Insubordinazione

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Hange raggiunse Stohess nella serata del giorno dopo, dopo aver fatto una breve tappa alla Fortezza degli Esploratori per cambiare cavallo e riposare un paio di ore. Giunta in città, al Quartier Generale trovò Armin ad attenderla in cortile, come se avesse previsto il suo imminente arrivo.
-Sentivo che saresti arrivata - le disse guardandola con serietà dopo essersi offerto di sistemarle il cavallo nella stalla - ciò che è successo non poteva restarti indifferente...del resto, le notizie sono volate prima della mia lettera...
-Mi do una sistemata e poi voglio che tu venga nel mio alloggio esattamente tra mezz'ora - gli rispose Hange stravolta dalla lunga cavalcata.
Anche se era molto stanca per il viaggio, doveva assolutamente capire cosa stava accadendo e solo lui poteva spiegarle con chiarezza come erano andate le cose. Ormai, Armin era il suo braccio destro in tutto e per tutto.
Puntualissimo, il ragazzo bussò alla porta del suo alloggio mentre lei era ancora in accappatoio ma gli diede lo stesso il consenso di entrare. Mentre lui si accomodava su una sedia, Hange ritornò in bagno per continuare ad asciugarsi.
-Parla pure, ti ascolto...- gli disse mentre si frizionava energicamente i capelli con un asciugamano.
-Anche se è stata dura, ho individuato coloro che hanno diffuso volontariamente quelle notizie ai giornalisti - iniziò Armin con espressione stanca: evidentemente anche lui aveva dormito poco in quei giorni.
-Coloro? - notò Hange, aggrottando la fronte e fermandosi per qualche istante - Quindi non è stata una sola persona.
-No. In effetti era da molto che li tenevo d'occhio...le loro conversazioni erano ambigue e il loro modo di agire si discosta notevolmente dal nostro modo di operare e di pensare - continuò il ragazzo, con i suoi grandi occhi azzurri persi nel vuoto mentre Hange, sempre in bagno, indossava la biancheria intima - così ho domandato al loro capo se sapeva qualcosa a riguardo e lui ha confessato tutto come se nulla fosse...come se non stesse attendendo altro...mi sono sentito in dovere di avvisare il Comandante Pixis e lui li ha già posti in arresto...
-Di chi stai parlando? Avanti, Armin: sputa il rospo! - esclamò Hange, indossando il pantalone del pigiama.
Armin sospirò rammaricato e dall'espressione sul suo viso si poteva intuire quanto fosse amareggiato per la situazione. Conosceva Hange e sapeva che, per quanto riguardava la regola e la disciplina militare, poteva essere una Comandante severa e inflessibile.
-È stato Floch - disse quindi lapidario - assieme ad altri membri della sua squadra che sono perlopiù giovani reclute.
Hange spalancò gli occhi e rimase senza fiato come se avesse ricevuto un pugno nello stomaco. Mai e poi mai avrebbe pensato che qualcuno dei suoi potesse tradire il segreto militare come se fossero un gruppo di pettegole che si incontravano al mercato rionale. Non riusciva a credere a ciò che aveva appena udito e provava un incommensurabile senso di delusione.
Non udendo nessun suono provenire dal bagno, Armin le chiese se andava tutto bene.
-Si...- rispose come se avesse un nodo alla gola - Anzi, no! Com'è possibile? Sono impazziti?
Armin si massaggiò gli occhi con entrambe le mani e si piegò in avanti, sulle ginocchia, fissando il vuoto.
-A quanto pare, loro sono favorevoli a ciò che ha fatto Eren a Marley...per loro è stato un atto di forza che ha mostrato al mondo intero la vera potenza di Paradis e che terrà tutti i nemici lontani - spiegò.
-Lontani? - ripeté Hange mentre di abbottonava nervosamente la camicia del pigiama - Siamo come un cane che ringhia davanti un leone ferito che, non appena potrà, si alzerà e ci ridurrà a brandelli. Abbiamo i giorni contati e nessuno riesce a capirlo! E tutto questo solo perché io ho deciso di riportare Eren a casa...a costo di molte vite...
Armin assunse un'espressione afflitta e si riposò allo schienale della sedia.
