Èxodos

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-Fermo! Non puoi trattarlo così!
Yelena si gettò ad aiutare Zeke ancora costretto a terra dal piede di Levi.
-Basta così, Levi - gli disse Hange fingendo di rimproverarlo - accertati che tutti i ragazzi siano rientrati a bordo. Tu, Yelena, occupati di Zeke...visto che si deve ancora rigenerare, da quello che vedo.
Chinò lo sguardo verso Zeke che, aiutato a risollevarsi da Yelena e da altri due soldati, non aveva ancora le gambe ed emanava vapore caldo da tutto il corpo. Evidentemente, era stato proprio Levi a recidergli le gambe per estrarlo prima dal corpo del Gigante Bestia. Forse sarebbe dovuta essere un po' più specifica quando gli aveva ordinato che doveva portarlo vivo. Ma, in effetti, Levi lo aveva fatto: Zeke era decisamente malconcio ma vivo.
-È questo...il benvenuto...che date ai vostri alleati? – grugnì l'uomo con il fiato corto.
-Se ti aspettavi qualcosa di più caloroso, ti sbagli di grosso! – replicò lei con freddezza, incrociando le braccia al petto – Levi, lascio tutto nelle tue mani...io torno nella cabina di pilotaggio...sistemali il meglio che puoi.
Mentre lei se ne andava, Armin entrò nella cabina e guardò Zeke e Yelena in un modo che non lasciava trasparire alcun entusiasmo.
-Starete in questa cabina! – aggiunse poi Levi, guardando Armin con la coda degli occhi – In attesa che arrivi il tuo tanto amato fratellino.
-Sta arrivando! – gli disse Armin, serio in volto, mentre apriva il portellone che dava verso l'esterno.
Armin spalancò il portellone e, aggrappato ad una rete e sempre sorretto da Mikasa, c'era Eren. Negli occhi del ragazzo non c'era alcuna gioia, nessun entusiasmo nel riavere davanti il suo ritrovato amico d'infanzia. Non dopo quello che era successo. Non dopo quello che tutti loro sono stati costretti a fare per salvarlo, come tutte le volte.
Malgrado qualche istante di titubanza, allungò la mano verso di lui per aiutarlo a salire a bordo. Eren lo guardò con i suoi grandi e profondi occhi smeraldini e afferrò con forza la sua mano, issandosi all'interno della cabina del dirigibile.
Levi era a pochi passi da lui quando lo vide entrare e restare a gattoni, troppo stanco per riuscire a sollevarsi in piedi. Non riusciva a credere che fosse davvero lui: era visibilmente cresciuto ma sporco, trasandato, con capelli lunghi e la barba incolta. Il suo animo iniziò ad essere pervaso da sentimenti contrastanti che nemmeno  lui sapeva decifrare.
-Tsk! Quanto sei sudicio! – esclamò poi con disgusto, avvicinandosi a lui – Sembra che tu sia caduto in un mare di merda!
Eren sollevò il viso e lo guardò dritto negli occhi con un misto di noia e apatia.
-Capitano...- sussurrò per nulla entusiasta di rivederlo.
In quell'istante, mentre lo guardava in quel modo così sfacciato, Levi rivisse nella mente la sofferenza che tutti loro avevano provato quando lui li aveva abbandonati. Nelle sue orecchie riecheggiarono i pianti inconsolabili di Hange che, per molto tempo, perse persino la voglia di vivere, cadendo nella più totale disperazione e depressione. Solo lui sapeva quanto aveva sofferto nel vederla in quello stato e ritrovarselo ora davanti agli occhi gli fece ribollire il sangue nelle vene per la rabbia. Se c'era una cosa che davvero non riusciva a sopportare era vedere Hange piangere. Così, veloce come un fulmine, gli sfoderò un poderoso calcio in pieno viso facendolo rotolare per qualche metro fino a sbattere violentemente contro la paratia della cabina.
Mikasa, che stava risalendo a bordo, assistette alla scena e stava per scagliarsi rabbiosamente contro Levi se non fosse stato per Armin che, con prontezza, la fermò trattenendola con forza per le spalle.
