-Che cosa? Il Signor Flegel è a Città del Porto?
Armin non riuscì a credere a ciò che la segretaria del commerciante gli aveva appena comunicato. Lui e Annie erano ritornati a Stohess come se fossero stati inseguiti dal diavolo in persona e, giunti alla sede centrale della Compagnia Reeves, avevano saputo che l'uomo non era in città. Scoprire che fine avessero fatto Eveline e i bambini sembrava ormai un'impresa epica.
-Sono desolata - rispose la ragazza chinando leggermente il capo in avanti - Deve partire una nave con delle merci molto importanti e se ne voleva occupare di persona. Non ci ha comunicato per quanto starà via ma dovrebbe rientrare tra pochi giorni, visto che...
-Bene, allora andremo a Città del Porto - disse Armin senza troppa esitazione perché non voleva perdere le speranze.
Tuttavia, Annie non era della stessa opinione.
-È inutile fare tanta strada rischiando di non trovarlo - disse incrociando le braccia - Conviene restare in città e attendere il suo ritorno.
-Non appena sarà qui gli comunicherò che lo cercate - aggiunse la segretaria mentre scriveva una nota sulla sua agenda - Anche se i giornali non hanno fatto menzione che voi siete eldiani, io...io so che voi siete originari di quest'isola...
La ragazza sollevò lo sguardo, incontrando quello sorpreso di Armin.
-È difficile dimenticare cosa è accaduto tre anni fa - continuò con espressione nostalgica - Mio padre era un membro dell'Esercito, un ufficiale del corpo di Guardigione...e un giorno ero con lui quando stavate lasciando la città per affrontare una delle vostre spedizioni oltre le Mura. Conosco i vostri volti.
-Parla come se non fosse più qui... - notò Armin.
-Infatti lui è morto. Fu uno dei tanti ufficiali a non scendere a compromessi con gli jaegeristi e per questo fu trasformato in Gigante.
In quell'istante, Armin ricordò quell'episodio dove anche il comandante Pixis perse la vita trasformandosi in un Gigante. L'anziano ufficiale, assieme ad altri membri dell'Esercito, avevano bevuto il famoso vino marleiano contenente il liquido spinale di Zeke Jeager, proprio come accadde agli uomini di Levi nella Foresta degli Alberi Giganti. Quei militari furono ricattati dagli jaegeristi affinché rivelassero il luogo in cui era stato nascosto il fratello di Eren ma non appena questo fu liberato, raggiunta Shiganshina ormai diventata nuovamente un campo di battaglia, li trasformò in Giganti con un solo urlo. Armin e gli altri membri della Squadra di Ricerca furono costretti a uccidere i loro stessi colleghi per evitare che questi divorassero ogni forma di vita umana che avrebbero incontrato. Lui stesso uccise il Comandante Pixis. Il ricordo gli procurò una forte stretta al cuore.
-Mi dispiace... - sussurrò affranto, pensando che molto probabilmente deve aver ucciso anche suo padre.
La ragazza sorrise lievemente e chinò il capo.
-Ormai è passato - rispose con serenità - l'importante è che ora ci sia la pace. Io...io credo...che il mondo è grande abbastanza per poter vivere tutti insieme, senza conflitti.
Dopo di ciò, Armin e Annie la ringraziarono e lasciarono la sede della compagnia mercantile.
Annie si sistemò un ciuffo dei capelli e sollevò gli occhi verso il cielo limpido e soleggiato.
Sebbene fosse una splendida giornata, mentre cavalcavano verso il Quartier Generale, Armin aveva lo sguardo chino e afflitto. Molte persone passeggiavano lungo i marciapiedi oppure commentavano tra di loro le ultime notizie in circolazione. Alcuni ragazzetti vendevano i giornali urlando il titolo dell'articolo in prima pagina e, con sorpresa, Annie notò che c'erano dei chioschi dove si vendeva il gelato, un alimento che, più di tre anni fa sull'isola, era inesistente sull'isola. Anche se il progresso e la tecnologia avevano preso piede a Paradis, si accorse che erano in pochi coloro che si potevano permettere di avere un automobile, nonostante Stohess fosse una delle città più ricche del Regno. Le carrozze, i carri e i cavalli erano ancora i mezzi di locomozione più utilizzati dai popolani o dai borghesi benestanti. Con la coda dell'occhio guardò poi Armin che aveva ancora il volto serio e pensieroso.
