Inquietudini

141 10 26
                                    

Trascorsero alcuni giorni e, mentre era a lavoro, Hange ricevette una lettera da Armin che le comunicava che i Volontari Antimarleiani erano stati arrestati e che la delegazione di Hizuru, in particolare Madame Kiyomi, era giunta a Paradis per congratularsi con il Generale Zackary per il successo ottenuto nella campagna a Marley. Mentre rileggeva la missiva, sollevò un sopracciglio per nulla sorpresa per quanto le veniva comunicato poiché era già a conoscenza del fatto che il Comandante Pixis li avrebbe arrestati. Del resto, ne avevano discusso tante volte lontani da orecchie indiscrete. Era un'azione che doveva restare segreta ma aveva la sua necessità, visto che i Volontari si erano dimostrati abbastanza ambigui nel riportare le intenzioni di Zeke. In fondo un po' le dispiaceva per Onyankopon e per i suoi amici ingegneri, soprattutto in memoria di ciò che avevano vissuto insieme, ma ormai nemmeno lei si fidava più di nessuno data la difficile decisione che era stata costretta a prendere in merito al recupero di Eren e alla conseguente strage a Marley.
In quei giorni, la mattina, lei se ne stava in ufficio per espletare le sue mansioni e doveri di Comandante del Corpo di Ricerca; poi, di pomeriggio, faceva ritorno a casa per giocare insieme ad Erwin e insegnargli tante cose nuove, visto che era un bambino curioso e di spiccata intelligenza. A lui piaceva tanto sfogliare i libri pieni di immagini assieme a lei e chiederle poi che cosa fossero; e soprattutto amava ascoltare la voce della sua mamma che gli raccontava con pazienza e dolcezza ciò che sapeva in modo chiaro e semplice. Anche Klaus, incuriosito, si univa spesso a loro due e per questo il posto più comodo per stare tutti insieme ormai era diventato il divano. Un'altra cosa che ad Erwin piaceva tanto era sfogliare un album di fotografie scattate quando era più piccolo e tutte le volte si faceva raccontare cosa stessero facendo in quel momento. Nella maggior parte delle foto era ritratto assiema a Levi e in altre solo con Hange, il che faceva supporre che Levi avesse imparato ad usare la macchina fotografica. E poi c'erano quelle dove erano tutti insieme, a casa o in vacanza e quelle dove c'erano anche Eveline e Klaus.
Uno di quei pomeriggi Erwin aveva ripreso a sfogliare l'album per l'ennesima volta quando si soffermò a guardare una foto dove lui, piccolino, era in braccio a suo padre. In quella foto, Levi era in piedi nello studio di Hange e il suo sguardo era rivolto verso di lui che si succhiava la manina. Era una delle prime foto che Hange aveva scattato a Levi dopo che venne a conoscenza dell'esistenza del figlio ed era una delle poche in cui era stato immortalato mentre guardava il figlio con estrema dolcezza: lì si poteva davvero apprezzare quanto l'uomo adorasse letteralmente suo figlio.
Mentre osservava quella foto, l'espressione sul volto di Erwin si fece pensierosa e triste e Hange, che era seduta in mezzo a lui e a Klaus, se ne accorse subito.
-A cosa pensi? - gli domandò stringendolo un po' più a sé con il braccio.
-Mamma...ma papà sta bene? - le chiese lui, continuando a guardare la foto, con la sua inconfondibile "s" sifula.
-Certo che sta bene, tesoro mio, perché me lo chiedi? - disse lei accarezzandogli i capelli.
In effetti era così: ogni giorno Levi le inviava un rapporto scritto di quanto accadeva nella Foresta degli Alberi Giganti e nonostante lo scritto fosse estremamente formale e impersonale, Hange riusciva a capire che l'uomo stava riuscendo ad avere la situazione sotto controllo, anche se era costretto a vivere in una condizione logistica molto precaria e poco confortevole. Tuttavia, quello era l'unico posto a Paradis dove Zeke non poteva sfruttare a pieno il suo terribile e devastante potere di Gigante Bestia.
