Incipit

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-Mamma! Mamma!
-Erwin, fai piano altrimenti poi chi lo sente tuo padre - ridacchiò Hange con rassegnazione mentre visionava i soliti documenti nel suo studio a casa.
-Guarda che cosa ho preso!
Hange si chinò per sbirciare che cosa il piccolo stesse tenendo tra le manine e vide che era una piccola lucertola. Con orgoglio, guardò poi entrambi i bambini che erano proprio di fronte a lei, con i pantaloni sporchi di terra perché stavano giocando in giardino. Dolcemente, accarezzò le loro testoline capellute.
Tutte le volte che li vedeva, non le sembrava vero quanto il tempo fosse trascorso così velocemente. Adesso Erwin e Klaus avevano quattro anni. Erano due bambini sani e forti e, come aveva previsto Eveline, erano diventati alquanto vivaci e un po' monelli, ma era normale per dei piccoli della loro età. Klaus era leggermente più alto di Erwin e aveva conservato i suoi caratteristici capelli ricci. Eveline diceva che sarebbero rimasti così per sempre.
I capelli nerissimi di Erwin, invece, erano diventati lisci come quelli del padre che non faceva altro che spazzolarglieli. Levi voleva che i bambini fossero sempre puliti, ben vestiti e in ordine. Sicuramente ciò era dovuto, come al solito, al suo trascorso nella Città Sotterranea, quando lui e sua madre erano così poveri che lei era costretta a cucirgli i vestiti utilizzando la stoffa dei suoi abiti che non poteva più utilizzare perché ormai troppo logori. Nonostante con loro fosse giusto e un po' severo, lasciava che giocassero e che si esprimessero come volevano, senza fare danni ovviamente. Del resto, quella casa con il giardino l'aveva presa apposta per loro e da quando i loro passi erano diventati più sicuri, i due amavano giocare lì sempre sotto lo sguardo vigile di Levi, quando era a casa, oppure di Eveline.
Inoltre, il bimbo aveva un po' di sigmatismo, un piccolo difetto di pronuncia della lettera S cosa che, assieme alla sua vocina bianca, lo rendeva ancora più dolce e buffo.
-Che bella! – esclamò Hange spalancando gli occhi con sorpresa – L'hai presa tu?
-Si, mamma! – le sorrise Erwin, richiudendo delicatamente le manine affinché l'animaletto non potesse scappar via.
-Però l'ho vista prima io! – replicò Klaus con l'orgoglio che poteva avere un bambino di quell'età.
-Siete davvero due bimbi bravissimi! – disse loro con fierezza.
Hange li guardò intenerita e accarezzò dolcemente le loro morbidissime guance. Erwin aveva dei gran bei occhi azzurri che luccicavano come diamanti. Il suo visino era morbido, piccolo e tondo cosa che a lei rendeva impossibile non prenderlo tra le mani e riempirlo di baci.
-Ehi, voi due, avete finito di scorrazzare per casa tutti sporchi di terra e con quella cosa in mano? – disse Levi, avvicinandosi all'ingresso della stanza con addosso la sua solita tenuta per le pulizie.
-Zio, zio! Zia ha detto che abbiamo preso una lucertola! Guarda, guarda! – saltellò Klaus verso di lui, aggrappandosi poi alle sue gambe.
Levi si abbassò il fazzoletto fin sotto il mento e si piegò sulle ginocchia per essere all'altezza del bambino, mentre Erwin se ne stava vicino ad Hange, non sapendo cosa fare.
-Vieni, Erwin. Voglio proprio vedere se tua madre ha detto il vero... - disse con espressione un po' severa, mentre Klaus gli tirava ritmicamente la camicia all'altezza della spalla con eccitazione.
Facendo attenzione, Erwin si avvicinò verso di lui e, sorridendogli timidamente, gli mostrò l'animaletto. Hange rimase seduta e poggiò il braccio allo schienale della sedia, osservando intenerita la scena.
-Ecco, lo sapevo! – esclamò Levi dopo aver constatato che si trattava di una lucertola – Questa non è una lucertola!
-Oh! E che cos'è? – gli chiese il figlio un po' preoccupato ma incuriosito.
Levi guardò i due bambini con serietà ed esitò qualche secondo prima di rispondere.
-Questo è un piccolo di drago!
I visi dei due bambini si illuminarono per la meraviglia, mentre Hange iniziò a ridacchiare scuotendo la testa.