-Inoltre il Comandante Pixis pensa che in tutto questo ci sia lo zampino di Yelena e dei Volontari Antimarleiani...per questo i membri più importanti sono tenuti prigionieri e separati... - aggiunse lui.
-Dov'è Onyankopon?
-Lo tengono in arresto in una piccola abitazione in campagna, all'interno del Wall Rose - le rispose Armin mentre la sua attenzione cadde sul foglio piegato che Hange aveva lasciato sul comodino - È sorvegliato a vista, giorno e notte, da alcuni uomini della Gendarmeria. Yelena invece si trova in una fortezza appartenente al Corpo di Guarnigione e il Comandante Pixis la sta interrogando di persona, incessantemente. Nonostante ciò, pare che non abbia scoperto nulla di nuovo.
Allungò la mano verso di esso e, incurante di ogni riservatezza, lo aprì. Sulle sue labbra apparve un sorriso intenerito.
-Quel vecchio briccone ne approfitta per starsene con una bella ragazza... - ridacchiò Hange.
Subito dopo uscì dal bagno con l'asciugamano in testa e lo vide con il disegno di Erwin tra le mani.
-Si...è un disegno di Erwin...- gli spiegò con amarezza - Me l'ha dato poco prima di partire.
-Che dolce...mi manca tanto - le confessò il ragazzo mentre continuava a guardare il disegno ricordando i momenti trascorsi insieme - mi sembra ieri quando è nato. Come stanno i bambini?
-Stanno bene...sono sempre i soliti monelli anche se Erwin, prima che io partissi, ha iniziato a piangere come non aveva mai fatto...è stato davvero straziante lasciarlo in quello stato...- gli confidò Hange con tristezza mentre continuava a tamponarsi i capelli.
-Mi dispiace...del resto...il fatto che il Capitano sia così lontano non aiuta nemmeno - rifletté Armin, grattandosi la fronte.
-Lo so, ma Levi è l'unico che può tenere d'occhio Zeke...anche se adesso c'è Erwin nelle nostre vite, non possiamo e non dobbiamo dimenticare qual è il nostro dovere...il motivo per cui abbiamo offerto i nostri cuori...
Armin abbassò lo sguardo, pensieroso, riflettendo su quanto, tutti loro, stessero sacrificando per inseguire quel sogno fatto di speranza, libertà e pace. La sua stessa vita, anno dopo anno, si stava assottigliando a causa del potere del Gigante Colossale che aveva ereditato per continuare a raggiungere il loro scopo.
-Mi domando se un giorno potrò rivederli - disse poi con voce tremante riferendosi ai bambini, tuttavia nella sua mente apparve la figura di Annie rinchiusa nel suo bozzolo indistruttibile.
-Non temere - sogghignò Hange - Eveline racconta loro sempre di voi e Erwin è molto legato alle foto che abbiamo scattato insieme dove ci siete anche tu, Connie e...
-Sasha...
-Si...ma non abbiamo avuto il cuore di dire loro che lei non c'è più...piuttosto, come stanno invece Connie e Mikasa? - gli domandò Hange, con i capelli ancora tutti scompigliati.
-Connie va avanti...ci prova, grazie anche a Jean che non lo lascia mai da solo...in realtà quella che mi preoccupa di più è Mikasa: oltre a perdere la sua unica amica, ha perso anche Eren anche se continua a difenderlo. Cerca di fare la dura ma so che sta soffrendo immensamente per colpa sua e del suo atteggiamento strafottente. È incredibile come la vita possa cambiare una persona...non sembra più nemmeno lui...e non ne capisco il motivo.
Armin si alzò in piedi e posò il disegno di Erwin sul comodino, dove l'aveva preso. Hange gli si avvicinò e gli sollevò il viso per incontrare il suo sguardo. Nonostante fosse visibilmente cresciuto Armin era sempre rimasto qualche centimetro più basso di lei, tuttavia rimaneva comunque davvero un bel ragazzo. Quando lo vedeva, grazie anche al suo atteggiamento educato e gentile, le venivano in mente i principi delle favole che raccontava sempre al suo bambino per farlo addormentare.
