lei se ne accorse.
-A cosa stai pensando? – gli domandò con un piccolo sorrisetto curioso.
-Pensavo a quanto tu sia stata bella, con il pancione... - le rispose Levi, sincero, sfiorandole delicatamente l'addome con la punta delle dita.
-Certo che hai dei gusti davvero strani! – ridacchiò Hange, allegramente.
Levi le sorrise e le diede un morbido bacio sulla fronte.
-Ne sono consapevole...
Le afferrò il viso con una mano e lo portò verso il suo per poterle baciare le labbra.
-Si...sono felice anch'io, Levi! – gli sussurrò Hange, guardandolo con dolcezza e riuscendo ad intuire cosa altro avrebbe voluto dirle.
Questa loro capacità di comunicare tra di loro, anche solo con gli sguardi, era qualcosa che a Levi piaceva da impazzire e che stava ad indicare una grande sensibilità anche da parte della donna, visto che lui difficilmente era bravo ad esprimersi con le parole. Per questo quando era con lei si sentiva leggero, sicuro e senza pensieri negativi. Aveva spesso sentito da alcuni colleghi che l'amore rende deboli, ma per lui non era così: lo aveva reso forte, ancor più determinato e ora che aveva anche un figlio da amare incondizionatamente, si sentiva letteralmente invincibile.
-Facciamo un bagno insieme? – le domandò mentre giocherellava con delle ciocche dei suoi capelli.
-Strano! Pensavo che mi avresti caricata sulle spalle e scaraventata nell'acqua senza dire una parola! – ironizzò la donna, con un bel sorriso divertito sul volto.
-Non voglio perdere tempo a ripulire tutto il bagno...ci stanno aspettando a casa...- le rispose accarezzandole il viso, passando leggermente il pollice sull'occhio sinistro come se volesse cancellare la cicatrice che lo incorniciava.
-Va bene! – esclamò Hange, contenta – Chiamami quando avrai preparato tutto.
Levi le diede l'ennesimo bacio e poi andò a preparare la vasca. Fecero un bel bagno rilassante insieme, l'una tra le braccia dell'altro, poi si prepararono per andare a casa e Levi approntò anche il suo zainetto con altri indumenti da portare a casa.
Eveline, che li stava aspettando, li accolse con la sua solita gentilezza e allegria e non appena entrarono in casa, le loro narici furono invase da un buonissimo profumo di biscotti appena sfornati.
-Li ho preparati per il tè! – spiegò la ragazza con un bel sorriso sulle labbra – Tra poco è ora, non è vero?
Hange era davvero contenta che Eveline aveva compreso che Levi non era quel tipo losco e sgradevole che poteva sembrare apparentemente e soprattutto era estremamente felice nel vedere che Levi si comportava con lei in modo cortese e gentile, aiutandola anche nelle faccende domestiche. Aveva persino preso confidenza con il piccolo Klaus che, avendo ormai messo da parte la sua timidezza, iniziò correre gattonando verso di lui e questo lo faceva tutte le volte che ritornavano a casa. Levi lo sollevò pazientemente verso il viso, gli diede un bacio sulla fronte e poi lo riposò per terra, libero di continuare a gattonare per tutta casa. Anche se non era suo figlio, iniziò a volergli bene come se fosse sangue del suo sangue. Ogni volta che lo vedeva scorrazzare in quel modo così buffo, immaginava quando lo avrebbe fatto Erwin e quel pensiero lo inteneriva tutte le volte, anche se lo nascondeva alla perfezione dietro la sua quasi perfetta maschera di impassibilità. Mentre si toglievano i mantelli, Hange e Levi sentirono il piagnucolio del loro bambino che proveniva dalla camera da letto.
-Hai sentito la voce di mamma e di papà? – gli chiese Hange con vocina affettuosa, mentre lo tirava fuori dalla culla.
Erwin smise subito di piagnucolare e le sorrise felice, iniziando a scalcare per la gioia.
-Come siamo pieni di energie! – esclamò Hange, affondando le labbra su una sua guancia.
Il bimbo continuò a sorridere e si mise una manina in bocca, iniziando a succhiarla.