-Mi viene quasi nostalgia! – esclamò poi Levi con sarcasmo – Riesco ancora a prenderti a calci con facilità!
Dolorante, Eren si mise seduto con le spalle alla paratia e si passò una mano sulla bocca: il potente calcio dell'uomo gli aveva rotto il naso e spaccato le labbra da cui stava uscendo sangue. Ma non era un problema dato che le ferite si sarebbero rimarginate. Immediatamente, i due soldati che erano lì presenti gli puntarono la pistola contro, minacciosamente.
-Per prima cosa sei in arresto! – gli comunicò Levi, inflessibile e ligio al dovere – Poi discuteremo in un altro momento!
Eren si passò nuovamente una mano sulla bocca per cercare di fermare il sangue.
-Va bene...ma è tutto come vi avevo scritto nella lettera...pensavo...che mi avreste compreso...
Dopo quella risposta, Eren sollevò lo sguardo incontrando quello dell'uomo, carico di amarezza e di delusione. Levi non riuscì a intravedere nessun segno di pentimento in lui perché aveva gli stessi occhi spenti, inespressivi e apatici di chi non ha nulla da perdere. Di non aveva alcuno scrupolo.
-Ho visto tanti bastardi, nella Città Sotterranea, con la tua stessa faccia. Non me lo sarei mai aspettato da te... - gli disse Levi, contrariato, per poi voltarsi verso Zeke, ancora seduto per terra a pochi passi da loro -Adesso potete gioire! È andato tutto secondo i vostri piani!
I due soldati afferrarono Eren, lo misero su una panca e gli legarono le mani per immobilizzarlo mentre Mikasa ed Armin, in silenzio, osservavano tutto con il cuore a pezzi. Si, avevano ritrovato il loro amico ma a che prezzo? Un prezzo così alto che non sapevano se sarebbero riusciti mai a pagarlo.
A rompere il silenzio, ci pensarono le grida euforiche degli altri soldati nella cabina accanto.
-Credo...che stiano esultando per la vittoria...- disse Armin tristemente.
-Tsk! Vittoria! Quegli idioti non hanno capito un accidente! – brontolò Levi guardando Eren.
Yelena sbuffò e si mise accanto a Zeke restando in piedi proprio tra i due fratelli che ancora, a parte qualche rapida occhiata, non si erano scambiati nemmeno una parola. Mikasa rimase vicino ad Armin come per cercare conforto da lui. La distruzione e la morte che Eren aveva provocato era stato uno spettacolo che non avrebbe mai voluto vedere. Mai avrebbe pensato, che per raggiungere i suoi scopi, Eren sarebbe stato disposto ad uccidere persino dei bambini. Sembrava che quello che avevano vissuto da bambini, quando Reiner e Berthold attaccarono Shiganshina, non lo avesse persuaso a non replicare uno scenario simile. Era davvero addolorata eppure non riusciva a smettere di amarlo e ad essere felice per il fatto che era tornato da loro.
-Ehi, non credi che sia l'ora di togliersi quella roba? – disse Levi rivolgendosi a Yelena, notando che aveva sul viso ancora la barba posticcia.
La ragazza sogghignò e si accarezzò le guance.
-Ah...si...in fondo è un vero peccato – ironizzò pensando agli aventi accaduti – mi avevano persino fatto i complimenti...
Afferrò il lembo che partiva dall'orecchio ed iniziò a strapparla via dal viso.
Improvvisamente, il trambusto proveniente dall'altra cabina divenne più forte ma, a causa del rumore prodotto dai motori del dirigibile, non si riusciva a capire cosa stesse accadendo.
-Stanno ancora facendo casino, lì dentro? – bofonchiò Levi – Adesso vado e li...
Proprio in quell'istante, Jean entrò in cabina spingendo davanti due bambini: un maschio e una femmina. La bambina aveva i capelli castani lunghi fino alla spalla, mentre il bambino aveva i capelli corti e biondi. I loro volti erano sanguinanti e tumefatti, come se avessero ricevuto delle forti percosse, ed erano stati legati con le braccia dietro la schiena. Non appena i loro occhi caddero su Zeke, i due assunsero un'espressione sbigottita e lo stesso valse per l'uomo.