-Questa guerra ci ha cambiati tutti...anche tu non sei più il ragazzino timido e insicuro di quattro anni fa - gli disse con dolcezza accarezzandogli poi il viso.
Armin la guardò commosso soffermandosi sulla cicatrice la cui ferita le aveva comportato la perdita dell'occhio sinistro.
-Se è davvero così, è solo merito tuo e dei tuoi insegnamenti - le rispose con sentita riconoscenza - Senza di te, io...io sarei nulla...
Hange gli sorrise e lo abbracciò forte, come non faceva da ormai tanto tempo. Armin trasse un profondo respiro, respirando a pieni polmoni il buon profumo mentolato che emanavano i suoi indumenti.
-Non temere. Domani cercherò di risolvere questo casino - gli disse poi lei accarezzandogli i folti e morbidi capelli biondi - Adesso vai pure a riposare...domani riunisci quegl'idioti e attendi il mio arrivo...
Armin annuì e, a malincuore, si staccò da quell'abbraccio che riusciva sempre a infondergli pace. Era cresciuto senza genitori e anche se suo nonno era stato molto attento e affettuoso, fino ad allora non aveva mai saputo cosa si provava ad abbracciare una donna per cui nutriva un sentimento di candido affetto, senza doppi fini. Più che una madre, Armin considerava Hange come la sorella maggiore che non aveva mai avuto e provava per lei un sentimento davvero puro e sincero. Le voleva davvero bene, anche se non gliel'aveva mai detto esplicitamente e per lui, non era solo la sua Comandante ma un membro importantissimo della sua vita.
-Buonanotte - le disse.
Hange accennò un sorriso e gli diede un affettuoso bacio sulla guancia, dopodiché il ragazzo la lasciò sola in camera per dirigersi nel suo alloggio. Prese poi una spazzola e si pettinò i capelli, cercando di districarne i nodi il meno dolorosamente possibile. Terminato ciò, la posò sul comodino proprio vicino al disegno del suo bambino. Si sedette sul letto e lo prese, guardando con commozione le colorate figure stilizzate di lui, Levi e lei. Ridacchiò nel notare che Levi era un po' più piccolo di lei a causa sicuramente della sua statura ma, nonostante ciò, gli occhi le si gonfiarono di lacrime al ricordo delle sue implorazioni, della sua vocina rotta dal pianto disperato. Addolorata, capì che il suo cuore di madre era in entrato in conflitto con il suo ruolo di Comandante del Corpo di Ricerca.
-Un giorno...mi perdonerai...
Una lacrima scivolò rapidamente lungo la guancia e cadde proprio sul disegno. Temendo di rovinarlo, si asciugò subito gli occhi con la manica del pigiama e ripiegò il foglio, ponendolo sul comodino. Spense la lampada ad olio e si stese sul letto provando dolore lungo tutto il corpo, come se ogni singolo osso fosse scricchiolato a causa di quel movimento. Quanto avrebbe dato per stare tra le forti braccia di Levi, sentire le sue dita che le accarezzavano con delicatezza il viso, le sue labbra sfiorare le sue, la sua voce calda e profonda che le sussurravano parole d'amore, cosa di cui si sentiva immensamente onorata conoscendo la difficoltà che lui aveva nell'esprimere i suoi sentimenti. Eppure, quando erano in intimità, Levi sapeva dolce, affettuoso, protettivo e sensibile, semplicemente perfetto ed era qualcosa che le riempiva l'animo di gioia. Solo con lei e con il loro bambino era riuscito ad aprire il suo cuore. Sospirò e chiuse gli occhi portando la mano al petto alla ricerca della sua fede nuziale ma, non trovandola, sussultò spaventata. Poi, subito dopo, ricordò che l'aveva lasciata ad Erwin e si tranquillizzò. Trasse un profondo respiro e si avvolse nelle lenzuola.
-Buonanotte, Levi...buonanotte stellina mia... - sussurrò poco prima di chiudere gli occhi e addormentarsi con l'immagine dei loro volti nella mente e nel cuore.
