Distanze Incolmabili

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Il sole stava quasi sorgendo quando il dirigibile giunse a sorvolare i territori interni del Wall Rose, a qualche miglio di distanza dalla città di Stohess. Un razzo di segnalazione verde, sparato dai soldati a terra, indicò ad Onyankopon il punto in cui iniziare la manovra di atterraggio. A bordo, nessuno stava manifestando più segni di esultanza: anche se alcuni non la conoscevano bene, la morte di Sasha fu evento che lasciò tutti con una sensazione di vuoto nel cuore.
Mentre Hange era con Onyankopon per dirigere la manovra, Levi era nella cabina dove c'erano Yelena, Zeke ed Eren. La ragazza si era staccata dai due fratelli Yaeger solo per pochi minuti e, nonostante questo, i due non si scambiarono una sola parola come se tutto quello che c'era da dire se lo fossero già detto. Levi li fissava in cagnesco, con la schiena appoggiata alla paratia e le braccia incrociate al petto. Ancora non riusciva a credere che quel ragazzino piantagrane di qualche anno fa si fosse trasformato in un giovane uomo egoista e privo di scrupoli. Ancora si domandava cosa avesse fatto di sbagliato per far sì che il risultato fosse quello che aveva davanti agli occhi.
Delle busche oscillazioni improvvise indicarono che il dirigibile era finalmente atterrato e sentì il rumore dei motori che, a poco a poco, perdevano potenza.
-Sembra proprio che il giro turistico si sia concluso – disse sarcasticamente – Ben tornato a casa, Eren! Spero che tu sia contento.
Eren sollevò lo sguardo verso il suo e non rispose alla provocazione. Il suo animo era pervaso da un profondo senso di amarezza e di delusione perché, dopo tutto, pensava che il capitano Levi e il Comandante Hange avessero compreso il motivo per cui aveva compiuto quella strage. Anche se i suoi compagni erano giunti a dargli supporto, si rese conto che era rimasto da solo a combattere la sua battaglia. Una battaglia che se non avesse combattuto, avrebbe portato Paradis alla distruzione. Ora che le cose erano cambiate, doveva agire di conseguenza.
Durante le ore di viaggio, il corpo di Zeke si era quasi rimarginato del tutto e l'uomo riusciva persino a stare in piedi.
-Levi! – esclamò Hange non appena entrò nella cabina senza degnare gli altri di uno sguardo – Conducili fuori...la Gendarmeria sta già aspettando.
Levi chiamò degli altri soldati che sollevarono Eren legandogli poi le mani dietro la schiena.
-Legate anche il barbone di merda! – ordinò con disprezzo.
-Non potete! – replicò Yelena per nulla d'accordo con quanto stava accadendo - Lui è uno di noi, come Eren!
-È solo per precauzione – la rassicurò subito Hange mentre di sistemava gli occhiali protettivi – Giunti a Stohess, avrà la sistemazione che gli si deve.
La ragazza la guardò con disappunto ma poi le sorrise.
-Certamente, Comandante Hange! – rispose guardando poi rapidamente Zeke con la coda degli occhi.
Dei soldati aprirono i portelloni che davano all'esterno e posizionarono le passerelle di legno, iniziando poi a scaricare il poco materiale bellico che era rimasto facendo passamano tra di loro. Non appena finirono, Armin, Connie e Jean si concessero qualche istante di riposo.
-Avvicinate i carri! – ordinò un soldato della Gendarmeria.
In quel momento, non appena iniziarono a trasportare fuori dal dirigibile i deceduti sulle barelle, tra tutti calò un silenzio tombale.
-Quanti sono? – domandò un ufficiale della Gendarmeria ad uno degli uomini del Corpo di Ricerca appena tornati.
-Otto...- rispose l'uomo avvilito, chinando lo sguardo.
-Tsk! Merda!
Il medico gli si avvicinò e gli consegnò un foglietto.
-Questi sono i nominativi dei deceduti. Avvisate le famiglie e preparate la cerimonia di sepoltura. Sono gli ordini del Comandante Hange – disse guardandolo con serietà.
-Certamente! – gli rispose il gendarme dopo aver piegato e riposto il foglio in una tasca della giacca.