-Gabi...Falco...perché siete qui? – domandò pronunciando i loro nomi.
Evidentemente, Zeke conosceva bene quei due bambini e la cosa stava diventando alquanto complicata.
-Come perché? – strillò la bambina fuori di sé e sbigottita – Tu, piuttosto, perché sei ancora vivo? Sei stato catturato?
-Che diavolo ci fanno qui, questi due mocciosi? – tagliò corto Levi, infastidito per quanto stava accadendo, rivolgendosi a Jean.
-A quanto pare, sono riusciti ad uccidere il Comandante Lobov mentre eravamo in ritirata e si sono introdotti qui utilizzando il suo dispositivo di manovra tridimensionale – raccontò il ragazzo, addolorato e con voce tremante – Inoltre...la ragazzina...ha sparato a Sasha e... ormai...credo che per lei non ci siano più speranze...
A quelle parole Mikasa, Armin e Levi impallidirono e i due ragazzi corsero verso la cabina da cui era arrivato Jean. Si fecero largo tra i compagni e videro Sasha, agonizzante, sdraiata per terra con il medico che le sistemava le bende sull'addome per cercare di contenere la forte emorragia provocata dal proiettile. La ferita era così grave che stava perdendo sangue anche dalla bocca. Connie era accanto a lei, paralizzato dal terrore e dall'imprevedibilità degli eventi. Gli sembrava di vivere un incubo dal quale non stava riuscendo a svegliarsi e soprattutto si sentiva impotente perché non sapeva cosa fare per poterla salvare: Sasha, la sua Sasha giaceva a terra, in un lago di sangue e a malapena riusciva a respirare. Non poteva essere vero che quella bambina fosse riuscita ad entrare nel dirigibile e a spararle. Com'è stato possibile? Perché quell'ondata di dolore e sofferenza non riusciva a placarsi? Perché quel proiettile doveva colpire lei e noi lui? Avrebbe donato volentieri la vita per salvarla ma nessun dio era lì per ascoltare la sua preghiera.
Armin e Mikasa tentavano in tutti i modi di incoraggiarla a resistere, tamponando la ferita con altre bende.
-Ho...fame...car...ne... - sussurrò Sasha forse in preda al delirio.
Non era un delirio: in realtà stava davvero morendo di fame. La vista e l'udito le si stavano offuscando e riusciva a stento a vedere ed a sentire i suoi amici che piangevano disperatamente. Non riusciva a capire perché tutti stessero piangendo e urlando. Improvvisamente le balenò ciò che era accaduto: era stata sparata da una ragazzina saltata a bordo. Rocordava il rumore dello sparo e poi dolore, solo dolore. Il dolore era ormai così forte che non riusciva più a sentirlo. Le tornarono in mente i suoi genitori e i suoi fratelli; Eveline con i piccoli Klaus ed Erwin; Niccolo che l'aspettava per prepararle i suoi piatti preferiti e infine il suo sogno infranto di vivere assieme a Connie e Jean in una fattoria tutta loro. Vide ancora i volti di Connie e Jean, gli unici ragazzi a cui voleva davvero bene, le uniche persone con le quali avrebbe voluto vivere tutta la sua vita. Le sarebbe bastato quello per essere davvero felice. Nel mentre, iniziò a provare uno strano freddo lungo tutto il corpo. Respirare le stava iniziando a sembrare un atto impossibile eppure non voleva morire, non adesso che doveva ancora realizzare il suo sogno. Tossì e un rivolo di sangue le fuoriuscì dalla bocca. Non voleva morire. Storse gli occhi al cielo e, dopo che da essi scivolò una lacrima, esalò il suo ultimo respiro.
-No...no, Sasha! Sasha! Ti prego! – urlò Mikasa disperata scuotendole le spalle.
-Resisti, Sasha! Devi resistere!