Il mattino seguente, sicuramente a causa della stanchezza, si sveglio un po' tardi. Infatti, si vestì in fretta e furia, si legò i capelli al solito modo e poi indossò l'impermeabile della divisa. Mentre lo abbottonava, vide il disegno di Erwin piegato sul comodino. Sorrise intenerita e lo mise dentro una tasca interna dell'indumento, vicino al cuore, come se fosse un portafortuna. Dopodiché, a passo svelto, si diresse al Quartier Generale dell'Esercito, non poco distante dalla base dei Ricercatori. Mentre di avvicinava si accorse che davanti ai cancelli, chiusi per sicurezza, c'erano una ventina di personaggi che non sembravano avere un atteggiamento pacifico e li sentiva inveire contro la guardia. Con sorpresa notò che fra di loro c'era Flegel Reeves e i giornalisti del "Berg Newspapers" che conosceva, assieme ad altri mercanti. Tra di loro riconobbe anche Peaure e il signor Roy, il direttore della rivista: li conosceva bene, visto che fu proprio lei a denunciare loro la corruzione del governo precedente, prima che Historia salisse al trono. Vedendola arrivare, l'accerchiarono immediatamente iniziando a tartassarla con mille domande. Il fatto che Flegel fosse lì la irritò non poco dato che lei era pur sempre il suo Spettro nonché la mente della Compagnia Reeves e che quindi poteva chiederle qualunque cosa in privato. Non riusciva a capire cosa gli stesse saltando in mente.
-Hange! Ho appena saputo che gli abitanti di Shiganshina hanno ricevuto l'ordine di evacuare il Distretto! - le disse l'uomo, visibilmente allarmato - Che cosa sta succedendo? Siete stati proprio voi a concedere alla Compagnia Reeves la ricostruzione...
-Ci confermi che i Volontari Antimarleiani sono stati arrestati? - le domandò subito Peaure, uno dei giovani giornalisti del "Berg Newspapers" pronto a prendere nota sul suo taccuino.
-È vero che Eren Yeager, colui che ha condotto Eldia alla vittoria, è stato arrestato? - aggiunse immediatamente il signor Roy, senza darle nemmeno il tempo di rispondere alle precedenti domande.
Nonostante fossero tutte persone di sua conoscenza, Hange era in preda alla rabbia, frustrazione e rammarico perché non poteva rivelare ulteriori informazioni riguardo ai piani dell'Esercito dato che tutto questo era solo per il bene e la salvezza del Regno.
-Non sta a me rispondere! - sbottò infastidita, cercando di farsi strada verso il cancello - Chiedete alla Gendarmeria!
Ma la pioggia di domande non cessò e per giunta le stavano intralciando il cammino.
-Toglietevi di mezzo! Fatemi passare! - esclamò rabbiosa.
A quel punto, Peaure si frappose tra lei e il cancello, impedendole di varcarlo. Il giovane giornalista del "Berg Newspapers" ricordò quella volta in cui lei apparve come un fantasma nel suo ufficio per convincerli a ritirare le accuse pubblicate contro il Corpo di Ricerca. Nonostante lo spavento, rimase colpito da quegli occhi fermi e sicuri propri di chi non ha paura di dire la verità ed è per questo che convinse il signor Roy a passare dalla loro parte. Adesso però non riusciva a capire cosa stava succedendo e il non poter sapere lo inquietava.
-Hange! Quattro anni fa avete rivelato la verità a noi, al popolo delle Mura, dicendoci che i veri nemici sono gli altri umani di tutto il mondo e che noi siamo in realtà i Giganti. Tuttavia, la vittoria di Yaeger ci ha aperto un nuovo futuro...un futuro in cui gli eldiani sopravvivono - le disse guardandola dritta negli occhi - Quindi tutto ciò che sta accadendo tra il Corpo di Ricerca e Yaeger è una questione che riguarda anche noi e vogliamo sapere cosa sta accadendo!
Hange sbuffò, e serrò la mascella. In quel momento le si affiancò il signor Roy.
-Ehi, Hange, tu stessa mi dicesti che il popolo ha bisogno di sapere la verità - le disse l'anziano uomo, con tono pacato ma affranto - Hai forse cambiato idea?
Non aveva cambiato idea e il fatto di dover tenere la bocca chiusa le dava fastidio e le dava fastidio il fatto che nessuno di loro si stava mettendo nei suoi panni. Oltre alla salvezza del popolo di Paradis, c'era in mezzo la felicità di suo figlio, il suo futuro.
