Il Primo Incontro

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Dopo aver viaggiato per tutta la notte, alle prime luci dell'alba, Hange e Levi si trovarono ad alcune miglia dal Wall Rose: di fronte a loro, già si vedeva l'enorme ingresso principale della città di Trost. Improvvisamente, Levi tirò a sé le briglie del cavallo e lo fermò, seguito subito dopo da Hange. Senza dirgli nulla, la donna si voltò e lo guardò: Levi aveva gli occhi spalancati e la bocca semi aperta, come se avesse visto qualcosa che lo aveva sorpreso.
Non riusciva più a comprendere quel conflitto di sentimenti che stavano avendo luogo nel suo animo: aveva il cuore che gli batteva all'impazzata, non solo a causa della lunga cavalcata, ma anche per l'impazienza di vedere e poter finalmente conoscere suo figlio. Gli sembrava che stesse vivendo qualcosa di surreale, di incredibile: tutto ciò che aveva molte volte immaginato, nelle notti in cui stringeva Hange tra le braccia, ora si era avverato, come se il Destino avesse esaudito il suo desiderio più recondito. Non gli sembrava vero. Si sentiva eccitato, felice, fremente di curiosità: non riusciva davvero ad immaginare come potesse essere suo figlio. Eppure, nonostante tutte queste emozioni, avvertiva uno strano senso di paura, di timore. Anche se lo aveva immaginato tante volte, era pronto ad essere padre e, soprattutto, sarebbe stato un buon padre?
Hange sapeva benissimo a cosa stesse pensando, perché furono gli stessi pensieri che pervasero la sua mente durante tutta la gravidanza. Delicatamente, con la gamba, fece pressione al fianco destro del cavallo, facendolo girare per poi avvicinarsi a quello di Levi. Si allungò verso di lui e gli afferrò la mano, guardandolo con estrema dolcezza ma senza dirgli nulla. Levi ricambiò lo sguardo e poi le sorrise, sospirando e scuotendo la testa.
-Scusami...è solo che...
-No, non devi spiegarmi nulla! - lo interruppe subito Hange - Prenditi tutto il tempo necessario...
Ora che finalmente era riuscito a comprendere cosa si celasse all'interno del cuore della donna, Levi sentiva che il loro rapporto si era evoluto ancora di più. La conosceva da molti anni, da quando era entrato a far parte della Squadra di Ricerca, ed era ben cosciente di quanto quella gravidanza debba aver sconvolto la sua vita. Del resto, glielo aveva confessato, sulla spiaggia. Hange non era una donna come le altre, cresciuta con l'idea di creare una famiglia e avere dei figli. Ma era una donna che viveva seguendo il suo istinto e le sue passioni. Solo adesso si stava rendendo conto di quanto lei lo amasse e di quanto era stato stupido a pensare che lei non contraccambiasse i suoi sentimenti: Hange aveva rinunciato ad una parte di sé stessa per dare alla luce il loro bambino e se questo non era amore, allora non riusciva a comprendere cosa fosse. Si sentiva felice, orgoglioso e onorato di avere accanto una donna forte come lei. Con gli occhi carichi di emozione, le strinse la mano e gliela baciò.
-Andiamo! - le disse con dolcezza - Erwin ci sta aspettando!
Hange gli sorrise, commossa e con il cuore che le batteva forte per l'emozione. Rigirò il cavallo e lo lanciò al galoppo, seguita subito da Levi. Mentre cavalcava, cercava di immaginare come lui avrebbe reagito non appena avrebbe visto suo figlio. Sapeva di avergli donato una delle più grandi gioie al mondo e solo un idiota avrebbe potuto pensare che non sarebbe stato un padre magnifico. L'unico pensiero che continuava ad affliggerla era quello dei loro doveri lavorativi a causa della guerra. Strinse gli occhi e cercò di scacciare via quel pensiero dalla testa: oggi sarebbe stato un giorno speciale e voleva viverlo con tutta la gioia e la serenità possibile.