Non appena uscirono gli uomini che trasportavano la barella con sopra il corpo di Sasha, a Connie si fermò il cuore. Era stato accanto a lei per tutto il viaggio stringendo sul viso la sua mano che ormai aveva perso il calore della vita.
-Veglia su di noi... - le sussurrò con la voce interrotta a causa dei singhiozzi, mentre le baciava la mano bagnandola inesorabilmente con le sue lacrime.
Hange aveva cercato in tutti i modi di consolarlo, ma perdere la propria metà creava nell'anima una ferita così profonda che solo il tempo avrebbe potuto rimarginare. Mentre lo stringeva forte tra le sue braccia si chiedeva semmai, un giorno, tutto quel dolore avrebbe avuto una fine.
Stavano continuando a sistemare i cadaveri sui carri quando Jean si sedette a terra accanto ad Armin e Connie, sconfortato, stremato e con il cuore a pezzi.
-Avrei voluto solo dirle...quanto le volevo bene... - disse cercando di contenere le lacrime.
-Sono sicuro che sapeva quanto lei fosse importante per tutti noi – gli disse Armin, in piedi accanto a lui, mentre seguiva con lo sguardo gli uomini che sistemavano il corpo di Sasha all'interno del carro.
Connie si coprì gli occhi con il braccio, cercando di arrestare le lacrime e serrando le mascelle. In quel momento, da un altro portellone, uscirono i due bambini prigionieri scortati da Hange ma sempre legati con le braccia dietro la schiena. Nonostante tutto, lui non riusciva a odiarli perché quel sentimento lo aveva rivolto solo ed esclusivamente verso Eren. Era lui l'artefice di quell'incubo. Era lui che li aveva costretti a prendere quella decisione. Rivide la sua risata beffarda, non appena gli riferì l'ultima parola pronunciata da Sasha prima di morire e pensò che prima o poi gliel'avrebbe fatta pagare.
Subito dopo, uscirono dal dirigibile Onyankopon, Yelena e Zeke seguiti poi da Levi ed Eren. Non appena il ragazzo fece la sua apparizione, i soldati della Gendarmeria lo guardarono come se avessero davanti un fantasma. Non riuscivano a credere che quello lì fosse il ragazzino che aveva salvato la città di Trost e poi la città di Stohess dal Gigante Femmina per poi infine sigillare i varchi del Wall Maria, nel distretto di Shiganshina. Sembrava più un vagabondo che un soldato del Corpo di Ricerca.
Hange e Levi si scambiarono una rapida occhiata e salirono poi su due carri diversi: Hange era assieme ad Onyankopon, Yelena e Zeke mentre Levi salì sul carro con Eren ed altri soldati del corpo di Ricerca. Gabi e Falco, invece, furono fatti salire su un altro carro con gli uomini della Gendarmeria. Dopodiché partirono subito verso Stohess, al Quartier Generale, dove li attendeva il Generale Zackary e il Comandante Pixis.
Durante il tragitto, Hange notò che Zeke continuava a fissarla in modo strano.
-Cos'hai da guardare? – gli domandò un po' infastidita.
-Nulla...semplicemente mi domandavo se fossi tu l'ideatrice del dispositivo di manovra tridimensionale che utilizzate in battaglia – le rispose l'uomo, senza distogliere lo sguardo da lei nemmeno per un istante - Anche se ci conosciamo solo adesso, madame Kiyomi mi ha riferito che sei una brillante scienzata, oltre ad essere la Comandante del Corpo di Ricerca.
-Quel dispositivo esiste da prima che io nascessi...io ho solo apportato qualche modifica, compensando le sue carenze grazie alla tecnologia marleiana – gli rispose Hange con serietà e freddezza, per nulla lusingata dalle parole dell'uomo.
-Ne sono colpito. Anche Reiner mi ha parlato molto di te...anzi...di ognuno di voi... - le confessò ancora Zeke.
Yelena lo guardò per un attimo con la coda degli occhi, annoiata.