-Togliti! E tu apri questo dannatissimo cancello - esclamò infuriata spostando con forza Peaure e rivolgendosi alla guardia - Ora che abbiamo varcato le Mura e siamo connessi al mondo, la situazione è cambiata!
-Hange...
Riconoscendo la voce di Flegel provenire da dietro le sue spalle, si fermò e attese che la guardia la facesse entrare ma non si voltò.
-Capisco...io capisco che sei in una situazione difficile - continuò a dirle con sicurezza - Quindi guardami negli occhi e dimmi che mi posso fidare...
Hange conosceva Flegel: anche se nel corso degli anni era cambiato, restava comunque un uomo molto insicuro e timoroso soprattutto se ci andavano di mezzo la sua Compagnia di mercanti e la sua famiglia. Inspirò profondamente e si voltò, guardandolo dritto negli occhi.
-Posso solo dirvi che tutto questo è per il bene del popolo eldiano - gli rispose senza vacillare mentre gli altri ascoltavano senza muovere un solo muscolo.
I due si guardarono per pochissimi istanti ma a Flegel bastarono per capire che Hange aveva in mente qualcosa e che, se davvero stava succedendo qualcosa, era per il bene di tutti. Per cui rimase lì e non le chiese altro, pensando che avrebbe chiarito con lei non appena ne avrebbe avuto l'occasione.
Hange riuscì a varcare i cancelli e la piccola folla si disperse autonomamente.
Con l'animo in pena, si diresse all'interno del Palazzo e un gendarme le comunicò che i suoi uomini l'attendevano già da un po' in una sala al primo piano. La raggiunse e, prima di entrare, si fermò davanti alla porta. Sospirò e raccolse le forze per affrontare la situazione con fermezza e lucidità. Afferrò la maniglia ed entrò, interrompendo il discorso animato che c'era tra loro.
All'interno della stanza c'erano Armin, Mikasa, Jean e Connie, alcuni gendarmi e alcuni uomini del suo Corpo. Seduti su delle sedie proprio di fronte a lei come se fossero in attesa di essere processati, c'erano quattro dei suoi ragazzi, di cui una ragazza. Indossavano gli abiti borghesi e li riconobbe tutti, in particolare Floch, che aveva una posa sicura e tranquilla nonostante la situazione fosse decisamente complicata e a loro sfavore. Non aveva tempo per i convenevoli ed era molto, molto delusa e amareggiata.
-Quindi siete stati voi a far trapelare le informazioni su Eren - iniziò a dire guardandoli uno per uno - Holger...Wim...Louise...voi reclute e poi Floch...
I ragazzi non le risposero. Afferrò quindi una sedia e si sedette di fronte a loro, come per mettersi al loro livello.
-Adesso, spiegatemi il perché... - disse loro.
-Il motivo è perché Eren deve essere liberato! - le rispose Floch.
Hange inarcò un sopracciglio: se lui si faceva portavoce anche degli altri tre, a quanto pare era davvero la mente del gruppo proprio come aveva intuito Armin.
-Lui non ha fatto nulla di male - continuò il ragazzo, guardandola negli occhi, senza provare alcun timore nonostante lei fosse la sua Comandante - Lui ha affrontato un nemico infinitamente più grande e ha vinto. Questa vittoria consiste nell'enorme potere del "Marcia dei Colossali" che ci garantisce il diritto di vivere. Eren ha davvero salvato le vite di tutto il popolo del rinato Impero di Eldia.
Hange non riusciva a credere a ciò che stava sentendi ma non gli diede la soddisfazione di mostrargli la sua indignazione o rabbia.
-Ti ricordo che questa vittoria farà sì che gli eserciti di tutto il mondo ingaggino una guerra spietata contro questa minuscola isola! Questa eventualità non minaccia per caso il nostro diritto alla vita? - gli disse.
-La "Marcia dei Colossali" serve a scongiurare proprio questa evenienza! Serve a proteggerci! - insistette il ragazzo.
-Come ho detto molte volte, non ci sono garanzie che la "Marcia dei Colossali" funzioni come pensiamo e che ci salverà...questo perché voi vi state soffermando sulle delle informazioni che vi ha fornito qualcun altro... - suppose Hange.