Ma le grida disperate di Mikasa e Armin nulla poterono contro la mano della Morte che, impietosa, si era posata sulla povera Sasha. Come guidato da una forza oscura, Connie si alzò in piedi e si diresse verso la cabina dove Jean aveva portato i due bambini prigionieri. Afferrò il pomello della maniglia ed esitò. Udì le voci di Hange e Levi che discutevano con Zeke ed Eren. Gli mancava l'aria ed era come se qualcuno gli stesse stritolando la gola o riempiendo di calci nello stomaco. La testa gli stava esplodendo e le gambe gli tremavano come se avesse perso tutte le forze. Si fece coraggio, entrò e tutti si voltarono a guardarlo.
-Sasha...Sasha è...morta... - disse con un filo di voce mentre dai suoi grandi e spalancati occhi ambrati iniziarono a fuoriuscire le lacrime per l'indicibile dolore che stava provando.
Alla terribile notizia, Hange sbiancò, paralizzata.
-Che...che cosa? – balbettò sconcertata, dimenticando il discorso che aveva intrapreso con Eren e Zeke.
Gli occhi di Jean si gonfiarono di lacrime mentre Levi abbassò il capo con immensa afflizione. Nessuno, nemmeno i due bambini riuscirono a dire una sola parola per quanto era accaduto.
-Connie...quali sono state le ultime parole di Sasha? – domandò Eren, rompendo il silenzio.
-Ha detto...ha detto solo carne...- gli rispose il ragazzo, con il viso rigato dalle lacrime che ormai scendevano dai suoi occhi come se fossero un fiume.
Alla risposta, Eren iniziò a ridacchiare sadicamente, senza alcun rispetto per il dolore che i suoi vecchi compagni stavano provando per la perdita della loro amata amica.
-Eren! Sasha non è più tra noi perché hai coinvolto il Corpo di Ricerca in questa storia – gli disse Jean, sconvolto ma cercando con tutte le forze dal trattenersi nello spaccargli la faccia a suon di pugni.
Eren non gli rispose e il suo viso assunse un'espressione indecifrabile: come sempre, nessuno poteva capire che tutto ciò che stavano vivendo era già stato scritto dal Destino e che lui aveva avuto la condanna di vederlo più e più volte.
Dopo averlo guardato con perplessità, Hange si diresse nella cabina dove giaceva Sasha. Armin e Mikasa piangevano a terra, disperati, vicino al suo corpo ormai privo di vita. Era uno spettacolo che strappava il cuore.
-Mi dispiace, Comandante – le si avvicinò il medico – Ho fatto tutto quello che potevo...il proiettile le ha attraversato lo stomaco e...
Hange gli posò una mano sulla spalla.
-Grazie...dottore...- gli disse continuando ad avere davanti quella scena straziante – Quante vittime abbiamo?
-Otto, Comandante...dopo il Comandante Lobov, Sasha Braus è stata l'ultima... - le rispose l'uomo, passandosi una mano sulla fronte.
Otto dei suoi uomini erano morti per averla seguita in quella follia, tra cui anche Sasha. Non riusciva a credere a ciò che era accaduto e se ne stava paralizzata, in silenzio, a fissare il corpo della ragazza.
Si inginocchiò verso di esso e, delicatamente, con una carezza, le sistemò una ciocca di capelli. Poi si chinò verso la sua fronte e le diede un bacio. I suoi occhi non riuscirono più a contenere le lacrime.
-Perdonami...perdonami...
Si ritenne responsabile per la sua morte, come per quella degli altri. Se avesse rifiutato di aiutare Eren, nessuno sarebbe morto e Sasha sarebbe stata ancora lì, a tormentarli per quando avrebbero potuto mangiare. In quel momento, non riusciva a fare a meno di sentire il pianto disperato e inconsolabile di Mikasa che, in ginocchio, aveva il viso nascosto tra le mani. Conosceva bene quella sofferenza, perché era la stessa che lei aveva provato per la perdita di Moblit e degli altri suoi amici. Le si avvicinò e la strinse forte a sé e Mikasa ricambiò il gesto. Anche Armin si avvicinò a loro e le abbracciò, cercando in qualche modo di farsi forza.