-Avevo immaginato che Reiner vi avesse fatto rapporto di tutte le informazioni di cui era entrato a conoscenza...ma anche io, a Marley, ho raccolto le mie informazioni su di voi...se pensi che me ne sia stata con le mani in mano, ti sbagli di grosso! – disse intanto Hange, seduta sempre in modo composto.
Hange lo osservò in silenzio per qualche secondo. Anche se era il fratellastro di Eren, non si somigliavano per niente perché aveva i capelli biondi e mossi, con il taglio corto da militare. Gli occhi erano azzurri e intensi e prigionavano una spiccata intelligenza nonostante le apparenze, ed erano circondati da dei singolari occhiali con la lente tonda. Infine aveva una folta barba bionda e corta.
-Quando potremo dare atto al nostro accordo? – le domandò.
-Questa è una domanda a cui non so dare una risposta – mentì Hange – Sarà il Generale Zackary a decidere tutto quanto e a valutare quanto è accaduto a Liberio.
-Abbiamo annichilito le forze militari marlaiane e abbiamo guadagnato tempo per poter attivare i Giganti all'interno delle Mura – aggiunse Yelena, togliendo le parole di bocca a Zeke - Mi auguro che non vogliano starsene con le mani in mano...
-Tempo? – ripeté Hange sollevando un sopracciglio – Quanto tempo pensi che abbiamo? Se le altre nazioni dovessero attaccarci con i mezzi aerei, quei Giganti Colossali non serviranno a nulla!
Il solo pensiero che Paradis venisse attaccata da improvvisi bombardamenti aerei, come sempre, la terrorizzava.
-In quel caso, io ed Eren attiveremo la loro Marcia...tutti i popoli sono a conoscenza di questo dettaglio e non credo che i loro governanti siano così folli da rischiare che tutto venga distrutto...Accidenti! Ma non si possono proprio slegare queste cime? – le domandò Zeke, cercando di muovere le braccia ormai indolenzite.
Hange non gli rispose mentre Zeke sospirò, cominciando poi a guardare il paesaggio circostante. La donna si sporse verso il lato esterno per dare un'occhiata il carro che, davanti a loro, trasportava Levi assieme ad Eren. Sapeva quanto lui stesse soffrendo per il comportamento del ragazzo, dato che in passato lo prese fin da subito sotto la sua ala protettiva. Sapeva che aveva provato per lui un affetto sincero e profondo e si chiedeva se si sarebbero mai più rivolti la parola. Di sicuro non così presto, visto che Eren non mostrava alcun segno di pentimento. Avvilita, trasse anche lei un profondo respiro e chinò lo sguardo non rivolgendo più la parola a nessuno per tutto il viaggio.
Giunti nei pressi della Porta d'Ingresso di Stohess, i passeggeri più importanti furono fatti scendere e salire su delle carrozze chiuse: nessuno doveva vedere chi stava entrando in città per questioni di sicurezza.
Si diressero poi verso il Quartier Generale dove, nel cortile principale, c'era ad attenderli il Comandante Pixis e il Comandante Nile.
-Tra un'ora il Generale Zackary sarà qui - disse ad Hange dopo averla salutata e dato una rapida occhiata ai prigionieri - Custodiremo noi Eren e il signor Zeke, voi andate pure a indossare qualcosa di più comodo. Per precauzione, saranno sempre separati ma...direi che possiamo slegarli, non credi?
Hange lo guardò sorpresa ma, come sempre, si fidava ciecamente dell'anziano Comandante e amico.
-Va bene - rispose con tristezza - Ci vediamo tra poco...
-Hange...ho letto la lista dei nominativi dei caduti e mi dispiace molto...organizzeremo tutto...- le disse il Comandante Pixis profondamente dispiaciuto al pensiero della morte di Sasha.
-Manderò subito i miei uomini ad avvisare le famiglie - aggiunse subito dopo il Comandante Nile, con sincero interesse.
Dopo averli ringraziati e dato ultime disposizioni, Hange si recò nei suoi alloggi. Si spogliò di tutta la tenuta operativa e si fece un bagno, restando per molti minuti nella vasca con le ginocchia strette al petto, udendo solo il gocciolio dell'acqua che cadeva lentamente dai suoi capelli. Ormai non aveva più lacrime per quanto era successo e più di ogni altra cosa desiderava solo abbracciare il suo bambino. Era grata del fatto che Levi fosse sopravvissuto ma avrebbe preferito che lo fossero stati tutti i suoi soldati.