Comunque, il bimbo non le rispose e Klaus la guardò un po' preoccupato, cercando di capire cosa stesse passando nella mente del suo piccolo amico. Lei gli sorrise: gli accarezzò i folti capelli mossi e biondissimi e poi sospirò.
-Mamma, posso mandare un disegno a papà? – le chiese Erwin, levando i suoi occhioni da cerbiatto verso di lei.
A quella richiesta, Hange avvertì una stretta al cuore.
-Amore della mamma! Papà ne sarebbe davvero felice. Ma non possiamo: sarebbe pericoloso...ricordi? Ci sono tante persone cattive che potrebbero fare del male al tuo papà. Sii paziente...vedrai che papà sarà qui molto presto! - gli rispose cercando di fargli capire la situazione ma, del resto, Erwin era ancora troppo piccolo per capire che doveva stare al sicuro a causa del potere insito nel sangue degli Ackerman.
-Avanti, tesoro, non fare quel faccino triste! - gli disse Eveline, seduta al tavolo di fronte a loro, intenta a ricamare un fazzoletto - Questa sera, per cena, ho preparato qualcosa che ti piace tanto: le polpette con le patate al forno!
Al pensiero, gli occhi di entrambi i bambini si illuminarono di gioia e Klaus corse allegramente ad abbracciare la madre. Hange nel frattempo accarezzò le guance vellutate e rosee di suo figlio e gli diede dei baci affettuosi.
-Basta guardare le fotografie! - esclamò poi con intraprendenza, per distrarlo, mentre gli toglieva l'album davanti - Adesso andiamo in giardino ad esplorare!
Entrambi i bambini esultarono dalla gioia e corsero subito verso la porta da cui si poteva accedere in giardino. Hange ridacchiò intenerita nel vederli saltellare per tentare di afferrare la maniglia e così si alzò in piedi per raggiungerli.
-Forza! - esclamò aprendo la porta - Vado un attimo in bagno e vi raggiungo subito!
I bimbi corsero via ridendo e schiamazzando allegramente e Hange sorrise intenerita. Poi si voltò verso Eveline e la guardò con riconoscenza.
-Grazie - le disse - non sapevo proprio come uscirne fuori.
-Non ti preoccupare - le rispose la ragazza mentre infilava l'ago nel fazzoletto, intenta sempre a ricamare- Erwin è un bambino molto curioso e fa sempre tante domande. Chissà da chi ha preso!
Sollevò lo sguardo e guardò Hange ridacchiando e la donna arrossì un pochino: si morse il labbro inferiore e si sistemò una ciocca di capelli dietro le orecchie.
-Beh...almeno qualche cosa deve averla presa da me... - sospirò sistemandosi gli occhiali.
-Hange, tuo figlio ti assomiglia tantissimo...più di quanto tu creda...- le disse Eveline con dolcezza - soprattutto per il modo in cui si preoccupa di Levi: anche se lo considera un uomo fortissimo, lui ha sempre paura che gli possa accadere qualcosa di male, proprio come te.
Hange abbassò lo sguardo con tristezza.
-Eppure non sono stata io a mettergli in testa tutte queste insicurezze e timori - disse.
-No, Hange...è solo una sfumatura dell'amore...quando si ama qualcuno è normale che ci si preoccupa! E lui fa lo stesso con te, quando non ci sei...credo che sia una conseguenza delle vostre ripetute assenze...- rifletté Eveline con serietà continuando sempre a ricamare.
Hange si sentì mancare l'aria. Era scontato che Erwin avrebbe iniziato a soffrire a causa delle loro assenze e mai avrebbe voluto che ciò facesse crescere in lui delle inquietudini, anche perché lei e Levi, per lui, ci sarebbero sempre stati. Sempre.
Vedendo l'espressione sconvolta sul volto della donna, Eveline posò il fazzoletto sul tavolo, si alzò e le si avvicinò.
-Hange, non devi preoccuparti...adesso è piccolo ed è normale che non può capire perché i suoi genitori si assentano...lui sa che fate un lavoro importante ma non capisce ancora il perché! I concetti di pace e libertà sono ancora troppo complicati per lui e li capirà quando sarà un po' più grande...non essere triste! E soprattutto non pensare assolutamente di essere una pessima madre per lui.