-Un giorno...mi perdonerete... - sussurrò Hange, con un filo quasi impercettibile di voce, mentre continuava ad accarezzare i capelli di Mikasa.
-No...Hange...- balbettò Armin – Non avevamo...altra scelta...
A quelle parole, Mikasa si strinse di più ad Hange cercando di soffocare il suo pianto straziante. Armin aveva ragione: gli eventi si erano susseguiti in modo così inaspettato che, messi alle strette, dovettero obbligatoriamente prendere quella decisione. A costo di scatenare una guerra mondiale. A costo di veder morire le persone che amavano.
Hange sollevò lo sguardo verso il medico e gli fece un cenno con i capo. Così, l'uomo chiamò due dei suoi assistenti che si chinarono uno ai piedi e uno alla testa del corpo di Sasha e lo sollevarono.
-No! Fermi! – cercò di ribellarsi Mikasa ma Hange continuava a stringerla con forza a sé.
-Lo so, Mikasa...lo so...ma non può restare qui...- le rispose Hange con voce tremante per il dolore.
I due aiutanti trasportarono il corpo nella cabina dove erano stati messi i corpi degli altri deceduti in battaglia. Dovevano ripulirli e sistemarli in modo che, non appena arrivati a Stohess, li avrebbero potuti trattare per dar loro una degna sepoltura.
-Comandante...
Era Jean che, giunto da poco, era in piedi alle loro spalle e fissava la grossa macchia di sangue lasciata sul pavimento di legno. Anche se non stava piangendo come tutti gli altri gli sembrò che gli avessero strappato via l'anima. Ma non poteva soccombere al dolore. Doveva essere forte, non solo per lui ma anche per i suoi amici.
-Comandante... - continuò il ragazzo, a fatica, come gli gravasse un macigno sul petto – il Capitano Levi ha ordinato di sistemare i due prigionieri in una cabina separata da quella di Zeke ed Eren.
Per un attimo, Hange aveva dimenticato di quei due bambini presenti a bordo.
-Ho capito...- gli rispose mentre continuava ad abbracciare la povera Mikasa – Jean...per favore...
-Non devi dirmi altro... - le disse il ragazzo chinandosi accanto a lei per poi rivolgersi a Mikasa – Avanti, Mikasa...
Non appena le sfiorò la schiena, la ragazza si gettò tra le braccia di Armin come se non volesse consolazione da nessun'altro. Mentre Hange si alzava in piedi, Armin guardò il volto afflitto di Jean con gli occhi ancora carichi di lacrime. Nei loro sguardi si riusciva a scorgere tutta l'impotenza che provavano nel dover affrontare quel tragico evento.
Non appena varcò la soglia della cabina, Hange si recò a prendere una cassetta di primo soccorso e andò alla ricerca dei due prigionieri. Sbirciò da un oblò della porta e li trovo, rinchiusi in quella cabina e sorvegliati a vista da un soldato. Quando entrò vide che erano ancora saldamente legati con le braccia dietro la schiena. Il ragazzino si girò a guardarla mentre la ragazzina aveva lo sguardo perso nel vuoto.
Si mise di fronte a loro e osservò ancora i loro volti lividi e sanguinanti. Quando raggiunse Levi per vedere Eren, non credette ai suoi occhi quando li vide assieme a Jean e soprattutto le sembrava davvero assurdo che fossero riusciti a salire a bordo del dirigibile. Finalmente il suo sguardo cadde sulla fascia gialla che avevano al braccio sinistro: era il simbolo dei Guerrieri Cadetti di Marley. Le avevano riferito che, a Liberio, i bambini venivano strappati alle loro famiglie per essere addestrati ad essere dei soldati. I più meritevoli e dotati, poi, ricevevano il titolo di Guerriero Cadetto che stava a significare che erano stati scelti per ereditare uno dei poteri dei Giganti. Eppure, nel vederli ridotti in quello stato, quei due bambini riuscirono solo a procurarle compassione, nonostante la bambina avesse poi ucciso Sasha. Ma in guerra ognuna delle parti vuole avere ragione e in questo caso, quei bambini stavano solo difendendo la loro patria. Se fosse stata al loro posto, avrebbe fatto senz'altro la stessa cosa.