-Ecco...ci risiamo! - borbottò tra sé mentre si massaggiava la fronte.
-Un drago? – domandò subito Klaus con incredulità.
-Si...è ancora piccolo ma, quando crescerà, gli spunteranno le ali e inizierà a sputare fuoco dappertutto – spiegò Levi come se stesse raccontando una storia epica.
-Ma papà, così ci brucerà la casa! – gli fece notare Erwin spalancando i suoi occhietti con timore.
-No, ma se lo libererete subito in giardino, andrà via e brucerà i sederini solo ai bimbi cattivi – rispose l'uomo con la sua solita espressione seria ed impassibile, mentre Klaus sobbalzò un po' allarmato.
-Ma noi...noi siamo buoni...lui non ci brucerà mai il sederino...non è vero? - continuò Erwin, sbirciando tra le dita delle mani e guardandolo poi corrucciato.
-Si...ma dovete continuare ad esserlo altrimenti tornerà quando sarà grande...e non ci vorrà molto, credetemi! – aggiunse Levi, senza vacillare.
I due bambini si guardarono impauriti con la coda degli occhi, cercando di capire cosa fare per evitare l'ira funesta del drago e a questo punto Levi fece loro un piccolo sorriso rassicurante.
-Vi svelo un segreto: se lo libererete subito in giardino e gli chiederete scusa per averlo catturato e spaventato, lui diverrà vostro amico...ma solo se continuerete ad essere dei bravi bambini. Se fate i monelli, invece...
-Forza, liberiamolo subito! – esclamò Klaus trepidante, interrompendolo e tirando la maglia di Erwin.
Il bimbo annuì e corsero subito fuori in giardino, con la stessa allegria di quando erano entrati in casa. Eveline, che in quel momento stava rientrando in casa sorreggendo il cesto della biancheria asciutta, li scansò giusto in tempo prima che potessero farla inciampare.
-Ehi! Fate attenzione! – li rimproverò senza ottenere risposta, come era di norma – Altrimenti vi fate male! Ah! Che razza di monelli!
Levi si passò una mano tra i capelli e si rimise in piedi, lanciando un'occhiata ad Hange che lo stava guardando con un misto di dolcezza e rassegnazione.
-Devi sempre raccontare queste storielle per terrorizzarli e far sì che se ne stiano buoni? Non eri tu quello che diceva "mio figlio non deve avere paura di nulla"? – gli domandò retoricamente.
-Tsk! Sempre meglio delle tue vomitevoli storie sui Giganti! Voglio solo assicurarmi che durante la nostra assenza non facciano i capricci...– replicò lui, aggrottando la fronte, mentre le si avvicinava.
-Inoltre...non eri sempre tu che dicevi che non bisognava riempire la loro testa con inutili sciocchezze? Che bisognava dire loro la verità? – lo beffeggiò lei con un sorrisetto furbo sulle labbra.
-Credo che sia più probabile che una lucertola si trasformi in un drago piuttosto che una principessa si innamori di un Gigante – le disse lui, guardandola con intensità – Tsk! Che roba disgustosa!
Si appoggiò allo schienale della sedia e si chinò leggermente per baciarla mentre lei ridacchiava felice.
-Poi, un giorno, glielo spiegherai tu perché quella lucertola non si è trasformata in un drago? – gli sussurrò Hange, accarezzandogli il viso.
-Dirò loro che mi sono sbagliato, razza di Quattrocchi di merda! Devi sempre puntualizzare tutto! – le rispose lui scompigliandole i capelli, approfittando che i bambini erano lontani.
Intanto, Erwin e Klaus raggiunsero il piccolo orto dove Hange aveva piantato alcune erbe officinali che sarebbero potute essere utili e qualche ortaggio per far veder loro da dove proviene la verdura. Erwin si inginocchiò nei pressi dell'aiuola e avvicinò le manine, ancora socchiuse, verso la terra.
-Ti prego, piccolo drago. Scusaci per averti catturato e spaventato...e ti prometto che saremo sempre buoni. Non bruciarci il sederino, per favore.
Sotto lo sguardo attento e interessato di Klaus, Erwin aprì le mani e la lucertola fece qualche passo verso la terra. Estroflettendo la piccola lingua biforcuta, si guardò come se fosse incredula di aver riconquistato la libertà e poi scappò via, nascondendosi tra il fitto fogliame delle piante.
Erwin tirò un sospiro di sollievo e sorrise felice.