Purtroppo, il loro rientro in città non sarebbe passato in osservato, soprattutto perché non potevano abbandonare i cavalli fuori dalle Mura. Anche se erano animali addestrati a essere richiamati con un semplice fischio, avevano sempre bisogno di cure e di essere nutriti. L'unico modo era far sì che il loro arrivo risultasse il più normale possibile e il solo uomo che poteva dar loro una mano in questo era, senza dubbio, il Comandante Pixis che rimase oltremodo sbigottito nel ritrovarseli davanti all'ingresso del suo ufficio, nel Quartier Generale. I mantelli e gli abiti sporchi di polvere, gli fecero capire che avevano viaggiato per tutta la notte, come se fossero stati inseguiti dal diavolo in persona. Stava per domandare cosa fosse successo di così urgente e importante da non aver mandato dei messaggeri al loro posto, ma poi gli bastò osservare l'espressione esausta ma estremamente serena di Hange per capire che la donna aveva ascoltato il suo consiglio, cioè quello di rivelare a Levi tutta la verità. Anche se all'apparenza sembrava composto e impassibile, sul viso dell'anziano uomo apparve un piccolo sorriso di compiacimento e, senza dir loro una parola, aprì la porta dell'ufficio e li fece entrare.
-Ho già capito tutto! - disse mentre chiudeva la porta con la chiave, per evitare che improvvisamente potesse entrare la sua assistente - Ben rientrati a Trost!
Nonostante sembrasse indifferente o persino annoiato, Levi stava provando un forte imbarazzo e si sentiva a disagio.
-Non fare quella faccia! - gli disse subito il Comandante Pixis - La colpa di tutto questo trambusto è soltanto di Hange. Noi, che siamo a conoscenza dei fatti, abbiamo soltanto rispettato una sua decisione.
-Su questo mi trovi pienamente d'accordo...- rispose Levi, incrociando le braccia e sollevando lo sguardo verso Hange.
La donna arrossì leggermente ed emise una piccola risata di imbarazzo, mentre il Comandante Pixis andò a sedersi dietro la sua scrivania.
-Sarete anche l'uomo più forte e la donna più intelligente dell'umanità, ma siete due pasticcioni! - li rimproverò, fissandoli entrambi con il suo sguardo vivido e pungente - Ad ogni modo, sono convinto che adesso le cose andranno per il verso giusto...anche se la sua nascita dovrà rimanere nascosta ancora per un po'.
Hange, affranta, abbassò lo sguardo e iniziò a sudare freddo.
-Di questo abbiamo già discusso e siamo entrambi corcordi - gli rispose guardandolo poi dritto negli occhi.
Il Comandante Pixis poggiò i gomiti sulla scrivania e intrecciò le dita davanti al mento.
-Adesso andate a darvi una sistemata: non potete andare a casa ridotti così. Troverò un motivo che giustifichi la vostra presenza qui, a Trost. Ma sia ben chiaro: vi voglio qui, entrambi, ogni mattina! Se doveste sparire improvvisamente, qualcuno si insospettirebbe. Fate come vi dico, e andrà tutto liscio! - spiegò infine l'anziano uomo.
-Certamente! - gli rispose Hange, mentre si asciugava il sudore dalla fronte con un fazzoletto che gli aveva prontamente passato Levi.
Mentre lei continuava a ringraziare, Levi si voltò e, senza dir nulla, di diresse verso la porta ed iniziò a girare la chiave dentro la serratura. Abbassò la maniglia e fece uscire prima Hange.
-Levi! - lo richiamò il Comandante Pixis proprio nell'istante in cui stava per uscire anche lui dalla stanza.
Levi si voltò e lo guardò dritto negli occhi.
-Congratulazioni! - aggiunse infine il Comandante, con gentilezza.
L'espressione dura sul volto di Levi scomparve, per lasciar ad una colma di gratitudine.
-Ti ringrazio. Verrò a parlarti in questi giorni - lo avvertì, accennando un timido sorriso.
Il Comandante Pixis annuì e gli sorrise, contento e soddisfatto.
