Ormai erano trascorse poco più di tre settimane da quando Levi e i suoi uomini erano nella Foresta degli Alberi Giganti a sorvegliare Zeke che, malgrado tutto, sembrava comportarsi in modo tranquillo senza creare ulteriori grattacapi. Mangiava i pasti che si potevano preparare, senza pretendere altro; si sgranchiva le gambe andando al fiume per lavarsi oppure passava il tempo a leggere davanti al fuoco l'unico libro che gli era stato concesso, sempre ben sorvegliato a vista. Nonostante il risentimento dei soldati, il fratellastro di Eren cercava di intavolare qualche discorso con loro a cui, principalmente per rompere la noia, partecipava spesso lo stesso Levi anche se, tutte le volte che lo guardava, si poteva intuire chiaramente quanto bramasse farlo a pezzi.
Quel pomeriggio Levi se ne stava a sorseggiare il suo solito tè, seduto su di un tronco davanti ad uno dei fuochi allestiti nel campo, chiacchierando assieme ad alcuni dei suoi soldati quando qualcosa in lontananza catturò la sua attenzione: era la sagoma di una persona che si avvicinava lentamente verso di loro.
-Ehi, chi diavolo è quello? - brontolò dopo aver mandato giù un sorso della bevanda ma nessuno gli rispose, troppo intenti a ridere per una battuta squallida tra di loro.
Man mano che si avvicinava, Levi si rese conto che l'individuo era avvolto da uno mantello nero come la notte. La cosa gli sembrò alquanto sospetta visto che tutti indossavano la divisa del Corpo di Ricerca, per cui pensò che doveva trattarsi del messaggero inviato segretamente dai vertici per dargli qualche informazione sul da farsi.
Non appena si avvicinò di più, il tizio si abbassò il cappuccio, mostrando il suo volto di ragazzo di oltre vent'anni. Levi aggrottò la fronte: non gli parve di non averlo mai visto prima di allora e, nonostante lo stesse guardando, il ragazzo non si identificò. Stranamente, a nessuno dei suoi uomini sembrava importare o incuriosire l'arrivo di quel giovane uomo, come se fosse sempre appartenuto al gruppo, e quindi continuavano a bere o a ridere e scherzare come se nulla fosse, come se lui fosse visibile solo ai suoi occhi. La cosa era decisamente singolare e un po' inquietante.
Ora che ci faceva caso, notò che gli abiti che il tizio indossava erano molto strani; così strani che non sembravano appartenere alla moda di Paradis. Era una divisa nera, molto simile a quella marleiana ma di fattura molto più pregiata, con una giacca con il colletto alto, pantaloni aderenti e stivali alti.
Dopo pochi istanti realizzò che non poteva trattarsi nemmeno di un abito marleiano. Intimorito da questo dettaglio per nulla insignificante, portò la mano verso il fodero della pistola all'interno della giacca, ma l'arma non c'era. Evidentemente l'aveva lasciata nella tenda, come un idiota, rifletté serrando i denti.
Man mano che il ragazzo gli si avvicinava, riuscì persino a vedere con precisione le caratteristiche del suo viso. Aveva gli occhi azzurri, profondi e intensi, che lo fissavano con severità; l'espressione del suo viso, circondato da dei folti capelli neri lunghi fino alle spalle, era seria e impassibile, decisamente poco amichevole. La sua pelle era così pallida che sembrava un fantasma.
-Chi diavolo sei? Da dove vieni? - gli domandò Levi minacciosamente, afferrando l'elsa di una delle sue lame.
Il ragazzo non si scompose né tanto meno gli rispose, come se non l'avesse sentito. Anzi, continuò ad avvicinarsi sempre di più senza staccare il suo sguardo magnetico dal suo, come se fosse un atto di forza.
Levi si guardò un attimo intorno e rese conto che, improvvisamente, i suoi compagni erano svaniti nel nulla. Non udiva più alcun suono, nemmeno lo scoppiettio del fuoco o il cinguettio degli uccellini provenire dalle fitte fronde degli alberi. Persino il fuoco si era spento, come se qualcuno vi avesse gettato sopra un secchio d'acqua, avvolgendo l'area con il suo denso fumo. Senza perdere di vista il losco individuo, avvertì un inquietante brivido attraversargli tutto il corpo per poi accorgersi che non riusciva a muoversi.