-Ma sei davvero un monello! Non te lo toglierai mai questo vizio! – finse di rimproveralo la donna, sfilandogli con delicatezza la manina dalla bocca – Vieni! Andiamo da papà!
Mentre era in procinto di dirigersi verso il salotto, Levi entrò in camera e come sempre non riuscì ad occultare il suo sguardo emozionato. Si avvicinò ad Hange e diede un bacio sulla fronte del figlio che, prima lo guardò con i suoi brillanti occhi azzurri e poi fece anche a lui un sorriso dolcissimo. Felice, Levi lo sollevò tra le braccia e iniziò a giocare con la sua manina, mentre lo osservava completamente estasiato.
-È pronto il tè! – avvisò Eveline ad alta voce, dalla cucina.
Hange prese subito in braccio Klaus, che si era intrufolato nella loro camera da letto e si diressero insieme da Eveline che intanto aveva posato il vassoio con il servizio da te sul tavolo da pranzo.
-Hai fatto il bravo bambino? – domandò Levi ad Erwin, come se gli potesse rispondere, e che intanto gli stava stringendo l'indice con le minuscole dita.
-Oggi ha fatto un po' il monello! – rispose Eveline mentre portava i biscotti a tavola – Non ne voleva sapere di starsene buono ed ha pianto per tutto il tempo che ho dato la pappa la Klaus.
Levi chinò lo sguardo verso il figlio, guardandolo con un po' di rimprovero, mentre lui lo riguardava con espressione angelica come se non avesse fatto nulla di male. Poi si mise la manina in bocca e gli fece un sorriso furbetto.
-Scommetto che ti sta facendo la faccia da ruffiano – tentò di indovinare Hange mentre poneva Klaus sul seggiolone – Quello è un furbacchione!
-Tsk! Chissà da chi ha preso! – brontolò Levi sottovoce mentre si sedeva al suo posto, a capo tavola.
-Guarda che ti ho sentito, non sono ancora sorda! – ribatté Hange, facendogli il verso.
Intenta a versare il tè nelle tazzine, Eveline si mise a ridacchiare. Poi prese un biscotto più piccolo degli altri e lo diede a Klaus che, impaziente, batteva le manine sul tavolo.
-Solo uno! – lo ammonì la madre, riprendendo a versare il tè nelle tazzine – Oggi hai fatto il monello anche tu! Ah, quando inizieranno a camminare, questa casa sarà un campo di battaglia!
-Già! Si salvi chi può! – rise Hange, dopo aver dato un bacio sul capo di Erwin che aveva iniziato a emettere degli strani versetti, come se volesse dire la sua.
Levi sospirò e come al solito incrociò la gamba destra sulla sinistra, in modo posarvi Erwin e poter bere il suo tè e sgranocchiare i buonissimi biscotti di Eveline.
Giunse la sera ed Erwin non ne voleva sapere di dormire. Dopo la poppata, Levi lo portò a passeggio in lungo e in largo per tutta casa per fargli fare il ruttino e farlo addormentare, ma lui niente. Se ne stava pimpante ad emanare in continuazione sonori gorgoglii e trilli, come se volesse fare chissà quale discorso a suo padre e certe volte scalciava come se quello che aveva da dire lo avesse fatto arrabbiare.
-Tsk! Tutto sua madre! – borbottò frustrato, ma felice.
-Ancora non ne vuole sapere di dormire? – domandò Hange facendo capolino nel suo studio, dove l'uomo si era rifugiato.
-È un chiacchierone! – le rispose Levi dopo aver baciato la testa del figlio.
Non appena sentì la voce della madre, Erwin emise un sonoro ed acuto versetto. Poi il faccino gli divenne tutto rosso, segnale che stava ad indicare che stava facendo la cacca.
-Ah, finalmente! – esclamò la donna con entusiasmo, avvicinandosi a Levi e prendendo il figlio in braccio – Dovevi fare la cacca cattivissima e adesso hai il sederino tutto sporco e puzzolente.
Mentre la madre fingeva di mangiargli il pancino, Erwin scoppiò a ridere e si mise la manina in bocca.
-Adesso ci facciamo un bel bagnetto mentre papà sistema tutto per la nanna!