Le afferrò il mento con delicatezza e le sollevò il viso in modo che potesse guardarla negli occhi.
-Adesso vai fuori e gioca con loro come fai sempre! Vedrai che le cose si sistemeranno nei dovuti tempi.
Hange trasse un profondo respiro e l'abbracciò.
-Eveline, non so cosa farei senza di te...sei la sorella che vita mi ha donato troppo tardi... - le disse con sincera commozione.
Eveline sorrise felice e sulle sue guance apparve un lieve rossore.
-Lo stesso vale per me! Ora va', prima che quelle pesti facciano qualche danno come al solito - le disse aprendo la porta per il giardino.
Hange le sorrise nuovamente e si recò in giardino chiamando a gran voce i due bambini che subito corsero ad avvinghiarsi alle sue gambe. Eveline rimase nei pressi della soglia della porta ad osservarli intenerita mentre Hange li conduceva verso un'aiuola e mostrava loro delle piante. Ma poi ripensando a ciò che la donna le aveva confidato e i suoi timori riguardo il probabile attacco di Marley, i suoi occhi divennero tristi e malinconici e, in cuor suo, pregò che la questione di Eren e Zeke si risolvesse al più presto nel migliore dei modi.
Il mattino seguente, Hange si recò come al solito al Quartier Generale, nel suo Ufficio, ad espletare le solite pratiche quotidiane.
"Quindicesimo giorno di missione. Il prigioniero sta bene ed è collaborativo. Abbiamo bisogno di viveri. Attendiamo direttive."
Hange chiuse la lettera e la posò sulla scrivania: era Levi che le faceva rapporto dalla Foresta degli Alberi Giganti.
-Devo riferire qualcosa, Comandante? - le domandò il ragazzo che, su ordine dell'uomo, era giunto fin lì per darle quelle informazioni.
-Purtroppo non so ancora nulla - sospirò Hange, alzandosi in piedi - Da Stohess non giungono direttive. Comunque ti farò caricare il carro con delle casse di viveri...come si sta comportando Zeke?
-Trascorre la maggior parte del tempo leggendo e poi fa delle passeggiate sempre sotto stretta sorveglianza. Il Capitano spesso si intrattiene con lui...a parlare...- le spiegò il giovane soldato con decisione.
Evidentemente Levi stava cercando di carpire maggiori informazioni dall'uomo, pensò Hange, e soprattutto non lo invidiava sapendo il suo spasmodico desiderio di ridurlo in mille pezzi. Levi aveva un davvero un autocontrollo formidabile.
-Capisco – disse avvicinandosi verso il ragazzo – Adesso andiamo a sistemare la quest...
-Comandante Hange!
Una ragazza appartenente al Corpo di Ricerca fece irruzione nell'ufficio senza bussare. Era affannata e con il volto decisamente sconvolto.
-Cosa diavolo succede? – le domandò Hange, un po' indispettita da quell'insolito e maleducato comportamento.
-Chiedo perdono, Comandante, ma dovete assolutamente leggere questo! – le disse porgendole subito il giornale locale.
Hange la guardò titubante: prese il giornale e iniziò a leggere i titoli di prima pagina.
-L'eroe della battaglia di Marley è stato arrestato – iniziò a leggere a bassa voce - ...voci non confermate sostengono che l'Esercito...ha messo sotto arresto Eren Jaeger assieme a tutti i membri dei Volontari Antimarleiani.
Hange spalancò gli occhi, sconcertata.
-Che mi venisse un colpo! – esclamò in preda ad una crisi isterica – Sono tutti impazziti? Chi ha messo queste voci in giro? Chi ha spifferato tutto ai giornali? Erano informazioni segrete, accidenti!
-È il giornale di questa mattina, Comandante. Ormai credo che tutto il popolo di Paradis sia a conoscenza di questa cosa - le disse la ragazza, allarmata.
-Tch! Merda!