Indossò poi l'alta uniforme e, nel momento in cui stava sistemando la medaglia al collo arrivò Levi, anche lui in alta uniforme. Senza dirle nulla, l'uomo la strinse a sé in un lungo e silenzioso abbraccio.
-In tutto questo, non ti ho nemmeno detto quanto io sono felice che tu sia ancora qui - sospirò Hange, appoggiando la testa sulla sua spalla.
Levi avvicinò le labbra alle sue e la baciò con dolcezza, continuando sempre a stringerla tra le sue braccia.
-Non avevamo altra scelta...adesso, dobbiamo solo continuare a procedere con il nostro piano...voglio solo che questo casino finisca al più presto, così potrò tornare a casa da voi...- le disse Levi pensando al loro piccolo Erwin.
-Lo so, Levi...loro sanno che il tempo di Zeke sta per scadere e che la cosa si è complicata a causa della gravidanza di Historia...ma noi siamo soldati... - gli rispose lei.
Hange sollevò il viso e, mentre gli accarezzava le guance, lo guardò dritto negli occhi scorgendo in essi il suo riflesso.
-Mi mancherai tanto...
-Anche tu...
-Stai attento, Levi...Zeke non mi sembra per nulla impensierito dal fatto di trovarsi qui...temo che qualcuno non ce la stia raccontando giusta...
-Non temere. La Foresta degli Alberi giganti è il posto perfetto per tenere d'occhio quel barbone di merda...e poi, lo daremo in pasto a Historia...mi dispiace per lei, ma ognuno di noi ha i suoi doveri e questo è il suo... - le disse infine Levi, con serietà, accarezzandole i capelli.
Hange abbassò lo sguardo e sospirò affranta. Anche se all'inizio aveva sempre rifiutato quell'idea, alla fine si dovette arrendere al fatto che Historia si sarebbe dovuta trasformare in Gigante anche perché, ormai, non si fidava più di Eren, né tanto meno di Zeke. Quindi propose al Generale Zackary, non appena avrebbe condotto i due fratelli Jaeger a Paradis, di tenerli separati fino al parto della Regina. Inoltre, avrebbero messo sotto arresto anche i membri più importanti dei Volontari Antimarleiani, tra cui Yelena e Onyankopon sempre in via precauzionale dopo aver ottenuto da loro il siero per la trasformazione in Gigante rubato a Marley. Eren e Zeke avevano distrutto l'equilibrio mondiale e, nonostante il patto, sarebbero stati fatti mangiare da altri uomini di loro fiducia i cui nomi erano già stati decisi. Di tutto ciò ne era a conoscenza solo lei, Levi, il Comandante Pixis e il Generale Zackary. Nemmeno i trenta soldati che avrebbero dovuto seguire Levi nella Foresta degli Alberi Giganti dovevano sapere quanto sarebbe accaduto.
-Adesso datti una mossa – le disse infine Levi dandole un rapido bacio – Zackary arriverà a momenti.
Hange si diede un'ultima sistemata e infine indossò il suo impermeabile, seguendo poi Levi verso la sala dove si sarebbe tenuta la riunione degli Alti Vertici dell'Esercito. Il Generale Zackary si congratulò con lei per aver portato a termine la missione ma tutti sapevano che non si trattava di una reale vittoria contro Marley. Per evitare che il popolo si preoccupasse, avrebbero dichiarato ai giornalisti che l'operazione era andata meglio del previsto e che era stata una vittoria schiacciante su tutti i fronti poiché avevavo distrutto la maggior parte della forza bellica marleiana.
-Dobbiamo dare loro un osso da rosicchiare...per tenere alto il morale, si intende! – commentò il Comandante Pixis – Al popolo fa bene, ogni tanto, ricevere delle buone notizie...anche se ciò che è successo scatenerà un giorno l'attacco del mondo verso di noi...
Infine, decisero che il mattino seguente Levi sarebbe partito verso la Foresta dei Giganti come da piano. Armin, Mikasa, Connie, Jean ed altri membri della Squadra di Ricerca sarebbero rimasti a Stohess nel caso in cui Eren avesse creato problemi.