-Torniamo a giocare! – esclamò Klaus tirandogli la maglia.
Erwin si alzò e poi corsero insieme schiamazzando verso la parte di giardino dove avevano lasciato i loro giocattoli, come se fossero sicuri che il drago li avrebbe protetti per sempre.
Giunse la sera e, dopo aver dato la buonanotte agli zii, Eveline mise a letto il suo Klaus che non aveva fatto altro che sbadigliare durante tutta la cena. Erwin, invece, continuò a starsene seduto sulle ginocchia del padre, sul divano, mentre lui sfogliava una rivista. Era bello guardare quelle immagini così colorate e tutte le volte che chiedeva cosa fossero, Levi gli rispondeva con insolita pazienza.
Hange stava finendo di dare una sistemata alla cucina, quando udì la vocina cristallina del figlio domandare al padre se potevano andare a vedere il cielo. Levi chiuse la rivista ed Erwin saltellò dalle sue ginocchia correndo verso l'ingresso. Era ancora troppo piccolo per riuscire ad aprire la porta e, anche se saltellava con insistenza, le sue dita riuscivano solo a sfiorare di striscio la maniglia metallica. Levi lo raggiunse, aprì la porta ed Erwin sgattaiolò fuori rimanendo però sempre vicino all'ingresso. Era una stupenda serata di fine maggio. La temperatura era perfetta, l'aria era pulita e si udiva lo stridente frinire dei grilli e il rauco gracidare delle ranocchie. Erwin si voltò verso il padre e gli fece capire che voleva essere preso in braccio, cosa che Levi non volle obiettare. L'indomani lui e Hange sarebbero dovuti partire verso Città del Porto per imbarcarsi su una nave hizuruiana che li avrebbe condotti a Marley. Dato che doveva stare via da lui per quasi in mese, aveva solo voglia di assecondare ogni sua richiesta, nei limiti del possibile.
-Papà, che cosa sono quelle? – gli chiese Erwin, indicando con il ditino verso le stelle e tenendosi stretto alla sua spalla.
-Erwin, lo sai cosa sono. Tua madre te l'ha spiegato tante volte – sbuffò Levi, sostenendolo meglio tra le braccia.
-Ma io voglio vedere se lo sai tu – replicò il bimbo con un sorrisino furbetto.
Levi trattenne un sorriso e assunse una finta espressione pensierosa. Poi volse gli occhi al cielo e osservò le stelle con scrupolosità. Quando era stato piccolo come lui, sua madre gliele aveva descritte tante volte e infinte volte lui aveva sognato di poterle vedere assieme a lei. E adesso era in superficie, con in braccio suo figlio, intento a guardare quel cielo che aveva sempre sognato. Chissà se sua madre sarebbe stata felice di avere un nipote. Si, sicuramente lo sarebbe stata, pensò infine.
-Allora... - iniziò a riflettere ad alta voce – quelle cose sono dei brillanti...
-No! - rispose Erwin scuotendo la testa.
-Delle lucciole!
Erwin scosse ancora la testa in segno di negazione.
-Delle lampade?
-Ma no, papà! – esclamò il piccolo, esasperato dalle risposte del padre, afferrandogli il viso con entrambe le mani per guardarlo negli occhi – Te lo spiago io!
-Si dice "spiego" ...avanti! Che cosa sono? – gli chiese Levi fingendo di non sapere.
-Sono le stelle! – rispose Erwin con orgoglio, con la sua S sifula.
-Stelle? E cosa sono le stelle? Non ricordo... – gli domandò ancora Levi, stando al gioco.
Era forse la milionesima volta che facevano quel discorso, ma era bello vedere il suo bambino che cercava di spiegargli cosa fossero. Amava constatare che Erwin aveva la stessa curiosità della madre, anche se, come tutti i bambini, a volte era un pochino irriverente.
-Sono delle grandissime palle di fuoco – gli spiegò Erwin, spalancando le braccia come se volesse fargli capire quanto fossero grandi.
-Ah...ma se sono grandissime, perché io le vedo così piccole? – aggiunse Levi sempre fingendo di essere confuso.
-Perché sono lontanissime da noi – rispose il piccolo, come se la cosa fosse ovvia.
-Ah...
-Loro stanno nello Spazio.
-E perché non le vediamo anche di giorno?
-Perché è colpa del Sole. Il Sole è troppo grande e fa tantissima luce. Per questo non le vediamo. Ma la sera, quando lui va a nanna, possiamo vederle. Ora sei felice, papà?