Hange non riusciva ancora a crederci e con frustrazione iniziò a massaggiarsi una tempia mentre continuava a leggere nervosamente il giornale. Qualcuno aveva violato il segreto militare a cui erano tutti vincolati e questo stava a significare che tra le loro fila c'erano degli infiltrati, delle spie che complottavano contro la sicurezza del Regno. Ma chi poteva essere? Erano stati i Volontari Antimarleiani prima di essere arrestati? C'era solo un modo per scoprirlo.
-Parto immediatamente per Stohess! - esclamò passando bruscamente il giornale alla ragazza e dirigendosi a prendere la giacca della divisa appoggiata alla sedia.
-Ma come...Comandante...noi... - balbettò il ragazzo, preoccupato.
-Avvisa il Capitano Levi che mi trovo a Stohess e riferiscigli anche quanto è accaduto - ordinò al soldato mentre indossava la giacca - ma continuate a mantenere la posizione e a tenere gli occhi aperti!
I due ragazzi si scambiarono un'occhiata intimorita mentre Hange usciva dall'ufficio in fretta e furia. Prese il suo cavallo e corse a casa per prendere il minimo indispensabile e partire per Stohess. Mentre preparava lo zaino, Erwin la guardava con espressione afflitta e con gli occhi carichi di lacrime, stringendo al petto il suo inseparabile coniglietto.
-Mamma...perché vai via? - le domandò con la vocina tremante.
-La mamma deve risolvere una questione a Stohess... - gli rispose mentre piegava e sistemava un pantalone all'interno del bagaglio.
-Non mi vuoi più bene? Sono stato cattivo? - continuò il bambino iniziando a singhiozzare e a stropicciarsi gli occhietti.
Hange si pietrificò all'istante. Smise di fare quello che stava facendo e si avvicinò a lui, piegandosi poi sulle ginocchia per essere alla sua altezza.
-Amore mio, non piangere! Non è colpa tua. Non ti preoccupare, la mamma tornerà presto...accidenti...ma chi ti mette queste strane idee in testa...- gli disse per rassicurarlo, accarezzandogli il visino con entrambe le mani.
Afflitto, Erwin si gettò tra le sue braccia.
-Non andare via, mamma...non andare via... - pianse nascondendo il viso nell'incavo del suo collo.
Gli occhi di Hange si riempirono di lacrime e lo strinse forte a sé.
-Lo so, amore mio, lo so...ma non piangere...sono cose che capitano! La mamma sarà presto qui...non piangere così...- gli disse cercando di trattenere le lacrime.
-Resta qui, mamma!
Hange continuò a stringerlo a sé e a riempirlo di baci per calmarlo, tanto che le lacrime del bimbo iniziarono a mischiarsi con le sue. Era la prima volta che Erwin piangeva in quel modo e la cosa le stava spezzando il cuore. Tuttavia, doveva assolutamente andare a Stohess e capire chi avesse messo in giro quelle informazioni riservate. Era suo dovere farlo.
-Erwin, adesso basta piangere. Vedrai, tornerò presto...
Sentendo Erwin piangere, Eveline entrò timidamente in camera e Hange sollevò lo sguardo verso di lei, in cerca di aiuto.
-Forza, tesoro - disse la ragazza chinandosi vicino al piccolo - anche la mamma è triste di andare via, ma non ti preoccupare! Tornerà presto e starete tanto tempo insieme.
Il bimbo singhiozzò e si stropicciò gli occhi. Hange prese un fazzoletto dalla tasca dei pantaloni, gli asciugò il visino e gli fece soffiare il naso.
-Zia, ti prego...non farla andare via – implorò il bambino avvinghiandosi alla madre – dille di restare con noi.
Hange aveva letteralmente il cuore in frantumi. Sapeva che sarebbe arrivato il giorno in cui Erwin avrebbe sofferto la sua partenza ma non immaginava che sarebbe giunto proprio in quel momento, quando anche Levi era costretto a stare lontano da casa. Forse se lui fosse stato lì, Erwin non si sarebbe comportato in quel modo.