Il ragazzo si avvicinò ancora di più fino a porsi di fronte a lui, guardandolo dall'altro verso il basso. Poi si chinò con movimenti lenti e calcolati, come se volesse essere alla sua altezza. I loro visi erano a pochissima distanza l'uno dall'altro tanto che Levi poteva persino avvertire il suono del suo respiro. Ora che era così vicino, gli sembrava che quel ragazzo avesse qualcosa di familiare. Eppure, era certissimo di non averlo mai visto. Cercò di alzarsi ma le sue gambe erano come cementate al tronco, come se avesse perso il controllo del suo corpo.
-Tch! Che...cosa mi sta succedendo? Chi sei? Che cosa vuoi? - ringhiò nervosamente cercando si sfoderare una delle sue lame ma nulla, le sue braccia erano come paralizzate.
- Dannato bastardo! Che cosa mi hai fatto? Dove sono finiti i miei uomini? - continuò Levi con frustrazione.
Il giovane continuò a fissarlo con suoi grandi e bellissimi occhi cristallini come il cielo e, per un attimo, gli sembrò di aver già visto da qualche parte quello sguardo raggelante e a tratti un po' inquietante.
-Devi fuggire - gli disse il ragazzo, con serietà, senza mezzi termini.
Nonostante la serietà del suo volto, la sua voce era profonda, calda e calma.
-Che...che cosa? - gli domandò Levi con espressione incredula.
Il ragazzo allungò le braccia verso il suo viso e lo afferrò con entrambe le mani affinché potesse guardarlo negli occhi.
-Ho detto...che devi fuggire...devi salvarle...- ripeté.
-Salvarle? Salvare chi? - gli chiese ancora Levi che non riusciva a comprendere ciò che stava accadendo ed iniziò a provare una strana agitazione, come se la paura si stesse impadronendo del suo animo.
-Devi fuggire...
Il ragazzo, senza smettere di fissarlo, continuò a stringergli viso con entrambe le mani aumentando la forza della presa. Levi riusciva persino ad avvertire il tepore che emanavano finché non si rese conto che erano impregnate di sangue.
-Devi fuggire...
A questo punto, preso dallo sconcerto, Levi incominciò a ribellarsi. Voleva liberarsi da quella forte presa ma era come se il suo corpo pesasse davvero tonnellate.
-Devi fuggire...
Mentre continuava a dirgli quelle parole, il ragazzo iniziò con le dita a sporcargli tutto il viso con il sangue di cui riusciva persino a sentirne l'odore e la cosa lo stava facendo impazzire. Levi cercò di ribellarsi muovendo il viso ma nulla. Tutto il suo corpo era come pietrificato. Gli mancava l'aria.
-Devi fuggire...
Quelle parole sembravano ormai una cantilena insistente e fastidiosa. Cercò ancora di voltarsi ma nulla, non riusciva davvero a muoversi e così iniziò a gridare per la frustrazione.
-Devi fuggire...
Levi gli urlò di lasciarlo andare con tutta la voce che aveva in gola mentre quello continuava a insudiciargli il viso con il sangue che gli grondava dalle mani e a ripetergli insistentemente che doveva fuggire.
-Se non abbandoni questo posto, morirai assieme a tutti i tuoi uomini!
Dopo queste ultime e terrificanti parole, Levi si svegliò all'improvviso di soprassalto, urlando e ansimando. Si guardò subito intorno e ricordò di essersi seduto su uno degli enormi rami degli alberi che componevano quella singolare foresta, in alto quasi in prossimità della cima. Evidentemente, sopraffatto dalla stanchezza, cedette al sonno senza nemmeno rendersene conto e per fortuna, nessuno dei suoi uomini era stato testimone di quella crisi inconscia. Ancora ansimante e con il cuore in gola, iniziò a tastarsi il viso madido di sudore e, guardandosi subito i palmi, capì che, per fortuna, era pulito.
-Tch! Che incubo di merda! - ringhiò non appena realizzò che si trattava solo di quello.