Dopo la cerimonia funebre, Hange e Levi si recarono al cimitero per lasciare dei fiori sulle tombe di Erwin, Moblit, Petra e tutti gli altri amici morti per inseguire il loro stesso sogno: quello di vivere in un mondo libero, senza barriere e in pace. Una visione che, in quel momento, mentre posava i fuori sulla tomba di Erwin Smith, Hange vedeva ormai irrealizzabile.
Levi pensava invece che partire l'indomani significava poter stare con Hange ancora per una notte. Ormai era giunta la notte e mentre la stringeva tra le braccia e cercava in qualche modo di confortare il suo animo ferito, non riusciva a fare a meno di pensare quanto sarebbe stato difficile stare separato da lei e dal loro bambino. A Zeke mancavano poco più di tre mesi prima perdere il potere del Gigante Bestia e per lui sembrava un tempo incredibilmente lungo per stare lontano dalla sua famiglia. Anche se aveva la mente invasa da pensieri negativi, sapeva che Hange era una donna forte e che se la sapeva cavare in qualunque evenienza per cui era sicuro che sarebbe riuscita a badare al loro bambino fin quando non sarebbe tornato. Abbassò lo sguardo verso il suo viso, poggiato al suo petto e vide che finalmente si era addormentata. Allungò il braccio verso la lampada ad olio e la spense del tutto, continuando nel buio a coccolarla e a baciarla per scacciare i pensieri che lo attanagliavano.
Il mattino seguente, Levi diede un ultimo bacio ad Hange prima di dirigersi verso la carrozza che avrebbe trasportato Zeke fuori dalle Mura. A causa dei continui pensieri aveva domito poco e male e quindi era di pessimo umore. Salì sulla carrozza e aspettò al suo interno che l'uomo arrivasse scortato dai gendarmi. Non appena salì a bordo e lo vide, Zeke lo guardò con sorpresa.
-Si può sapere cosa sta succedendo? – gli domandò l'uomo.
-Abbiamo deciso che questo posto non è adatto a te e quindi ti porterò in un luogo dove potrai trascorrere i tuoi giorni di vacanza – gli rispose Levi con sarsasmo e guardandolo con serietà – Adesso posa il tuo reale culo qui dentro e non fare storie se non vuoi che ti ammazzi in questo istante.
-Dov'è Eren? Perché non è qui assieme a noi? – gli domandò ancora Zeke sedendosi di fronte a lui e senza opporre alcuna resistenza.
-Non ti preoccupare. Tu e il tuo tanto amato fratellino sarete riuniti al più presto. Adesso chiudi il becco e goditi il viaggio – disse infine Levi, incrociando le braccia al petto e accavallando le gambe.
Si affacciò all'esterno, verso uno dei gendarmi, e diede ordine di partire. Un uomo chiuse subito lo sportello e salì al posto riservato al cocchiere, incitando quindi i cavalli a partire con un sicuro colpo di briglie.
Scortata da alcuni soldati a cavallo, la carrozza iniziò ad attraversare la città. Lungo le strade c'era un gran trambusto: le persone si raccoglievano intorno a chi aveva acquistato i giornali e poi esultavano come se fossero nel mezzo di una festa. Incuriosito da quanto stava accadendo e da quella bizzarra vivacità, Zeke scostò la tendina del finestrino iniziando ad osservare quanto stava accadendo.
Levi, invece, non mostrava in ciò alcun interesse e continuava a fissare l'uomo con tutto l'odio che aveva in corpo. A pochi centimetri da lui c'era colui che qualche anno fa aveva decimato l'intera armata ricognitiva e ucciso il suo amico Erwin Smith. Gli sarebbe bastato un attimo per piantagli un coltello in gola e tagliargli la testa ma Hange si era tanto raccomandata affinché controllasse questo odio smisurato nei suoi confronti. Se Zeke fosse morto, il suo Gigante sarebbe stato ereditato dal primo neonato eldiano che sarebbe stato messo al mondo in quell'istante ed era una eventualità che non potevano permettersi in alcun modo.
