Il Volto Oscuro Della Rivoluzione

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😒😒😒Odio gli spoiler...ma devo farlo...
⚠️⚠️⚠️AVVISO AI LETTORI: il presente capitolo contiene scene con linguaggio scurrile e di violenza esplicita. La lettura è sconsigliata ad un pubblico sensibile e immaturo. ⚠️⚠️⚠️

Era calata la notte sulla città Trost.
Eveline aveva già fatto addormentare i bambini e ora si stava dedicando a ricamare l'ennesima tovaglia che le era stata commissionata dal signor Flegel. Come sempre, dato che i bambini la tenevano impegnata per tutto il giorno, riusciva a ritagliarsi un po' di tempo per dedicarsi a questi lavoretti soltanto la sera, oppure quando facevano il pisolino pomeridiano. Mentre infilava l'ago nel tessuto con meticolosità, sospirò affranta pensando che, anche quella sera, aveva fatto fatica a far addormentare Erwin. Dal giorno in cui Hange era partita, il piccolo era diventato piuttosto nervoso e irrequieto, visibilmente incupito. Durante il giorno, anche se Klaus era sempre lì con lui per cercare di coinvolgerlo in qualche gioco, Erwin se ne stava mogio, privo della sua caratteristica vivacità e allegria. Le tornò in mente la notte in cui, spaventato, corse nel suo letto piangendo disperato perché aveva fatto un brutto sogno. Mentre lo stringeva forte a sé e lo riempiva di baci sul capo, gli chiese se aveva voglia di raccontarglielo.
-Ero in salotto e...c'era una bambina che piangeva sul divano - iniziò a spiegarle singhiozzando e stringendo al petto il suo inseparabile coniglietto - Non l'ho mai vista ma era tanto triste! Le ho chiesto se voleva giocare con me ma lei ma mi ha detto di no...non voleva! Mi ha detto che le sarebbe accaduto qualcosa di molto brutto...e poi...e poi è arrivato papà... tutto sporco di sangue...la sua faccia...le sue mani...era tutto sporco di sangue...perché, zia? Ho paura! Ho tanta paura!
-Tesoro mio, è stato solo un bruttissimo incubo! - gli disse lei, amorevolmente, continuando a coccolarlo e a riempirlo di baci - Non era reale...non ti preoccupare...adesso ci sono io...
-Era così buio...sembrava vero! Ho avuto tanta paura! - singhiozzò ancora il piccolo, affondando il viso nel suo petto.
La ragazza, intenerita e preoccupata, cercò di tranquillizzarlo in tutti i modi possibili e dato che si era svegliato anche Klaus a causa del trambusto, decise di farli dormire entrambi nel suo letto. Per fortuna, grazie forse anche alla presenza di suo figlio, Erwin si calmò e si addormentò. Tuttavia, nei giorni successivi, il bambino si comportò in modo piuttosto insolito, visto che in alcune occasioni rifiutò persino di mangiare. Un giorno, per farli felici, cucinò le polpette, il loro piatto preferito ma Erwin, che di norma aveva un buon appetito, ne mangiò soltanto un paio e per giunta controvoglia. Persino il dottor Mann, durante l'ultima visita di controllo ai bambini, aveva notato quel cambiamento in lui. Infatti, Erwin se ne stette seduto sulla sedia, in silenzio, con lo sguardo perso nel vuoto, senza nemmeno rivolgergli una parola: solitamente lo travolgeva con una marea di domande, incuriosito dagli attrezzi che portava nella sua borsa ma quella volta rimase zitto, come se avesse perso il dono della parola, come se avesse perso tutto il suo innato desiderio di conoscere il mondo e questo le spezzava il cuore.