Si inginocchiò di fronte a loro e aprì la cassetta di primo soccorso. Prese la boccetta di tintura di iodio e vi bagnò delle bende pulite, il tutto sotto lo sguardo sconcertato della guardia.
-Vi chiedo scusa a nome dei miei uomini...ma...come ha detto Zeke, siete stati un errore di calcolo del tutto inaspettato...
Iniziò a tamponare la guancia ferita del bambino che emise un vero di dolore e cercò di ritirarsi.
-Lo so...fa male...ma non potete restare con le ferite così...si potrebbero infettare... - gli disse Hange mentre continuava a tamponagli il viso – Adesso chiudi gli occhi.
Titubante, il ragazzino fece come gli chiese e Hange iniziò a pulirgli gli occhi.
-Tsk! Accidenti...ve le hanno date di santa ragione...ditemi...come vi chiamate?
La ragazzina, come ridestata dal sonno, si girò verso di lei ed assunse un'espressione aggressiva e minacciosa.
-Vai all'inferno, sporco demone! Tu e tutti gli altri maledetti morirete presto perché verranno a salvarci! Stanne pur certa! – strillò rabbiosamente.
-Ehi! Bastardi mocciosi! – sbottò subito la guardia – Sappiate che state parlando con...
Hange si voltò verso l'uomo e lo fulminò con lo sguardo, facendo sì ammutolisse e tornasse al suo posto. Poi inarcò un sopracciglio e riprese a medicare il bambino.
-Che nome lungo! Non pensavo che i bambini eldiani, a Marley, avessero nomi così strani – ironizzò – mi chiedo come facciano i vostri genitori a ricordarli...
Sorpresa da quella risposta insolita, la bambina la guardò con sconcerto.
-Ecco...adesso dovrebbe andare meglio – disse Hange accarezzando i capelli biondissimi del ragazzino.
Il bambino rimase molto colpito dalla gentilezza che quella donna stava mostrando nei loro confronti, tanto che sulle sue guance apparve un lieve rossore.
-Mi chiamo Falco – le disse timidamente – e lei, invece, si chiama Gabi.
Sul viso di Hange appearve un lieve sorriso.
-Falco e Gabi...bene...quanti anni avete? – domandò mentre prendeva delle bende nuove per poter pulire le ferite della ragazzina.
-Dodici – le rispose sempre il bambino.
Hange si avvicinò alla bambina per cercare di disinfettarle le ferite, ma questa iniziò a strillare di non toccarla.
-Sei davvero un tipetto tosto! – esclamò Hange – Del resto, sfruttare il movimento di manovra tridimensionale per salire sul dirigibile, è un'idea che a pochi sarebbe venuta in mente. Devo ammettere che non so dire se siete stati coraggiosi o molto incoscienti.
-Gabi...adesso smettila...- le disse Falco, guardandola con fermezza.
Gabi guardò Falco con stupore e a quel punto, Hange le afferrò il viso e, con la mano libera, iniziò a pulirle il viso dai grumi di sangue. Mentre lo faceva, rimase colpita da quei lineamenti dolci e dagli occhi grandi ed espressivi.
-Mi perdoni, signora...perché...perché ci sta aiutando? – le domandò Falco, assecondando un momento di coraggio.
Hange trasse un profondo respiro, mentre tamponava gli occhi di Gabi.
-Perché da qualche parte deve pur finire...
A quella risposta, Gabi la sguardò con stupore restando sorpresa nel vedere quello sguardo serio ma gentile.