Levi storse gli occhi annoiato, incrociando le braccia, ma Hange gli diede un velocissimo bacio sulle labbra a mo' di premio. Mentre lei faceva il bagnetto al loro bambino canticchiando allegramente, lui iniziò a preparare la camera per la notte: posò la lampada ad olio sul suo comodino, chiuse le tende, sistemò la culla di Erwin e poi si mise seduto sul letto, ad aspettare che lei ritornasse. Quando Hange ritornò, il bimbo sembrava più tranquillo: come sempre, stare con la mamma, ha sempre il suo effetto rilassante. Hange stese Erwin al centro del letto e poi andò a prendere una tutina pulita per la notte, visto che indossava ancora solo il pannolino. Levi, che teneva d'occhio il figlio, si chinò su di lui e gli diede un bacio sul pancino, respirando poi a pieni polmoni il buon profumo che emanava la sua morbidissima pelle. Se solo potesse, avrebbe respirato quel profumo per tutta la vita.
Hange non riusciva ad esprimere la gioia che provava nel vedere Levi che coccolava il loro bambino. Si sedette sul letto e, con movimenti abili e sicuri, vestì Erwin che iniziò a sbadigliare.
-Adesso hai sonno...amore della mamma... - gli sussurrò Hange amorevolmente – Ecco! Adesso sei pronto per andare a nanna!
-Lascialo qui, finché non si addormenta – le disse Levi, sdraiandosi accanto al figlio – poi lo porto io nella culla.
Hange annuì e lo guardò teneramente, mentre lui si poggiava sul gomito ed iniziava ad osservare ogni dettaglio del figlio, come se volesse imprimere nella sua mente anche il più impercettibile movimento. Così si sdraiò anche lei accanto al piccolo e iniziò a fargli le coccole e a riempirlo di baci.
-Che coccolone! Chissà a chi assomigli! – ridacchiò, dopo avergli baciato la fronte.
Levi volse uno sguardo truce verso di lei e poi lo deviò, cercando inutilmente di nascondere il suo imbarazzo, causando l'ennesima risatina da parte della donna.
Felice di essere coccolato dalla sua mamma e dal suo papà, Erwin fece un ultimo grande sbadiglio e poi di addormentò, a pancia insù e con le manine chiuse a pugno. Levi attese ancora qualche minuto per assicurarsi che si fosse profondamente addormentato e poi lo ripose nella sua culla, dopo avergli dato un piccolo bacio della buonanotte. Dopodiché ritornò a letto, spense la lampada e strinse Hange tra le braccia per poi tempestarle il viso di baci.
-Levi?
-Che c'è, Quattrocchi...
-Posso farti una domanda?
-No.
-Ed io te la faccio lo stesso! – ribatté Hange, dispettosamente.
-E allora perché diavolo me lo domandi: falla e basta! – borbottò Levi con esasperazione – È sempre la stessa storia!
Hange ridacchiò, divertita.
-Ti piace questa vita? – gli domandò poi, dopo aver recuperato la serietà.
-Che cosa intendi?
-Beh...forse questa nuova nostra quotidianità potrebbe sembrarti noiosa...per noi che abbiamo sempre vissuto all'insegna dell'avventura, tutto questo potrebbe sembrarti monotono e...
-E piantala! Stai dicendo un mucchio di stronzate! – la interruppè Levi, stanco.
-Shhh...Levi! C'è Erwin! – finse lei di rimproverarlo.
-Sta dormendo, razza di Quattrocchi di merda!
Hange continuò a ridacchiare: Levi poteva tentare di controllarsi quanto voleva ma quando si innervosiva, proprio non ci riusciva. Sospirò e si accucciò un po' di più tra le sue braccia, senza dirgli più nulla e chiuse gli occhi per cercare di addormentarsi ma subito dopo Levi le sollevò il viso e le diede un lungo e dolcissimo bacio sulle labbra.
-Per qualche imbecille potrebbe sembrare una noia, ma io vorrei vivere questa vita per sempre...all'infinito...con te e soltanto te al mio fianco...e la nostra famiglia...- le sussurrò infine con il cuore in mano, stringendola un po' più forte a sé, come se volesse fondere il proprio corpo al suo.

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