Addolorata da questi pensieri, Eveline scosse la testa pregando che Hange e Levi facessero ritorno il più presto possibile ora che Erwin ne stava risentendo seriamente, anche perché si sentiva impotente di fronte a tutto ciò. Poteva coccolarlo e dedicargli tutte le attenzioni del mondo, ma Erwin trascorreva la maggior parte del tempo sfogliando ripetutamente l'album delle fotografie, soffermandosi a osservare quelle dove erano ritratti entrambi i genitori; oppure, al minimo rumore strano, cercava di sbirciare dalla finestra per vedere, sicuramente, se erano i suoi genitori che erano rientrati. Vedendolo saltellare insistentemente vicino al davanzale, gli si avvicinava e lo sollevava in braccio per consentirgli di vedere l'esterno e le si frantumava il cuore quando vedeva il suo visino intristirsi mentre stringeva con la sua manina l'anello che la madre gli aveva lasciato. Da quando Hange glielo aveva messo al collo, lo toglieva solo quando doveva fare il bagnetto: la sua mamma gli aveva chiesto di custodirlo e per nessun motivo al mondo se ne sarebbe separato, diceva ogni volta. Inoltre, il coniglietto di pezza che Levi gli aveva regalato era sempre vicino a lui. Era come se, con questi due oggetti, riuscisse ad avvertire la presenza dei genitori e il fatto che non giungessero lettere, lo impensieriva non poco anche se aveva poco più di quattro anni.
Se ci rifletteva, anche lei era seriamente preoccupata per Levi e Hange, dato che le notizie che circolavano sui giornali non erano affatto rassicuranti. Aveva letto di questa fazione di ribelli, gli Yaegeristi, che avevano preso il controllo del paese ma il signor Flegel, di ritorno da uno dei suoi viaggi, la tranquillizzò dicendole che Hange stava bene anche se si trovava immersa in un mare di problemi.
-Sono le solite questioni di politica - le disse per cercare di tranquillizzarla - Sistemerà le cose e poi farà ritorno a Trost...anche se hanno ucciso il Generale Zackary, credo che l'Esercito voglia negoziare un qualche accordo...
-E il signor Dot? Lui come sta?
-Adesso è lui che detiene il comando dell'Esercito. Non ti preoccupare, Eveline: non appena di sistemeranno le cose con gli Yaegeristi, torneranno a casa.
-E tu...tu da che parte stai? Tu pensi davvero che Eren Jaeger possa salvare la nostra isola da un'invasione mondiale? - gli domandò lei, con il fiato sospeso.
-Io sono solo un mercante - le rispose infine l'uomo, sollevando le spalle - Non mi interessa la politica! A me importa solo di non perdere i miei affari!
Ripensando a quel momento, Eveline sogghignò: in fondo, anche se era un uomo buono e generoso, il signor Flegel restava pur sempre un mercante, legato ai suoi interessi economici. Non poteva quindi biasimarlo per questo suo cinismo.
-Oh, accidenti! Ho dimenticato di riprendere la biancheria! - esclamò all'improvviso, allarmata, ricordandosi che aveva lasciato i panni stesi in giardino.
Posò il materiale sul divano e corse in giardino per poi raccogliere velocemente e posare in modo disordinato i panni all'interno di una cesta in vimini. Ritornò in casa e la posò sul tavolo del salotto, dirigendosi a chiudere la porta ma, poco prima di chiuderla, una forte e robusta mano glielo impedì. A quel punto, un uomo fece capolino.
-Chiediamo scusa, signorina - le disse in modo quasi beffardo - siamo della Compagnia Reeves e siamo venuti a controllare che vada tutto bene!
Eveline, un po' intimorita da quella insolita prepotenza, fece qualche passo indietro e quattro uomini, alti e decisamente forti, entrarono in casa senza neanche chiederle il permesso.
-Vi...vi manda il signor Flegel? - domandò loro preoccupata.
I quattro tizi si scambiarono una rapida occhiata e Eveline non ci trovò nulla di rassicurante nei loro atteggiamenti.