Levi si voltò verso il figlio e lo guardò dritto nei suoi grandi occhi azzurri, proprio come i suoi. Gli sorrise intenerito e gli diede un bacio sulla guancia.
-Si. Grazie. Ora sono più felice.
Rallegrato, Erwin gli sorrise e lo strinse con entrambe le braccia.
-Papà, anche a Malley ci sono le stelle? – domandò stropicciandosi un occhietto assonnato.
-Si dice "Marley" – gli rispose Levi scandendo bene ogni lettera della parola – e si...anche lì ci sono le stelle...ma non sono belle come queste...
-Sono brutte?
-Si...sono brutte...qui sono molto più belle... - gli rispose con un nodo in gola, pensando a quanto sarebbe stato difficile, come sempre, stare lontano da lui.
Per qualche secondo, tra i due ci fu silenzio.
-Papà, tu e la mamma tornerete? – gli domandò Erwin, appoggiando la testa alla sua spalla.
-Certo! Come sempre...mamma e papà devono lavorare...ma torneremo presto, non ti preoccupare...
-Un giorno, potrò venire con voi?
-Quando finirà la guerra...forse...
Levi lo strinse di più a sé, accarezzandogli la schiena ed Erwin gli cinse il collo con le braccia. Crescendo, Erwin stava iniziando a fare sempre più domande. Era un bambino curioso ed era normale che ponesse delle domande per comprendere l'immenso mondo che lo circondava. Sapeva qual era il mestiere dei genitori ed Hange aveva cercato di spiegarglielo nel modo più comprensibile che potesse esistere. Non era facile spiegare ad un bambino cos'era la guerra e gli dissero che era come quando lui e Klaus bisticciavano, ma molto più grande.
-Allora! – esordì Hange sbucando allegramente dalle loro spalle – Come mai questo bambino non ha voglia di fare la nanna?
Si avvicinò al viso di Erwin, che continuava ad abbracciare il suo papà, e gli diede un affettuoso bacio sulla guancia.
-Mamma, posso dormire con voi? – le domandò il figlio con infinita dolcezza, rimanendo appoggiato alla spalla dal padre.
Hange ridacchiò e si sistemò gli occhiali.
-Non lo devi chiedere a me, ma a tuo padre – gli rispose furbescamente, guardando Levi con la coda degli occhi.
A questo punto, Erwin si sollevò un pochino e afferrò di nuovo il viso di Levi con entrambe le mani: era un gesto che faceva tutte le volte quando pretendeva attenzione.
-Papà, posso fare la nanna con te e la mamma? - domandò guardando il padre dritto negli occhi.
Tutte le volte che lo guardava con quel faccino, Levi si sentiva sciogliere dalla tenerezza. Era davvero troppo dolce e carino.
-Solo se tu mi...
Prima che potesse chiedergli qualsiasi cosa, Erwin gli diede un piccolo bacio sulle labbra lasciandolo totalmente impietrito. Hange non sapeva se ridacchiare o commuoversi: Erwin era un bimbo davvero dolce e tutte le volte riusciva a prendere il padre alla sprovvista con questi gesti improvvisi di estrema dolcezza.
-Va bene questo, papà? O ne vuoi ancora?
Gli occhi di Levi brillavano per l'infinita tenerezza che provava nei suoi confronti. Voleva che gli promettesse che avrebbe iniziato a mangiare di più le verdure, ma andava bene così.
-Va bene! – gli rispose sorridendogli – Adesso entriamo, così ci prepariamo.
-Forza! – esclamò Hange energicamente mentre Levi glielo passava in braccio – Adesso andiamo a lavarci i dentini e a indossare il pigiamino. Così, intanto, papà prepara il lettone.
Hange gli sorrise e iniziò a riempirlo di baci sul visino, mentre lui sorrideva felice. Prima di rientrare in casa, si accorse che Levi la stava con la sua solita espressione di quando era contrariato.
-Che c'è? È inutile che mi guardi così! È da te che ha preso! – gli disse per prenderlo in giro.
-Tsk! Come no! Avanti, entra! – le rispose facendola entrare in casa.
Prima di rientrare, Levi sollevò un'ultima volta lo sguardo verso il cielo e sorrise tra sé nel ricordare quanto, da bambino, adorasse anche lui ricevere le coccole della sua mamma. Quindi si, forse suo figlio aveva ereditato anche questo da lui, ma non voleva dare ad Hange questa piccola scusa per poterlo prendere in giro.