Dopo aver lasciato il dispositivo di manovra tridimensionale nell'alloggio di Hange, Levi si diresse presso il suo. Entrambi si tolsero gli abiti sporchi, fecero un bel bagno ristoratore e indossarono degli abiti borghesi. Hange aveva preparato sul letto il suo mantello nero e raccomandò a Levi di portare il suo, per non dare nell'occhio.
Non appena finì di prepararsi, Levi si diresse nell'alloggio di Hange. Quando entrò, vide che era già pronta e che, seduta sul letto, si stava assicurando le imbracature alle gambe. Non appena lo vide entrare in camera, Hange sollevò lo sguardo verso di lui e gli sorrise.
-Come sei elegante! - ridacchiò notando che indossava una camicia bianca, ben stirata, con la solita cravatta intorno al collo e un pantalone nero.
-Diamoci una mossa! - le rispose lui, chinandosi davanti a lei, iniziando ad aiutarla a stringere le fibbie.
Non appena ebbe finito, Hange ricambiò l'aiuto e iniziò a ridacchiare, di nuovo.
-Che hai da ridere, Quattrocchi? - le domandò Levi.
-Sei così nervoso, che hai indossato questa camicia, dimenticando persino che l'imbracatura te la sgualcirà. Non è da te! - gli rispose Hange, con dolcezza, mentre gli stringeva quella alla schiena.
Levi, intento a stringere la cinta alla vita, ci pensò un attimo ed emise un verso di frustrazione.
Non appena finì di aiutarlo, Hange gli afferrò il viso con entrambe le mani e lo riempì di baci.
-Stai tranquillo... - gli sussurrò accarezzandogli i capelli.
Levi trasse un profondo respiro e la abbracciò, affondando il viso nell'incavo nel suo collo e respirando a pieni polmoni il suo profumo. La baciò un'altra volta e poi insieme indossarono i loro mantelli. Hange aprì la finestra e Levi salì sul cornicione, restando accovacciato ed osservare che nessuno passasse da sotto la strada. Approfittando dell'attimo in cui non c'era nessuno, saltò e scagliò subito gli arpioni delle draglie, volando agilmente sul tetto dell'edifico di fronte al loro. Dopo aver socchiuso un po' la finestra, Hange lo raggiunse e, stando sempre attenti a non farsi intercettare, atterrarono poi sul tetto del Palazzo accanto a quello in cui c'era l'appartamento. Avvolti nei loro mantelli, si accovacciarono e rimasero ad osservare alcuni passanti.
-Chi sono quei tizi fermi, agli angoli del Palazzo? - domandò Levi, notando che c'era un uomo intento a leggere un giornale, mentre un altro se ne stava poggiato con la gamba al muro, a fumare una sigaretta.
-Sono gli uomini di cui ti parlai, quelli della Compagnia Reeves...ce ne sono altri e sorvegliano tutto il Quartiere...a dire il vero ci sono spie ovunque... - gli rispose Hange, continuando a tenere d'occhio la strada - Adesso!
Veloce come in vento, Hange si gettò giù dal tetto e, seguita sempre da Levi come se fosse la sua ombra, entrò poi all'interno del Palazzo.
-Accidenti! - esclamò Hange, dopo aver frugato all'interno delle tasche dei suoi pantaloni e iniziando a salire le scale - Ho dimenticato le chiavi di casa in alloggio!
-E poi sarei io, quello che ha la testa altrove! - le disse Levi, con disappunto.
Hange scosse le spalle, per nulla preoccupata.
-Non è un problema: a quest'ora Eveline sarà a casa, come sempre!
Ad ogni passo che faceva, a Levi sembrava che gli stesse per esplodere il cuore da un momento all'altro. Deglutì e, nervosamente, si passò una mano sul viso: ancora non gli sembrava vero e, inconsciamente, si pizzicò una guancia per avere la certezza di vivere realmente quei momenti e che non erano frutto di un'illusione o di un sogno. Ancora pochi minuti e finalmente avrebbe visto suo figlio.
Hange iniziò a percorrere il corridoio del primo piano e si fermò di fronte all'appartamento numero quattro. Si voltò verso Levi, che era proprio dietro di lei e gli sorrise.