-Avete ucciso una nostra amica...ma è la guerra...e la guerra non può finire se non si mettono da parte i desideri di vendetta – continuò Hange - Volevo molto bene a Sasha...era come se fosse una mia sorella minore...noi abbiamo attaccato la vostra città e voi vi siete difesi...questa era una reazione che avevo messo in conto...anche se la morte di chi si ama non è mai contemplata...Purtroppo, da quello che vedo sulle vostre braccia, voi siete dei Guerrieri Cadetti di Marley ed è mio dovere dichiararvi in arresto. Nonostante questo, sappiate che sarà mia cura assicurarmi che veniate trattati con rispetto e farò in modo che non vi manchi nulla. Questo perché...nessun bambino dovrebbe vedere la guerra...e i vostri occhi mi dicono che l'avete vista già altre volte...purtroppo...
Posò le bende sporche sul pavimento e chiuse la boccetta di tintura di iodio, guardando i loro volti puliti ma con i tipici segni rosso-bruno del disinfettante.
-Tra qualche minuto farò venire il medico per pulirvi meglio...
Inserì la boccetta nella cassetta, la chiuse e prese le bende sporche. Poi, tenendo tutto tra le mani, si alzò in piedi e li guardò con dolcezza.
-È stato un piacere conoscervi! - esclamò mentre si dirigeva verso la porta – Se avete bisogno di qualcosa, non esitate a chiedere.
I due bambini e la guardia la fissarono con confusione.
-Che strana donna...- borbottò Gabi, non appena Hange lasciò la cabina.
-Quella donna si chiama Hange Zoe ed è il nostro Comandante! – le rispose bruscamente il soldato – Quindi stai attenta a come ti rivolgerai di nuovo a lei, mocciosa!
I due bambini spalancarono gli occhi e si guardarono con meraviglia, ancora sorpresi di aver ricevuto quell'inaspettato gesto di gentilezza nei loro confronti, nonostante avessero appena ucciso la donna che si chiamava Sasha, proprio dal Comandante di quella spedizione.
Hange si recò a lasciare la cassetta di primo soccorso, riponendola al suo posto e gettando le bende sporche.
-Ehi, Hange!
Era Levi che era sbucato da dietro le sue spalle.
-Oh, Levi...come stanno i ragazzi? – gli domandò mentre continuava a maneggiare qualunque cosa le capitasse a tiro per evitare di incontrare il suo sguardo.
-Si stanno facendo forza – le rispose brevemente e con espressione amareggiata – Tu...piuttosto...come stai?
A quella domanda, Hange si sentì travolgere da un'ondata incontrollabile di sentimenti. Avevano compiuto una strage in nome di una libertà che forse non avrebbero mai vissuto. Una strage che probabilmente avrebbe scatenato una guerra mondiale contro Paradis. Una guerra a cui il suo bambino nonnsarebbe potuto sfuggire. Aveva perso otto dei suoi soldati e Sasha era molta uccisa da dei bambini-soldato, addestrati a odiare gli eldiani di Paradis come se fossero gli artefici di ogni male nel mondo. Sasha era morta. E la colpa di tutto questo era solo sua perché aveva accettato di aiutare Eren. Perché non aveva avuto il coraggio di abbandonarlo in quell'assurda follia.
-Sto...sto bene... - gli rispose con voce tremante ma cercando con tutte le forze di essere forte – In fondo...lo avevo messo in conto...come tutte le volte...
Si chiedeva se un giorno sarebbe riuscita ad espiare quella colpa. Tuttavia, la sua mente ripercorreva ogni momento che aveva vissuto con Sasha: quando scherzavano insieme; quando si allenavano a sparare; quando cucinavano assieme ad Eveline; quando giocavano con Erwin e Klaus; quando le si sedeva accanto in cerca di conforto o semplicemente di affetto. Di nuovo doveva vivere e sopravvivere alla perdita di una persona che amava ma adesso non ce la faceva più. Non aveva più la forza per sopportare tutto quel dolore.
Sopraffatta dai suoi stessi sentimenti, cadde in ginocchio per terra e scoppiò a piangere disperatamente sotto lo sguardo afflitto di Levi. L'uomo si chinò al suo fianco e la strinse forte a sé, avvertendo la solita sensazione di impotenza che provava ogni volta che la vedeva piangere. Nuovamente, doveva assistere al crollo del suo faro di speranza e non poteva farci nulla.

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