Eppure, quel sogno gli è sembrato così reale che ancora sentiva la pressione che quel tipo esercitava con le mani sul suo viso. Persino in quel momento, ancora in stato di shock, mentre si sfiorava le guance, poteva avvertire la forza di quelle dita su di esse. E poi, c'erano quegli occhi così ardenti che in lui stavano esercitando uno strano fascino. Li aveva già visti da qualche parte: ne era certo. Ma dove? Dove?
-Tsk!
Si portò una mano alla fronte. La testa gli stava davvero esplodendo.
Ad un tratto, grazie al dispositivo di manovra tridimensionale, uno dei suoi ragazzi atterrò proprio sul ramo dove era ancora seduto.
-Capitano Levi, la cena è pronta - gli disse.
Vedendolo in quello stato così agitato, gli si avvicinò.
-Signore? Capitano! Va...va tutto bene? - gli chiese con sentita preoccupazione.
Levi annuì, fissando il vuoto. Il ragazzo sospirò e scosse la testa.
-Dovresti riposare di più - gli consigliò.
Ma Levi non l'ascoltò: nella sua mente riecheggiavano continuamente quelle terribili parole che presagivano morte. Scosse la testa e si alzò in piedi. Non c'era alcun motivo per continuare a rimuginarci sopra: era stato solo un dannatissimo incubo, uno dei tanti che era condannato a fare da moltissimi anni. Tuttavia, non riusciva proprio a togliersi l'immagine di quegli occhi non del tutto ignoti.
-Vai pure...arriverò tra poco... - disse al ragazzo, massaggiandosi le tempie.
Il ragazzo annuì e, grazie al dispositivo di manovra tridimensionale tornò nella zona dell'accampamento dove si erano riuniti tutti per mangiare.
Levi, ancora con il fiato corto, restò ancora per qualche minuto seduto sul ramo, cercando di recuperare la calma e di ricomporsi. Poi si mise in piedi e, dopo aver tratto un profondo respiro, saltò giù dal ramo e raggiunse i suoi uomini. Uno gli porse un piatto con della minestra ma lo rifiutò, chiedendo solo una tazza di tè. Si avvicinò al fuoco e poi si sedette su una cassa proprio di fronte dove Zeke era seduto per mangiare. L'uomo sollevò lo sguardo verso di lui e lo fissò.
-Vedo che sei di pessimo umore, come sempre - gli disse per stuzzicarlo, dopo aver inghiottito un cucchiaio di minestra.
Levi cercò di ignorare la sua provocazione mentre uno dei ragazzi gli porse la tazza di tè che aveva chiesto. Ne bevve un sorso e guardò Zeke in modo truce.
-Allora, dimmi, barbone di merda...raccontami ancora come avete fatto ad invadere la nostra isola e a farci tutti fessi! - gli disse per cercare soprattutto di pensare a qualcos'altro.
Zeke aggrottò la fronte, senza distogliere lo sguardo dal suo.
-Credo di averlo già detto - rispose per nulla intimorito.
-Mi piace riascoltare delle storie che mi hanno entusiasmato particolarmente - disse Levi con una evidente nota di sarcasmo - quindi...dimmi: come avete fatto a varcare le Mura fino al Wall Rose?
-Lo sai benissimo che di notte il potere dei Giganti non ha alcun effetto - rispose Zeke mentre finiva di mangiare la sua minestra - e che è facile eludere la sorveglianza dato che non sorvegliate tutto il perimetro delle Mura.
-Come avete fatto a trasformare le persone in Giganti?
Zeke sospirò, tediato.
-Con un composto chimico ricavato dal mio liquido spinale...viene diffuso attraverso un congegno, sottovento, in modo che possa diffondersi in tutto il villaggio - cominciò a raccontare per l'ennesima volta - Non appena i discendenti di Ymir ne inalano una piccolissima parte, perdono il controllo del loro corpo e si irrigidiscono, cadendo a terra paralizzati.
Mentre ascoltava il suo racconto, Levi riusciva ad immaginare ogni singola scena.
-Come ho sempre detto, non è semplice da spiegare perché a loro viene impressa la coordinata che fa da catalizzatore per il potere dei Giganti...poi è sufficiente un mio semplice comando affinché si trasformino ed eseguire ogni mio ordine...proprio come è successo agli abitanti di quel villaggio...- continuò Zeke.