-Si, ci manda il signor Flegel...e ha chiesto di vederti...immediatamente! - le rispose uno dei quattro con prepotenza, come se fosse un ordine.
Eveline aveva già avuto a che fare con gli uomini del signor Flegel e sapeva che i loro modi potevano essere decisamente poco gentili, ma c'era qualcosa che non andava: mai, da quando viveva in superficie, il signor Flegel aveva richiesto la sua presenza, semmai era lui stesso ad andare da lei, anche quando le doveva commissionare dei lavori. Sempre più dubbiosa, abbassò lo sguardo e si accorse che due di loro, tra le mani, stringevano delle corde e, inconsciamente, spalancò gli occhi. Uno di quei tizi ne se accorse e sbuffò frustrato.
-Al diavolo le buone maniere! Acciuffiamo questa cagna! - sbottò.
A quelle parole, Eveline, posseduta da uno straordinario spirito di sopravvivenza, rapida come il vento sfuggì dalle loro grinfie e, mentre correva in camera dai bambini, lanciò loro addosso qualsiasi oggetto che le capitava a tiro, incluso il vaso che conteneva i fiori che le mandava sempre il suo ammiratore segreto.
-Bambini! Svegliatevi! Presto! - urlò con le lacrime agli occhi, mentre chiudeva la porta a chiave il più velocemente possibile, prima che quei brutti ceffi la raggiungessero, iniziando poi a colpirla a spallate.
Sapeva che sarebbe stato inutile, ma ciò le avrebbe dato il tempo necessario per poter prendere la pistola che Levi aveva nascosto in uno dei cassetti degli armadi, perché, a detta sua, la prudenza non era mai troppa. Confusi e terrorizzati da quelle improvvise urla, i bambini scattarono giù dai loro letti. La stanza er buia e sentivano quegli uomini imprecare e battere violentemente alla porta. Tremanti come foglie, si misero ad un angolo della stanza, abbracciandosi l'uno con l'altro.
-Mamma...che cosa sta succedendo? Chi sono? - balbettò Klaus che, per la troppa paura, si fece persino la pipì addosso.
-Calma, bambini! Calma! - rispose Eveline, mentre frugava nel primo cassetto di un comò, quello più alto, che i bambini non avrebbero mai potuto raggiungere - Ci sono io!
-Avanti, Eveline! Non vogliamo farti nulla di male! - disse uno di quegli uomini da dietro la porta - Vogliamo solo prendere il moccioso dai capelli neri: il figlio della Comandante! Se ce lo consegni, non faremo nessun male a te e a tuo figlio, hai la nostra parola!
Eveline non riuscì a credere a ciò che aveva udito. Erwin, capendo che stavano parlando di lui, si strinse ancora di più al suo amico, iniziando anche lui a piangere.
-Mamma...voglio la mia mamma...- balbettò singhiozzando, abbracciando Klaus.
-Siete forse impazziti? Quando Hange lo scoprirà, vi darà la caccia e vi ucciderà come maiali al macello! - urlò Eveline mentre, con le mani, riconobbe la scatola che custodiva la pistola.
-Il tuo Spettro è stata fatta prigioniera dagli Yaegeristi e non comanda più nulla! E quel moccioso potrebbe esserci utile! - le rispose sempre lo stesso uomo - Per ciò, consegnacelo e non ti faremo nulla!
-Ma-mamma...- balbettò ancora Erwin, nascondendo il viso tra le manine: anche se era piccolo, aveva capito che alla sua mamma era accaduto qualcosa di brutto, per questo non era lì a salvarli.
Eveline, che intanto cercava di armare la pistola, pensava che stava vivendo un terribile incubo: Hange era stata cattutata! Non poteva essere vero! Tutto il loro mondo stava crollando in mille pezzi. A quanto pare gli Yaegeristi avevano conquistato tutto il regno e avevano raccolto proseliti anche tra gli uomini della Compagnia Reeves che, per ottenere chissà cosa, volevano ricattare Hange prendendo come ostaggio il suo bambino. Anche se le tremavano le mani e le gambe per la paura, Eveline non avrebbe mai permesso che prendessero Erwin.