-Armin...lo troveremo...- gli disse interrompendo i pensieri pessimisti del ragazzo.
Armin sbuffò rumorosamente e strinse le briglie del cavallo.
-Dimmi, Annie: perché ho perso così tanto tempo prima di venire a cercarlo? - le chiese senza guardarla, con gli occhi persi nel vuoto.
-La Marcia dei Colossali e la guerra avevano distrutto tutto - gli rispose lei - Come saresti dovuto tornare? A nuoto?
-Si, forse avrei dovuto. Avrei dovuto...
-La guerra è stata terribile per tutti! - sbottò Annie, infastidita - Anche tu sei stato una vittima di essa, non te ne rendi conto? Hai assistito alla morte di Sasha, di Hange e soprattutto di Eren. Anche tu hai dovuto metabolizzare numerosi lutti e non hai colpa se hai deciso di pensare un po' a te stesso. Nessuno è immune al dolore e l'hai visto ogni giorno, quando hai scoperto che anche il fantomatico "uomo più forte al servizio dell'umanità" può rimanerne schiacciato.
Armin arrestò il cavallo: ogni singola parola di Annie erano come un pugno allo stomaco. Facevano male ma descrivano la verità. Se esistesse un dio, solo lui saprebbe quante volte si era dovuto nascondere in un angolo della casa, al buio, per tentare di soffocare i gemiti di dolore e di disperazione per aver assistito impotente alla morte di Hange; per non essere riuscito a salvare Eren da ciò che era destinato a compiere; per aver visto Mikasa e Levi diventare ombre di sé stessi per aver perso l'amore della loro vita per sempre. Solo lui sapeva quanto aveva sofferto, quanto gli era costato ritrovare la forza per andare avanti e cercare di aiutare chi non ce la stava facendo. Tuttavia, ora che era finalmente in piedi e aveva ritrovato un barlume di speranza grazie anche al sentimento che provava per Annie, doveva assolutamente recuperare il tempo perduto e ritrovare gli altri membri della sua famiglia. Perché questo erano per lui Erwin, Eveline e Klaus.
Mentre rifletteva su questo, una forte folata di vento gli fece volare via il cappello, facendolo cadere sul marciapiede alla sua destra. Una bambina lasciò la mano della madre, corse a raccoglierlo e, con un bel sorriso sulle labbra, glielo riconsegnò.
-Le è caduto questo, signore - disse educatamente, porgendoglielo.
Armin le sorrise e si piego sul lato per prenderlo.
-Grazie! - le disse con gentilezza.
La bambina sorrise nuovamente e, saltellando, ritornò ad afferrare la mano della madre.
Annie voltò il cavallo e si posizionò accanto a lui, alla sua sinistra.
-Va tutto bene? - gli domandò.
Con dei piccoli colpetti con le dita, Armin pulì il cappello.
-Si - sospirò.
A quel punto, come se fosse stato guidato dalla mano del Destino, sollevò i suoi grandi occhi azzurri e incomincio a osservare la gente che passeggiava su entrambi i marciapiedi del viale. All'improvviso, la sua attenzione venne catturata dal pianto di un bambino. Piangeva perché gli era caduto per terra il gelato e la madre cercava di calmarlo promettendogli che gliene avrebbe comprato un altro. Poi, più lontano, a pochi metri da loro, il suo sguardo si soffermò sul lato destro del viale in particolare su una donna, ferma sul marcipiede ad un incrocio, che indossava un lungo abito bianco. Non riuscì a distinguerne il volto perché era di spalle e si proteggeva dal sole con un ombrello parasole. Con la mano libera dondolava un passeggino decisamente più grande rispetto a quelli normali.
-Che c'è? - domandò Annie, guardandolo con circospezione.
Armin non badò minimamente alle sue parole e restò a osservare la donna. Stranamente, il cuore iniziò a battergli come un tamburo non appena un bambino dai biondi capelli ricci di circa 8 anni, le si avvicinò. Sorrideva e le tirava ripetutamente la la gonna. Sembrava che le stesse raccontando qualcosa. Subito dopo, un uomo alto, dai modi e dagli abiti distinti, li raggiunse. La mano destra stringeva un giornale. Poi notò che la mano sinistra stringeva la mano di un altro bambino. Non l'aveva notato prima perché era nascosto dalla sua figura.