-Avete rifertito che avete vinto, per caso? – domandò Zeke, capendo cosa stava accadendo lungo la strada – È terribile...non sanno nulla di quanto potrebbe accadere...
-Ti ucciderò, spedirò il tuo cadavere a Marley e rivelare la tua cospirazione – sbottò Levi, infastidito, e cambiando discorso – Se lo facessi, i tuoi nonni verrebbero torturati e uccisi...ma...se davvero il tuo fantomatico piano segreto dovesse funzionare, potrei aspettare ancora un po' prima di farti a pezzi. A me, andrebbe bene lo stesso.
-Ti sono grato per la generosità delle tue parole – gli rispose Zeke, ironicamente, per nulla spaventato dalla minaccia di Levi – Ma ti ricordo che, affinché questo abbia luogo, dovete lasciarmi incontrare Eren.
-Aspetta...non correre! Lo incontrerai quando lo decideremo noi, barbone di merda! – replicò Levi fulminandolo infine con lo sguardo – Come ti ho detto, abbiamo preparato per te il nostro albergo migliore...quindi, per prima cosa, ti riposerai un po' lì...
Zeke trasse un profondo respiro e si arrese all'idea di trascorrere il suo tempo con quell'uomo che lo fissava con espressione truce e per nulla amichevole.
In quello stesso momento, Hange si recò nei sotterranei del Quartier Generale dove, in una cella, era stato rinchiuso Eren. Anche se, come aveva detto molte volte, aveva perso la fiducia nel ragazzo, si voleva comunque sincerare che stesse bene e in qualche modo parlargli perché non riusciva a dimenticare i bei momenti passati, trascorsi insieme.
Aprí la pesante porta di legno che separava il corridoio dalle altre celle ed iniziò a percorrerlo.
-Non possiamo vincere...
Anche se era flebile, era chiaro che stava udendo la voce di Eren.
-Se non combattiamo...
Non c'era nessuno di fronte alla sua cella e alzò il passo temendo che qualcuno fosse entrato all'interno di essa.
-Combatti!
Si fermò davanti alle sbarre e, dopo aver constatato che la cella era chiusa, vide Eren all'interno di essa, piegato in avanti sul lavandino mentre fissava il suo riflesso nello specchio come se fosse sotto ipnosi. Era a petto nudo, con i capelli sciolti completamente bagnati e gocciolanti. Il suo corpo era possente, forte e tonico e dimostrava che in tutti quegli anni non aveva smesso di allenarsi.
Hange era letteralmente senza parole a causa di ciò a cui stava assistendo e, ad un tratto, lui iniziò a legarsi i capelli, senza distogliere lo sguardo dal suo riflesso.
-Combatti! Combatti! – ripetè ancora con decisione, senza accorgersi che lei era a pochi passi da lui – Devi combattere!
A quel punto, Hange non riuscì più a trattenersi poiché ciò che stava assistendo non le sembrava per nulla normale.
-Che cosa stai facendo? – gli domandò con la sua voce squillante.
Ridestato dalla sua voce alquanto irritante, Eren la guardò per un attimo con la coda degli occhi senza però muovere un solo muscolo.
-Per caso stavi parlando con lo specchio? – continuò lei, come se stesse rivivendo la scena di oltre quattro anni addietro, quando lo soprese assieme a Levi a parlare da solo nella cella – Hai detto: "Combatti! Devi combattere!" Non è così? Combatti! Devi combattere!
Eren continuava a fissarsi allo specchio, cercando di ignorarla ma iniziava a mostrare in viso segni inequivocabili di nervosismo.
-Si...l'hai detto! Contro chi devi combattere? – gli domandò Hange, sempre più incalzante – L'hai detto più volte...
Eren continuava a non fiatare.
-Non riesco a capire, se non mi rispondi – gli disse Hange, abbassando poi lo sguardo – Non è normale parlare da soli in questo modo...almeno...a me non è mai capitato di voler parlare al mio riflesso nello specchio...
Sollevò lo sguardo e lo osservò, mentre era ancora poggiato sul lavandino.