-Non è un villaggio qualunque! - lo interruppe Levi, fulminandolo con i suoi occhi glaciali, ricordando l'episodio - Quel villaggio si chiama "Ragako" ...ricorda bene il suo nome, barbone di merda, perché tu hai ucciso i suoi abitati!
Zeke posò il piatto su una cassa alla sua destra e si sistemò gli occhiali con la punta delle dita sul dorso del naso.
-Se avessi potuto, lo avrei evitato - gli disse poi guardandolo con sincero rammarico -Sono stato obbligato! Se i marleyani mi avessero scoperto, non sarei riuscito a ridarvi la speranza.
-Tsk! Ma non farmi ridere - borbottò Levi, disgustato.
-Abbiamo affrontato questa discussione può volte - si lamentò quindi Zeke con espressione annoiata - Dimmi: perché continui a chiedermi la stessa cosa?
-Perché vedo che non provi il minimo senso di colpa! - sbottò Levi, poggiando i gomiti sulle ginocchia, senza distogliere lo sguardo dal suo - Non so se davvero tu sia intenzionato a salvare Eldia, ma sicuramente te ne sbatti delle vite di quest'isola.
-Sai, credo che tu non abbia successo in amore se pensi di comprendere i sentimenti altrui - provocò nuovamente Zeke.
Sorpreso da quella affermazione insolita, Levi spalancò per un attimo gli occhi.
-Invece ci riesco...e i miei successi, li ho avuti! - disse infine, mestamente.
Con la memoria, rivisse le volte in cui, percorrendo le vie maestre della città per partire in spedizione, la maggior parte delle ragazze urlavano il suo nome, in preda all'estasi. Era un dettaglio a cui non aveva mai dato importanza e che lo infastidiva terribilmente ma da quando Hange era diventata la sua donna, non ci aveva più fatto caso. Nonostante fosse l'oggetto dei desideri di molte donne, la sua anima totalmente era votata ad Hange e adesso anche al loro bambino, Erwin. Avrebbe dato qualsiasi cosa pur di tenerli entrambi stretti tra le sue braccia, sentire il calore dei loro corpi, la loro voce, le loro risate. Chissà cosa stavano facendo. Chissà quando li avrebbe rivisti. Se si trovava confinato in quella foresta era solo colpa di quell'uomo che se ne stava seduto davanti a lui e che lo stava fissando con espressione inquisitrice.
-Ah, davvero? Allora quando mi farete incontrare con Eren per iniziare gli esperimenti? - gli domandò subito Zeke.
Levi percepì dell'impazienza in quella richiesta.
-Non sta a me decidere! - gli rispose con frustrazione - Attendo ordini dal Quartier Generale!
-Riferisci che sarebbe un errore pensare di avere ancora tempo da perdere - aggiunse subito Zeke, guardandolo con fermezza.
-Su questo, almeno, siamo d'accordo - bofonchiò Levi, abbassando lo sguardo.
-Riferiscilo soprattutto alla tua Comandante...quella donna...mi ha colpito molto la sua fine intelligenza...credi che possa avere qualche possibilità con lei?
Levi sollevò lo sguardo: nonostante avesse voglia di alzarsi e sfondargli la faccia a suon di pugni solo per aver pensato una cosa simile nei confronti di Hange, la sua espressione non lasciava trapelare alcuna emozione.
-Ti consiglio invece di stare attento, perché Hange potrebbe staccarti le palle e ficcartele in gola! - gli disse infine, alzandosi e dirigendosi verso la sua tenda.
Mentre si allontava, le labbra di Zeke si incurvarono in un quasi impercettibile ghigno. Anche se Levi lo stava nascondendo alla perfezione, l'uomo aveva capito che tra lui e la sua Comandante non c'era un semplice rapporto tra colleghi. C'era qualcosa di più, qualcosa che poteva sfruttare a suo vantaggio perché aveva capito che lei era il suo tallone d'Achille. La sua debolezza.

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Offri il tuo cuore - A Levihan Story.
FanfictionAmmetto di essere in ritardo ma, come molti, sono rimasta estremamente colpita dal personaggio di Hanji/Hange Zoe dell'anime e manga di Hajime Isayama noto come "Attacco dei Giganti" . Ovviamente ho letto molte storie che fantasticavano di una ipot...