-Questo perché state tenendo Eren in prigione! - ribattè subito Floch - Comandante, le ricordo che non abbiamo tempo da perdere in questo modo e così sprecherete la vittoria che abbiamo ottenuto...ci penserà Eren a guidare questa nazione, quindi liberatelo immediatamente!
Hange avrebbe voluto prenderlo a calci in faccia: nessuno poteva permetterle di darle ordini in quel modo! Se in quella stanza fosse stato presente anche Levi, gli avrebbe fatto saltare i denti al primo segnale di insubordinazione. Tuttavia, continuò a mantenere la calma nonostante fosse tesa come una corda di violino.
-Sai...forse potresti avere ragione...- gli rispose con sguardo chino, dopo aver riflettuto per qualche istante - del resto io ho preso la decisione ufficiale di seguire il piano di Zeke quindi la responsabilità di tutto è mia...
Dopodiché la sua espressione divenne sicura e ferma e lo guardò dritto negli occhi.
-Proprio per questo non vi sarà permesso di fare di testa vostra - aggiunse con un filo di rabbia - Sarete processati per aver divulgato le informazioni su Eren!
I ragazzi la guardarono senza manifestare stupore o pentimento.
-Portateli nelle loro celle! - ordinò infine ai suoi.
Jean si avvicinò a Floch e questo si alzò per seguirlo. Anche Mikasa, Connie e Armin si avvicinarono alle altre reclute per condurli nei Sotterranei mentre gli altri uomini abbandonavano la stanza.
-Se questo servirà alla vittoria del popolo delle Mura...con molto piacere! - le disse infine Floch, per provocarla, poco prima di essere condotto fuori da Jean.
Hange rimase ancora seduta a fissare le sedie vuote di fronte a lei, con le spalle piegate in avanti come se gravasse un grosso peso su di esse. Stranamente, le tornarono in mente le parole del gendarme che, anni addietro, torturò assieme a Levi per scoprire perché il Reverendo Nick era stato brutalmente torturati e infine assassinato: "Anche se qualcuno smette di interpretare un certo ruolo, ci sarà sempre un altro pronto a prendere il suo posto. Buona fortuna, Hanji!"
Quelle parole riecheggiavano nella sua mente come una se fossero una maledizione e forse lo era davvero visto che involontariamente si stava ritrovando a difendere con tutta sé stessa una causa a cui non tutti credevano. Si sentiva triste, afflitta, impotente e tutto questo solo perché voleva dare a suo figlio un futuro migliore, più bello, dove non esistevano la guerra e la paura. Un futuro che voleva che appartenesse a tutto il popolo eldiano. La guerra e la violenza non potevano essere le soluzioni ai loro problemi. Era stanca, stanca di tutto soprattutto di quelle catene che la tenevano inchiodata al suo dovere. Strinse i denti e si mise le mani tra i capelli come se stesse per avere una crisi di nervi. Avrebbe voluto urlare a squarcia gola, prendere a calci le sedie e ridurle in mille pezzi ma cercò di trattenersi, scaricando la rabbia con un sonoro sospiro.
-Sono stanca...molto stanca...- sussurrò tra sé cercando di trattenere le lacrime.
Avrebbe voluto mollare tutto, mandare tutti al diavolo e tornare a casa dal suo bambino che l'aspettava, tenerlo stretto tra le sue braccia, sentire le sue risate e riempire di baci le sue morbide guance. Ma non poteva, perché adesso c'era in gioco anche il suo istinto di scienziata dato che in tutta quella faccenda c'era qualcosa che non le quadrava. Inoltre c'era anche Levi, nella Foresta degli Alberi Giganti, che attendeva ordini e non poteva abbandonarlo a sé stesso. Doveva continuare ad andare avanti, anche se quelle catene erano diventate insopportabili.
-No...- borbottò infine con decisione - Devo fare delle ricerche!
Si diresse verso l'uscita della stanza per raggiungere l'unica persona che avrebbe potuto toglierle qualche dubbio e che era tenuta prigioniera in una piccola casa in campagna non molto lontana da Stohess.

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