-Comunque ti stanno bene i capelli legati così – gli disse poi allegramente, per cercare di mitigare l'atmosfera decisamente pesante tra di loro – Sono giusto un po' disordinati dietro ma si vede che ti sei impegnato per farli apparire...
-Si può sapere cosa sei venuta a fare qui? – sbottò Eren, senza neanche guardarla, decisamente innervosito a causa della sua presenza.
-Come?...io...sono venuta a parlarti. Quando ci siamo incontrati per la prima volta, abbiamo passato tutta la notte a parlare dei Giganti – gli rispose Hange, malinconicamente, ricordando l'episodio con nostalgia – Sei stato così paziente ad ascoltarmi mentre io parlavo ininterrottamente...
Eren serrò le mascelle, spazientito.
-Sai, Eren, io sapevo che non avresti mai sacrificato Historia...io ammetto di non aver avuto ben chiara la situazione ma...perché hai agito mettendo in pericolo tutta l'isola? Non ti importa più nulla di cosa succederà ad Historia?
-Io ho divorato il Gigante Martello... - iniziò a dirle lui.
Hange lo guardò con stupore.
-E' un Gigante che frutta il terreno per utilizzare l'indurimento a suo piacimento e che può creare ogni arma o oggetto che vuole – le disse Eren, voltandosi a guardarla dritta negli occhi con i suoi seri e magnetici occhi verdi – Quindi, rinchiudermi in una cella sotterranea, per quanto solida, è tutto inutile. Posso comunque andarmene da qui quando voglio...
Realizzando che aveva ragione, Hange trasalì.
-Non potete uccidermi dal momento che io ho il potere del Gigante Fondatore – continuò lui avvicinandosi minacciosamente verso le sbarre – e nonostante le vostre minacce non potete nemmeno uccidere Zeke...dunque...
Nel vedere che i suoi occhi sembravano quelli di un demone furibondo, Hange si paralizzò per la paura.
-Comandante...vediamo...lei, cosa potrebbe fare? – sibilò Eren.
Con un rapidissimo e improvviso gesto, la afferrò per il colletto della camicia e la strattonò con rabbia e forza verso di sé, anche se le sbarre dalla cella facevano da barriera. Colta alla sprovvista, Hange cercò di liberarsi ma la presa del ragazzo era incredibilmente forte.
-Me lo dica, Comandante Hange! Se c'è un altro modo di fare le cose, voglio che me lo insegni! – le urlò quindi furibondo, con il viso vicinissimo al suo.
In quell'istante, il pavimento iniziò a tremare e il corpo di Eren iniziò a prigionare piccoli bagliori come quando si stava per trasformare. Presa dal panico, Hange riuscì a liberarsi dalla presa del ragazzo, sbattendo persino con la schiena al muro. L'aveva afferrata così forte e in modo così violento che le faceva persino male il seno.
-Sei un pervertito, Eren! – gli gridò massaggiandosi la zona del petto mentre si allontanava dalla cella – Sei ancora nella tua fase ribelle! Sei uno stupido! Un immaturo!
Frustrata e umiliata, Hange lasciò rapidamente quel corridoio, chiudendo infine il portone alle sue spalle. Sapeva di avere le sue colpe in tutto ciò che era accaduto e che sarebbe accaduto, ma non aveva avuto altra scelta. Ormai, aveva compreso che Eren era un caso irrecuperabile e che non era più il ragazzo di qualche anno fa. Era una consapevolezza che le spezzava il cuore.
Si sedette per terra, con l'animo in frantumi, pensando a quanto le costava compiere il suo dovere di Comandante, quando avrebbe preferito invece starsene nel suo studio a studiare i Giganti in santa pace.
-Erwin...questo è stato l'unico errore che hai fatto...perché? Perché hai nominato me come Comandante? – disse con le lacrime agli occhi, come se il precedente Comandante fosse di fronte a lei ad ascoltare il suo sfogo.
Erwin. Quel nome le rievocò nella mente il bel visetto di suo figlio e, dopo aver tratto un profondo respiro, si recò nelle sue stanze per prendere uno zaino. Poi si recò nelle stalle e sellò il cavallo per dirigersi al più presto a Trost. Ormai, non aveva più alcun motivo per restare a Stohess.

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