-Dovrete passare prima sul mio cadavere, vigliacchi! - urlò rabbiosa.
-Va bene, l'hai voluta tu!
I tizi iniziarono a prendere la porta a calci con violenza per cercare di sfondarla e lo fecero in pochi secondi. Eveline non fece in tempo a puntare la pistola contro di loro che, il primo che entrò in stanza, la colpì alle braccia per deviare l'arma e infine le diede un fortissimo schiaffo in pieno viso. Eveline cadde a terra, tramortita, avvertendo un forte dolore e calore nella zona delle labbra.
Mentre uno di quegli uomini illuminava la stanza con una lampada che sfruttava la luminescenza delle pietre di Gigante, Eveline si tastò il viso e vide che le dita erano sporche di sangue. Udendo i bambini piangere, raccolse le forze e si alzò in piedi. Nella Città Sotterranea era stata picchiata molte volte dal suo padrone, quando non guadagnava abbastanza denaro con le sue prestazioni e quello schiaffo era niente in confronto a tutti quelli che aveva ricevuto in passato. Mentre i piccoli la guardavano terrorizzati, lei si pose davanti a loro per proteggerli con il suo stesso corpo.
Due di quegli uomini, ridacchiando maleficamente, iniziarono ad avvicinarsi lentamente, pronti a legarla e imbavagliarla.
-Eccolo lì, il moccioso! - esclamò quello con la lanterna in mano, puntando la luce in faccia ad Erwin - Consegnacelo e non ti faremo più del male! Dà brava!
Erwin, singhiozzando, affondò nel corpo di Klaus che lo strinse come se anche lui avesse voluto proteggerlo da quei bruti.
-Ti prego...piccolo Drago...aiuto...mamma...papà... - pregò con le lacrime che gli bagnavano il viso, come se davvero qualcuno potesse esaudire il suo disperato appello.
-Erwin, resta lì e non ti muovere, hai capito? Vi conviene sparire se non volete morire! - urlò Eveline, a muso duro.
-E come pensi di ucciderci, donna? - la schernì uno di loro - Togliti di mezzo!
-Mai! - replicò Eveline, stendendo le braccia a mezz'aria - Non vi permetterò di prendere i miei bambini!
-Non ci lasci altra scelta!
Uno di loro si lanciò verso di lei e la colpì con un pugno nello stomaco, facendo strillare i bambini per l'orrore di quello spettacolo. Sopraffatta dal dolore lancinante e sentendosi mancare la forza alle gambe, Eveline cadde a terra e iniziò a tossire sangue. Lo stesso uomo, che aveva davvero un aspetto ripugnante, la afferrò per i suoi bellissimi capelli biondi mentre un altro sradicò letteralmente Erwin dalle braccia di Klaus che piangeva e strillava spaventato. Erwin iniziò ad urlare e a dimenarsi come un forsennato, tanto che la catenina con l'anello sbucò fuori dalla magliettina del pigiama.
-E questo cos'è? - disse l'uomo osservando l'anello - Oro! Questo lo prendiamo noi!
Con un gesto forte e rapido staccò la catena dal collo del bambino che iniziò a strillare più di prima.
-Lascialo! Quello è mio! - gli urlò con le lacrime agli occhi ma alla fine riuscirono a imbavagliarlo, per poi immobilizzarlo legandogli le braccia e le gambe.
-Andateci piano con quel moccioso! - ringhiò il tipo che illuminava la stanza con la torcia e che sicuramente doveva essere il capo - Sono sicuro che Floch ce lo pagherà molto bene se glielo portiamo illeso!