-Ci siamo! - esclamò dopo aver inspirato profondamente.
Levi annuì e la guardò con sicurezza: del resto anche lei era molto nervosa, visto che come al solito, aveva iniziato a sudare freddo. Lentamente, la donna si rivoltò verso la porta, allungò il dito verso il piccolo e tondeggiante bottone metallico del campanello e lo premette. Dopo qualche secondo, si udirono dei rumori di passi.
-Si? Chi è? - domandò una voce femminile e cristallina, da dietro la porta.
-Eve, sono io! - rispose subito Hange.
-Hange!
La ragazza iniziò subito ad armeggiare con la serratura.
-Sei già di ritorno, che gioia! - esclamò Eveline, come sempre al settimo cielo, aprendo la porta e lanciandosi tra le braccia della donna - Arrivi giusto in tempo! Stavo per dare da mangiare a Klaus e avevo appena fin...
Improvvisamente, Eveline si rese conto che Hange non era da sola. Spostò il viso e osservò l'individuo che era alle sue spalle. Nonostante indossasse quel mantello nero, lo avrebbe riconosciuto anche in mezzo alla folla, perché Hange glielo aveva descritto un miliardo di volte: bassa statura, capelli lisci e neri con piccoli ciuffi che cadevano sulla fronte, occhi azzurri e intensi circondati da profonde occhiaie, sguardo poco amichevole, labbra imbronciate, espressione annoiata e ostile. Non c'era alcun dubbio.
-Le...Ac...
Sopraffatta dall'emozione, Eveline svenne tra le braccia di Hange che cercò subito di sorreggerla, entrando immediatamente in casa per evitare che qualcuno li vedesse.
-Scommetto che non le avevi detto nulla! - notò sarcasticamente Levi, mentre chiudeva subito la porta.
-Ovvio che no! - esclamò Hange mentre continuava a sorreggere Eveline - Del resto...chi l'avrebbe...mai immaginato...che sarebbe...svenuta! Ma cosa farai, tu, alle ragazze!
-Piantala! - sbottò l'uomo seccato, mentre prendeva la povera Eveline tra le braccia - Dove devo andare?
-Dopo il corridoio c'è il salotto: posala sul divano e cerchiamo di risvegliarla!
Mentre Hange appendeva il suo mantello all'attaccapanni, Levi raggiunse il salotto e adagiò con delicatezza Eveline sul divano senza notare che, al tavolo, sul seggiolone, era seduto il piccolo Klaus che osservava tutto in silenzio, con gli occhi spalancati colmi di stupore. Il piatto che conteneva la sua pappa era proprio lì vicino e lui stava attendendo con impazienza che la sua mamma iniziasse a imboccarlo, senza neanche versare una lacrima. Ma adesso era troppo incuriosito nel vedere ciò che stava accadendo davanti ai suoi occhi.
Intanto, Levi sollevò un pochino le gambe della ragazza e il suo viso riprese colorito. Dopo pochi istanti, Eveline emise un mugolio.
-Ehi, Hange, muoviti! Si sta riprendendo! - avvisó Levi, allontanandosi dal divano.
Si abbassò il cappuccio del mantello, se lo tolse e si appoggiò al muro, incrociando le braccia. Sentendosi osservato, si voltò alla sua destra e i suoi occhi caddero finalmente su quel bimbo biondissimo e paffutello che lo fissava senza emettere un solo verso.
Finalmente, Eveline riaprì gli occhi e, lentamente, focalizzó il viso di Hange.
-Avanti, Eveline! - la incoraggiò la donna, accarezzandole i capelli
La ragazza, ancora confusa, si sollevo un pó sui gomiti e si stropicció gli occhi.
-Han-Hange...io...credo...di...
-No, Eve, non hai avuto una allucinazione: Levi è proprio qui! - le disse subito Hange, togliendole ogni dubbio.
Eveline spalancò gli occhi e la guardò con stupore. Arrossì vistosamente e si mise seduta, aiutata dalla donna.