Rientrato in casa, Eveline si era seduta sul divano a ricamare. Ancora non aveva sonno e quindi ne stava approfittando per rifinire un lavoretto che aveva quasi concluso.
-Conviene che Klaus dorma con te questa notte. Erwin vuole stare con noi – la avvisò.
Da quando erano un po' cresciuti, i bambini dormivano nei loro lettini condividendo insieme una cameretta. Anche se avevano i letti separati, ormai Eveline glieli aveva avvicinati visto che Klaus in piena notte si intrufolava quasi sempre in quello di Erwin.
-Lo immaginavo...non ti preoccupare, Klaus è già nella mia camera – gli rispose Eveline con gentilezza, sollevando un attimo lo sguardo verso di lui.
-Bene! Allora buona continuazione e buona notte – le augurò lui dirigendosi poi verso le camere da letto.
-Buonanotte, Levi!
Quando entrò in camera, Hange aveva già indossato il suo pigiama e stava preparando quello di Erwin. Era un bimbo molto indipendente e gli piaceva indossare i vestiti da solo, anche se aveva ancora bisogno di aiuto per infilare le braccia nelle maniche delle magliette. Hange lo aiutò e poi lo portò in bagno, sollevandolo in braccio per fargli lavare i dentini. Non appena finì, saltò giù dalle braccia della madre e corse in camera dal padre che lo aspettava già steso sul letto. Si arrampicò su di esso, prese il suo amato coniglietto che stava lì e si mise al centro, intrufolandosi poi sotto le lenzuola. Sospirò felice e sollevò gli occhi, incontrando quelli di Levi che lo guardavano con intensità.
-Papà? – iniziò a dire mentre stringeva il coniglietto a sé.
-Che c'è?
-Perché tu non indossi mai il pigiama?
Nonostante avesse preso l'abitudine di dormire un po' di più, Levi continuava però a farlo indossando un pantalone e una maglia comune.
-Perché non mi piace – gli rispose inarcando un sopracciglio.
-E perché non ti piace?
-Perché non mi piace e basta!
Con delicatezza, Levi gli tirò la punta del nasino e il figlio scoppiò a ridere divertito.
-Ah! Vedo che qui stiamo ancora giocando! – esclamò Hange, sorridendo, rientrando in camera – Adesso basta! È ora di dormire!
Si sedette a bordo letto, sul lato libero e si sfilò gli occhiali e la benda, posandoli sul comodino.
Non appena lei si stese sotto le lenzuola, Levi spense la luce della lampada ad olio sul suo di comodino. Anche se era buio, Hange intercettò il visetto di Erwin e iniziò a riempirlo di baci.
-Mamma, lo sai che papà non indossa il pigiama perché non gli piace? – le disse il bimbo mentre si godeva le coccole.
-È così che ti ha detto? – gli chiese Hange, accarezzandogli i morbidissimi capelli.
-Si! Tu lo sapevi?
-No, non lo sapevo – ridacchiò Hange, immaginando l'espressione contrariata sul volto di Levi in quel momento – Io pensavo che non lo indossasse perché è monellaccio!
-Ma no, mamma! No! – esclamò Erwin un po' contrariato – Papà non è monello.
-Ah, si? E perché?
Erwin si accucciò tra le braccia di Levi, come se volesse consolarlo da ciò che aveva detto la madre.
-Perché il mio papà, è il papà più fortissimo e buonissimo di tutto il mondo! – le rispose affondando il viso nel petto del padre, continuando sempre a stringere il suo coniglietto.
Aveva sbagliato a pronunciarsi ma Levi non volle correggerlo perché era stato troppo dolce e tenero, come sempre.
Ridacchiando, Hange si allungò verso Levi e gli diede un bacio sulle labbra, augurandogli la buonanotte.
-E buonanotte anche a te, amore della mamma - disse infine dando un altro bacio al figlio.
Levi posò la testa sul cuscino e con la punta delle dita iniziò ad accarezzare la testa di Erwin. Dopo alcuni minuti, avvertì la mano di Hange che accarezzava il braccio del piccolo e gliela strinse. Godendo del dolce profumo che emanavano i capelli di suo figlio, chiuse gli occhi cercando in tutti i modi di farsi forza. Sarebbe stato via un mese e sperava che sarebbe trascorso il più velocemente possibile.

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