Mentre gli facevano tutto ciò, Erwin riusciva solo a pensare dove fosse il suo papà e perché non era lì a salvarli, visto che alla sua mamma era accaduto qualcosa di molto brutto. Da bambino, non riusciva a capire tutto quell' accanimento nei suoi confronti e nelle persone a cui voleva bene. Forse era solo un terribile incubo dal quale si sarebbe svegliato. Si, prima o poi si sarebbe svegliato.
-Abbiamo preso quello che ci serve... - ghignò quindi l'uomo ad Eveline, strattonandola ancora per i capelli.
Il suo viso era così vicino che Eveline poteva persino sentirne il fetido alito di tabacco. In preda al dolore, strinse i denti e, avvertendo il sapore del sangue invadergli la bocca, trasse un profondo respiro e gli sputò in faccia.
-Puttana maledetta! - ruggì il tizio, colpendole ripetutamente il viso con la mano libera - Ti insegno io le buone maniere!
Continuando a tenerla per i capelli, la sollevò e la scaraventò violentemente su uno dei letti. Klaus, vedendo la sua mamma in pericolo, si scagliò verso di lui e incominciò a colpirlo con i suoi piccoli pugni.
-Lasciate la mia mamma! - urlò con le lacrime agli occhi ma uno di quei tizi lo afferrò per i riccioli biondi, tappandogli poi la bocca con una mano.
-Ti avevamo dato un' opportunità e tu non l'hai saputa cogliere! - disse l'uomo che aveva colpito Eveline, dopo essersi pulito il viso con la manica della camicia per poi voltarsi verso di lei, iniziando ad armeggiare con la cintura dei pantaloni - Tornerai a fare la puttana nella Città Sotterranea e tuo figlio lo venderemo per soddisfare le voglie perverse di qualche riccone, visto che ha un così bel faccino! Faremo dei gran bei soldi con voi, ma prima ci divertiremo un po'. Tanto eri una puttana. E una puttana rimarrà sempre una puttana!
Eveline cercò di raccogliere le ultime forze ma, mentre provava a risollevarsi, ricevette l'ennesimo schiaffo in faccia. Udiva le urla del suo Klaus che piangeva e la chiamava mentre cercavano di imbavagliarlo e legarlo come avevano fatto con Erwin.
Il tizio che reggeva la lampada, la posò sul tavolo e seguì con gli occhi quello che portava via il bambino come se fosse un sacco di patate. Poi si avvicinò a quello che si stava slacciando la cintura e gli suggerì di darsi una mossa e che nel frattempo avrebbero sistemato i bambini sul carro, senza provare nessuna compassione per una ragazza indifesa picchiata a sangue.
Lasciato da solo, l'uomo si slacciò i pantaloni e, brutalmente, sollevò la gonna di Eveline, le strappò la biancheria intima e le aprì le gambe. Eveline non aveva più la forza di reagire. Il sangue le era andato persino negli occhi e riusciva a vedere a malapena. Sentiva solo un indescrivibile dolore su tutto il corpo e, dalle parole di quell'uomo, poteva, purtroppo, immaginare cosa le avrebbe fatto. In fondo, quando fu costretta a fare la prostituta, era come se l'avessero violentata infinite volte. Lacrime di rabbia e impotenza cominciano a scivolare lungo le sue guance, andando a mischiarsi con il sangue che le sporcava. Era come se tutto ciò che aveva vissuto fino a quell'istante e la libertà che Hange le aveva regalato, assieme alla felicità di vivere assieme ad una famiglia da amare, fossero stati solamente un bellissimo sogno dal quale era stata bruscamente risvegliata. Forse il Destino aveva deciso che non le era concessa una vita felice come sognano le ragazze della sua età e quindi si stava riprendendo, con gli interessi, tutto ciò che le era stato donato. Non riusciva più a sentire le voci del suo Klaus e di Erwin: li avevano uccisi? Erano ancora vivi? Purtroppo, non poteva saperlo. Era solo un incubo, un orribile incubo dal quale non riusciva a risvegliarsi e, giunta a questo punto, desiderò di morire: della vita che aveva vissuto, ora, non restava più nulla.