-Oh, che imbarazzo! - esclamò mortificata, nascondendosi il viso tra le mani - Devo aver trattenuto un pó troppo il respiro per l'emozione!
-Sicuramente! Avanti, Eve, non è successo nulla! Anzi, ti chiedo scusa...è stata colpa mia! - la confortó Hange, cingendole le spalle.
Levi, emise un verso di esasperazione, come per confermare la sbadataggine della donna.
Improvvisamente, Eveline scattò in piedi.
-Klaus! - esclamò di nuovo, preoccupata.
Il bimbo, sentendo la voce della madre, si voltò verso di lei e iniziò ad emettere dei versetti di disappunto.
-Scusate, ma devo assolutamente dare da mangiare a Klaus! - disse la ragazza, avvicinandosi al figlio - Le faccio le mie scuse, signore, ma non immaginavo che...
-Chiamami Levi! - le rispose lui serio, ma con gentilezza, senza però guardarla dato che anche lui era un pó imbarazzato per tutto quel trambusto - E non ti scusare: è solo colpa di questa idiota!
-Levi, abbiamo fatto tutto in fretta e furia! Come facevo ad avvisarla prima?! - ribatté Hange, sentendosi chiamare in causa.
Eveline ridacchiò divertita: Hange le aveva raccontato tante volte del loro singolare rapporto e per un attimo le sembrò che fossero stati sempre lì, a casa con lei e i bambini. Così, si sedette accanto a Klaus che, fremente, iniziò a battere le manine sul tavolo: non vedeva l'ora di mangiare.
-Siete arrivati proprio in un momento sbagliato...vorrei lasciarvi da soli, ma Klaus deve mangiare...Erwin ha finito di allattare da un pó e l'ho sistemato nella sua culla - spiegò mentre mescolava con il cucchiaio la pappa per il bambino all'interno del piatto.
Hange, stravolta, rimase seduta sul divano mentre Levi non si mosse da quella posizione. Eveline imboccó Klaus e, stupita, si voltò verso Hange.
-Ti dai una mossa, o no? - le disse a mó di rimprovero.
-È vero! - esclamò la donna, scattando in piedi - Levi, questa è casa nostra, quindi non fare tante cerimonie! Siediti sul divano: io intanto vado a prendere Erwin.
Anche se si sentiva pietrificato per l'emozione, Levi ascoltò il suo consiglio e andò a sedersi sul divano. Intanto, Hange entrò nella sua camera da letto: si avvicinò alla culla e vide che Erwin era sveglio, a contemplare chissà cosa, emettendo i suoi buffi versetti, come se stesse chiacchierando con qualche amichetto immaginario. Non appena riconobbe la madre, sorrise ed iniziò a scalciare, felice.
Con il cuore colmo di gioia, Hange lo sollevò in braccio e iniziò a riempirlo di baci.
-Amore della mamma! Amore della mamma!
Gli sistemò i folti capelli come sempre scompigliati e lo guardò amorevolmente.
-Sei pronto a conoscere il tuo papà?
Il bimbo la guardò incuriosito e si mise la manina in bocca.
-Sei davvero un monello! - esclamò infine, dandogli un bel bacio sulla guancia ma senza sfilargli la manina dalla bocca.
Lo sistemò tra le braccia e trasse un profondo respiro, facendosi coraggio.
Ogni secondo che trascorreva seduto sul divano, per Levi, era una lenta agonia. Si passò una mano tra i capelli e poi si poggiò sulle ginocchia, guardando il pavimento. Sollevò un attimo lo sguardo e si mise ad osservare Eveline, che continuava ad imboccare il figlio con dolcezza e pazienza. Dal canto suo, il piccolo Klaus non gli toglieva gli occhi di dosso, troppo incuriosito da quello strano uomo che non aveva mai visto dentro casa.
-Sei pronto, Levi? - gli domandò improvvisamente Hange, poco prima di rientrare in salotto.