Con il fiato sospeso, Armin diede un colpo di talloni ai fianchi del cavallo e avanzò lentamente verso la loro direzione mentre Annie lo fissava con espressione confusa. Ad ogni passo del cavallo, il cuore gli batteva come un tamburo impazzito: aveva già visto quell'uomo, ma dove? Poi, finalmente riuscì a scorgere il visino del bambino a cui stava stringendo la mano. Impallidì.
Scese dal subito da cavallo e ignaro di ogni conseguenza si fondò su quel bambino e lo abbracciò. La donna emise un verso di sgomento mentre l'uomo, prima di aggredirlo, si rese conto che Armin stava piangendo.
-Erwin! Erwin! Finalmente ti ho trovato! - singhiozzava quest'ultimo stringendo il bambino a sé.
-Signore, siete forse impazzito? - disse l'uomo.
La gente iniziò a guardarli con curiosità e Annie, preoccupata, corse in suo aiuto prima che qualcuno potesse chiamare la Gendarmeria.
L'uomo stava per afferrarlo per la giacca ma la ragazza lo fermò afferrandogli subito il braccio.
-A-Armin... - disse pallida e tremante.
L'uomo si paralizzò mentre Armin continuava a stringere a sé quel fragile corpicino. Gli accarezzò il viso con entrambe le mani: due grandi occhi azzurri lo guardavano esterrefatti; i capelli erano corti e nerissimi e i lineamenti erano dolci e delicati. Non c'erano dubbi: era proprio Erwin e per fortuna sembrava essere forte e in salute.
A questo punto, Armin iniziò a ridere istericamente.
-Mamma, che cosa sta succedendo? - domandò l'altro bambino, aggrappandosi alla gonna della madre.
Armin si asciugò le lacrime con un braccio e non appena si mise in piedi, la ragazza, dopo aver fatto cadere per terra il suo ombrello, lo abbracciò.
-Armin! Armin! Buon dio, sei proprio tu! - esclamò piangendo.
-Oh, Eveline, sono proprio io...- rispose Armin, commosso, appoggiando la fronte sulla sua spalla.
Franz, Klaus, Erwin e Annie osservavano la scena con espressione confusa.
Si, era proprio Eveline, bellissima e graziosa come la ricordava.
-Pensavamo che foste tutti morti! - singhiozzò lei.
Dopo qualche secondo, Franz ricordò chi fosse quel ragazzo e il suo cuore iniziò a battere come un tamburo per la gioia.
-Bambini, venite qui - disse con tono rassicurante, chinandosi sulle ginocchia e facendo cenno ai bambini di avvicinarsi a lui - Questo ragazzo è vostro zio Armin. Eravate ancora molto piccoli quando lui è partito e forse non lo ricordate.
Erwin abbassò lo sguardo e il suo viso di intristì mentre Klaus continuava a guardare sua madre con vivace curiosità.
Annie tirò un sospiro di sollievo e si passò una mano tra i capelli, scuotendo il capo. Ciò che era accaduto era un vero miracolo. Poi, incuriosita, sbirciò all'interno della carrozzina. Al suo interno, dormivano beatamente due piccoli gemellini, un maschietto e una femminuccia. Riuscì a distinguerli perché indossavano delle tutine di colore diverso, come dettava la moda, e sembrava che avessero più di sei mesi. Sul suo volto apparve un sorriso intenerito.
-Dimmi, Armin, perché non siete tornati subito dopo la guerra? Dove sono gli altri? E Hange? Dove sono Hange e Levi? Perché? Perché siete spariti?
Eveline lo stava letteralmente inondando di domande ma Franz intervenne, notando lo sguardo del ragazzo perso nel vuoto.
-Cara, torniamo a casa - disse afferrandole una mano - Non credo che questo sia il luogo adatto.
-Ha ragione - aggiunse subito Annie, rivolgendosi ad Armin.
Franz sfilò un fazzolezzo dalla tasca e asciugò le lacrime di Eveline, cercando di tranquillizzarla mentre Annie trascinò Armin verso i solo cavalli, seguiti dallo sguardo di Klaus.
-Tu...tu ti ricordi di questa persona? - domandò poi quest'ultimo a Erwin.
Erwin abbassò lo sguardo intristito.
-Un po' - rispose.
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Offri il tuo cuore - A Levihan Story.
FanfictionAmmetto di essere in ritardo ma, come molti, sono rimasta estremamente colpita dal personaggio di Hanji/Hange Zoe dell'anime e manga di Hajime Isayama noto come "Attacco dei Giganti" . Ovviamente ho letto molte storie che fantasticavano di una ipot...