-Ah, si...sei davvero molto bella!
L'uomo si avventò su di lei, palpeggiandole tutto il corpo con avidità e bramosia. Eccitato dai suoi lamenti, provò persino a baciarla ma Eveline ritrovò un briciolo di energia e gli morse le labbra con tutta la forza che le era rimasta. L'uomo urlò di dolore e, dopo averla colpita ripetutamente alle costole, riuscì a liberarsi da quel morso apparentemente interminabile. Mentre Eveline cercava di aggrapparsi alla vita respirando quella poca aria che poteva, l'uomo si toccò le labbra insanguinate, visto che lei gliele aveva morse così forte da lacerargliele.
Sulle labbra di Eveline, nonostante il dolore, comparve un sorriso compiaciuto.
-Te...te la devi sudare...schifoso...bastardo... - sussurrò lentamente.
-Lurida puttana! - gridò quello infuriato, riprendendo di nuovo a picchiarla con forza.
Eveline ormai non riusciva più a sentire nemmeno il dolore, per quanto era forte. La vista le si stava annebbiando sempre di più e la testa le girava come se fosse ubriaca. Non riusciva a capire nemmeno se stesse continuando a respirare. Forse quell'uomo la stava picchiando così forte che la morte stava per giungere a prenderla, come se pietosamente avesse accolto il suo disperato desiderio. Tuttavia, nonostante il dolore, nonostante tutto, recuperò un attimo di lucidità. Non poteva mollare. I bambini, i suoi bambini erano ancora vivi e di questo, adesso, ne era sicura. Non poteva permettere che li portassero via. Doveva assolutamente impedirlo. Doveva alzarsi e correre a salvarli. Doveva reagire, a tutti i costi, ma se lo spirito era forte non era altrettanto il suo povero corpo martoriato dalle botte. Non era riuscita a mantenere la promessa che aveva fatto ad Hange: non era riuscita a proteggere i loro bambini e il cuore le andò in mille pezzi.
-Perdonami...Hange... - sussurrò con la poca voce che le era rimasta mentre le lacrime continuavano a scivolare lungo il suo viso.
In quell'istante, l'uomo si abbassò i pantaloni e, chinandosi su di lei senza un minimo segno di pietà, cercò di penetrarla.
-Adesso puoi anche morire! - le disse maleficamente mentre tentava di insinuarsi dentro di lei - Tanto saresti ancora calda per far divertire anche gli altri!
Eveline si rassegnò al suo destino e chiuse lentamente gli occhi: quando avrebbe finito, sarebbe sicuramente morta e tutto sarebbe finito. Nessuno, nemmeno i vicini avevano avuto il coraggio di aiutare una povera ragazza e soprattutto due bambini indifesi e innocenti, che mai avrebbero dovuto vivere un'esperienza simile. Con il pensiero, diede addio ai suoi bambini, ad Hanji, a Levi, i ragazzi. Uno per uno, riuscì persino a vedere i loro volti. Se davvero esisteva un Paradiso, li avrebbe attesi lì e avrebbe vegliato su di loro, visto che nessuno lo aveva fatto per lei.
Ma, come se qualcuno avesse ascoltato questo suo pensiero, prima che potesse compiere quel crimine abominevole, l'uomo emanò un inquietante un verso di dolore. Confusa da quanto stava accadendo, Eveline riaprí lentamente gli occhi e, per quanto poteva, vide che l'uomo era stato infilzato da una lama in pieno petto, colpito alle spalle e in prossimità del cuore, tanto che il suo sangue iniziò a colarle addosso come una piccola fontanella. Ucciso sul colpo, l'uomo fu poi scaraventato a terra.
-Eveline! Eveline! Va tutto bene! È finita! - le disse poco dopo una voce, mentre le veniva delicatamente sollevato il capo - Adesso ci sono io.

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