Ed ecco, che il cuore di Levi si fermò per l'indescrivibile emozione: Hange fece capolino nella stanza, reggendo tra le braccia il loro bambino, che era di spalle, con il capo poggiato sulla sua spalla. I suoi occhi si spalancarono, colmi di meraviglia, stupore, gioia, felicità e tanti altri sentimenti che non riusciva a descrivere. Hange baciò dolcemente il capo del bambino e poi lo girò verso di lui, per farglielo vedere meglio.
Nel frattempo, mentre continuava a dare da mangiare a Klaus, Eveline si asciugò con un fazzoletto le lacrime di commozione che stavano già iniziando a scendere lungo le sue guance. Tante volte aveva immaginato questo giorno e la gioia che provava era immensa.
Levi era letteralmente senza parole, con gli occhi sbarrati e la bocca aperta per la meraviglia: quel bimbo dal faccino tondo e con una massa di capelli corvini, che lo guardava incuriosito con dei bellissimi occhi azzurri come il cielo e con la manina in bocca, era Erwin. Quel bellissimo bambino, di cui era venuto a conoscenza da meno di due giorni, e che era lì, a un passo da lui, era suo figlio. Stupefatto, guardò Hange, come per chiederle se tutto quello che stava vivendo era vero e non un sogno.
Hange, anche lei molto commossa, arrossì e annuì, come se gli avesse letto nel pensiero. Si chinó verso di lui e gli porse il piccolo. Delicamente, Levi lo prese tra le braccia e quel primo contatto cambiò per sempre la sua vita. Il bimbo emise qualche versetto ma non si mise a piangere: era solo un pó stranito nello stare tra le braccia di quell'uomo che lo guardava come se fosse qualcosa di meraviglioso.
Per Levi tutto quello che stava provando era qualcosa di indescrivibile: non c'erano parole e non potevano esserci parole per descrivere la gioia e l'emozione che provava.
Hange si sedette accanto a lui e continuò ad accarezzare delicatamente la testolina del figlio.
-Hai visto, Erwin? Questo è il tuo papà! - sussurrò, con voce tremante per la gioia, dopo avergli baciato di nuovo il capo.
Il bimbo sollevò lo sguardo, incontrando quello emozionatissimo del padre. Lo guardò ancora un po' titubante, continuando a succhiarsi compulsivamente la manina e poi, per chissà quale motivo, sulle sue piccole labbra iniziò ad apparire un sorriso dolcissimo.
Levi, sopraffatto da tanta dolcezza, si sentì sciogliere come neve al sole. Adesso, mentre lo teneva vicino al petto, aveva finalmente realizzato di essere davvero diventato padre. Un conto era stato saperlo, riceverne la notizia; un altro era tenere tra le braccia quel corpicino così fragile e delicato, frutto del suo smisurato amore per Hange.
Con il cuore che continuava a battere all'impazzata come un tamburo, inizió a osservarlo in ogni dettaglio: era la cosa più dolce, più bella e perfetta che avesse mai visto in tutta la sua vita. Non riusciva a credere di aver messo al mondo qualcosa di così bello.
-Tutto bene, Levi? - gli domandó Hange sorridendo, asciugandosi l'ennesima lacrima con le dita.
Levi non sapeva cosa rispondere e si limitò ad annuire, continuando a guardare il figlio con estrema meraviglia. Uno strano, bellissimo e travolgente sentimento prese piede nel suo cuore. Timidamente, avvicinò l'indice verso la sua manina ed Erwin glielo strinse, con curiosità. Si chinó verso di lui e, sotto lo sguardo commosso ma felice di Hange, gli bació la fronte, respirando a pieni polmoni quel buon profumo dolciastro che emanava la sua pelle.
-Ciao, Erwin! Adesso ci sono io, il tuo papà! - gli sussurrò affettuosamente.
Completamente pervaso dalla gioia, gli bació affettuosamente il visino e una lacrima di emozione scivoló velocemente lungo la sua guancia. Adesso la sua vita sarebbe cambiata irrimediabilmente. Adesso, assieme ad Hange, avrebbe iniziato a vivere una nuova, misteriosa e bellissima avventura: quella di crescere il loro meraviglioso e dolcissimo bambino.

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