-Perché non vai a prendere il disegno che hai fatto per la mamma questa mattina? – disse Eveline mentre gli accarezzava la schiena – Così la mamma lo porta con sé.
Erwin si strofinò gli occhi, annuì e corse nella sua cameretta.
Nel frattempo, Hange sospirò e si asciugò gli occhi con la manica della camicia, guardando Eveline con afflizione.
-Mamma, che cosa sta succedendo? – domandò Klaus ad Eveline, facendo timidamente capolino nella stanza.
-Tranquillo, tesoro, zia Hange deve partire ed Erwin è molto triste – gli rispose lei, accarezzandogli il visino.
In quel momento, Erwin rientrò in stanza e porse un foglio tutto colorato alla madre che, intenerita, iniziò ad osservarlo.
-Questa, mamma, sei tu...- indicò il bimbo, con le lacrime che ancora gli scendevano dalle guance – questo invece è papà...e...
-E scommetto che questo qui, in mezzo, sei tu! – continuò Hange, guardando il disegno con dolcezza.
Il bimbo annuì e si gettò nuovamente tra le sue braccia. Intristita, Eveline si mise si sollevò in piedi e prese in braccio Klaus che guardava avvilito il suo amichetto.
-È bellissimo, amore mio. Lo porterò sempre con me – sussurrò Hange all'orecchio del figlio.
-Mamma...ti voglio tanto bene...tanto... - pianse Erwin, avvinghiandosi al suo collo.
-Anche io, amore mio – gli rispose Hange, con voce tremante per la commozione – Ma adesso basta piangere...su!
Hange strinse forte a sé quel corpicino così fragile e delicato. Affondò il naso nei suoi capelli e ne inspirò il buonissimo profumo che emanavano. Poi, nuovamente, gli asciugò gli occhietti e gli pulì il naso colante.
-Forza, amore della mamma! Adesso fammi un bel sorriso – gli disse accarezzandogli le guance con entrambe le guance - Non starò via molto tempo.
Erwin accennò un sorriso.
-Ecco il mio bambino! – esclamò lei facendogli il solletico al pancino.
Il bimbo iniziò a ridere e Hange lo avvicinò a sé, iniziando a far finta di mangiargli le guance. Vedendo che la l'atmosfera si era tranquillizzata, Eveline sorrise mestamente e tornò in salotto continuando a tenere il suo Klaus in braccio.
Hange riprese ad accarezzare e baciare il viso del figlio, perdendosi nella luminosità dei suoi bellissimi occhi azzurri. Sorrise intenerita e gli diede un bacio sulla punta del nasino.
-Voglio darti una cosa... - gli disse mentre di sbottonava il colletto della camicia.
Si sfilò la catenina con il suo anello nuziale e gliela mise al collo. Il bimbo l'aveva vista tante volte e i suoi occhi si illuminarono di meraviglia.
-Ricordi che cos'è? - gli chiese la madre.
-Si! - rispose lui facendo anche cenno con la testa - È l'anello che ti ha regalato papà.
-Bravissimo, amore mio. Adesso, voglio che tu lo custodisca fino al mio ritorno, intesi? Mi raccomando, non devi perderlo assolutamente! È molto importante.
Erwin strinse l'anello con la sua manina e guardò la madre con determinazione.
-Va bene, mamma!
Hange gli accarezzò il viso e gli diede un morbido bacio sulle labbra.
-Adesso ti va di aiutarmi a preparare la borsa? - gli chiese.
Il bimbo annuì, l'abbracciò di nuovo ed Hange sorrise pensando a quanto fosse dolce e coccolone.
Erwin iniziò poi a passarle gli indumenti che lei aveva posato sul letto ed Hange li sistemò velocemente nello zaino. Alla fine, piegò il disegno di Erwin e lo mise in una tasca interna al bagaglio. Seguita dal figlio come se fosse un'ombra, raggiunse poi il salotto dove ad attenderla c'erano Eveline e Klaus che stava giocando con delle costruzioni di legno.
-Tieni! - esclamò Eveline porgendole un sacchetto - Ti ho preparato qualcosa per il viaggio.
-Ti ringrazio - le rispose Hange, mettendolo all'interno dello zaino e richiudendolo con cura.
Prese il suo mantello verde con lo stemma de "Le Ali della Libertà", appeso all'appendiabiti, e lo indosso. Tutte le volte che lo vedevano, gli occhi di entrambi i bambini sbrilluccicavano come se avessero davanti il loro personaggio preferito delle favole, anche se ancora non potevano capire cosa significasse davvero.
-È il momento di andare...stando ai miei calcoli dopodomani mattina arriverò a Stohess... - disse Hange avvicinandosi verso Eveline.
La ragazza annuì a sguardo chino, e si sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
-Tornerò presto! - continuò Hange mentre l'abbracciava.
-Fai attenzione...come sempre...- le sussurrò la ragazza.
Hange annuì e poi si chinò a dare un bacio al piccolo Klaus.
-Mi raccomando, Klaus, tieni d'occhio la tua mamma ed Erwin...sei sempre tu l'ometto grande di casa! - gli disse facendogli l'occhiolino.
Klaus arrossí e sorrise timidamente, afferrando con la manina la gonna della madre.
-Adesso accompagnami fuori! - continuò Hange sollevando in braccio il figlio per nulla entusiasta del fatto che la madre se ne stesse andando.
Uscirono tutti di casa e Hange si avvicinò al cavallo, che era stato legato al cancello, vicino al muretto di cinta.
-Adesso, amore della mamma, devo andare...ricorda la promessa che mi hai fatto... - gli sussurrò accarezzandogli il viso.
Erwin, pensando all'anello, annuì e nuovamente i suoi occhi divennero lucidi.
-Ti voglio bene, mamma.
-Anche io.
Hange abbracciò nuovamente il figlio e poi lo porse ad Eveline che lo prese prontamente in braccio. Trasse un profondo respiro per farsi forza, slegò le briglie del cavallo e montò in sella.
-Ci vediamo tra qualche giorno! - disse poi con decisione, guardando tutti e tre.
-A presto! Stai tranquilla! - la rassicurò Eveline.
Hange annuì e dopo aver guardato per l'ultima volta e sorriso a suo figlio, con un forte e deciso colpo dei talloni incitò il cavallo a partire. Ogni volta che si allontanava da loro, avvertiva un dolore indescrivibile, come se la sua anima si stesse lacerando, sentimento confermato dalla grossa lacrima che lentamente stava scivolando dal suo occhio.
Erwin rimase impietrito a guardare la madre che si allontanava sempre di più. Il suo labbro inferiore iniziò a tremare e alla fine riprese di nuovo a piangere.
-Amore di zia, ma cosa ti prende? Non piangere! - lo consolò la ragazza, abbracciando forte a sé - La mamma tornerà presto!
-La mamma...la mamma deve stare qui... - singhiozzò il bimbo - diglielo zia...diglielo tu...
-Oh, tesoro...la mamma deve andare a lavoro...
-Ma io ho paura!
-Tesoro mio dolce...di cosa hai paura? Ci sono io con te... - continuò a rassicurarlo Eveline.
Erwin non le rispose e si voltò in cerca della sagoma della madre che non si vedeva già più. Le sue lacrime continuavano a scendere ininterrottamente lungo le piccole guance perché neanche lui riusciva a spiegare i timori che provava il suo animo da bambino.
-Forza, rientriamo in casa - disse Eveline continuando a tenerlo in braccio ma voltandosi verso Klaus, in pieni e a aggrappato alla sua gonna.
Il bimbo la guardò con i suoi tristi occhi verdi ed annuì, seguendola poi all'interno dell'abitazione.
Eveline chiese la porta e sospirò affranta, continuando a consolare il piccolo Erwin e pensando a quanto la mancanza di Hange riuscisse a cambiare il loro umore.
-Non ti preoccupare, tesoro. Un giorno tutto questo finirà...e la tua mamma e il tuo papà staranno sempre con noi... - gli sussurrò dopo avergli dato un bacio sulla guancia.

Offri il tuo cuore - A Levihan Story.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora