22 Capitolo.

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Pov's Luke

Il cuore si spegne, la rabbia si accende e il mondo smette di girare. La vista si offusca e le cose perdono forma. Le mani partono e il cervello disconnette. Non esistono pensieri, il buio prende posto nel cervello. Le orecchie fischiano e non sentono niente.
Urlavo il suo nome e neanche me ne accorgevo. Il suo nome scivolava disperato sulla mia lingua per lasciare le labbra. Le ginocchia facevano male al tocco del pavimento duro e freddo come la mia anima. Avevo perso tutto e niente. Mi alzai trascinando i piedi e tirandomi i capelli. "Bri" sussurrai ancora e ancora. I sensi di colpa colmavano ogni organo che mi componeva. Non c'era nient'altro, solo odio per me stesso.

Pov's Bri
Ero spaventata. Avevo le mani sulle orecchie e gli occhi chiusi in modo ferreo, dai quali uscivano lacrime di terrore. Le labbra erano serrate fra di loro, per soffocare i miei singhiozzi che facevano alzare e a basare il mio petto in un ritmo costante e perpetuo. Le gambe erano addormentate e indolenzite per la posizione scomoda che avevo assunto. Era tutto buio, speravo solo che quel momento passasse. Che quegli stivaletti andassero via. E finalmente andarono via ma rimasi sotto al letto per paura che arrivasse qualcun altro. Mi sentivo abbandonata. Indifesa. Piccola. Senza senso.
La porta si spalancò. Il terrore ricominciò a farmi tremare come un'insignificante foglia secca. Non volevo vedere chi era. Ormai sentivo che solo lì sotto ero al sicuro da tutto e tutti. Dopo dieci minuti sentii qualcosa cadere a terra, ma le palpebre erano come appiccicate e non avevano intenzione di staccarsi, iniziai di nuovo a piangere come unico sfogo e sentivo le lacrime scendere giù per la guancia e arrivare al pavimento che mi stava distruggendo il fianco. Sentii sopra di me le molle del materasso dilatarsi e un urlo. Il mio nome. Il mio soprannome. L'unica persona che mi chiamava in quel modo. Spalancai gli occhi e li sbattei per abituarmi alla luce del pomeriggio. Ero nella stanza e la sedia era rovesciata a terra e la porta spalancata. Tolsi con un gesto lento le mani dalle orecchie e potei sentire il pianto soffocato di qualcuno che proveniva da sopra di me. Girai la testa verso il materasso che mi sfiorava il naso. Aveva assunto la forma di una persona. Presi tutto il coraggio e la forza che mi era rimasta e sussurrai il suo nome "Luke..?".
D'un tratto il materasso ritornò piatto e delle scarpe da ginnastica nere familiari apparvero davanti ai miei occhi.
"Bri?" Mi chiamò. Era lui non dovevo avere paura, lui era la mia salvezza, la mia ancora. Allora perché rimanevo sotto quel dannatissimo letto?
"Bri dove sei?" Sussurrò tirando su col naso. Io senza dir parola allungai il braccio facendolo uscire dal letto e agitandolo. Lui si accovacciò sulle ginocchia e afferrò la mia piccola mano. Mi guardò negli occhi. Non avevo mai visto i suoi occhi così vitrei e trasparenti come pioggia. Il contorno era arrossato e la sua espressione era disperata. Iniziò a piangere rumorosamente riempiendo di baci la mia mano e bagnandola con il suo pianto liberatorio.
"Temevo di averti perso" biascicò tenendo la fronte sul dorso della mia mano.
Io ero lì inerme a guardarlo. A ringraziare Dio di non avergli fatto succedere niente. Di averci riunito. Piangevo semplicemente in modo silenzioso senza batter ciglio. Lui mi strattonò il braccio ma io rimasi immobile. Non ero pronta ad uscire allo scoperto. Se lui sarebbe ritornato?
Luke mi fissò negli occhi e, come se capì, strisciò sotto al letto affiancandomi e mi strinse al suo petto, subito respirai il suo profumo che mi calmò. Ma avevo bisogno di più.
Alzai la testa e senza pensarci due volte presi il suo viso mortificato tra le mie mani tremanti e chiusi gli occhi lasciandomi cullare dalla sua lingua calda e morbida. Mi prese per i fianchi facendo scontrare i nostri bacini e gli uscì un verso nella mia bocca. Entrambi piangevamo sotto al letto come quando si è piccoli e litigano i genitori. Le nostre lacrime cadevano dove le nostre bocche combaciavano e il bacio divenne ancora più umido e bisognoso. Accarezzai con le mani le sue guance che accennavano un po' di barba bionda e poi le passai fra i suoi capelli scombinati, stranamente. Aggrovigliai una gamba intorno alla sua vita e le sue mano andarono a finire sui miei glutei, ma avevo troppa necessità di lui per riprenderlo. Sentii accennare un sorriso contorto sulle mie labbra e mi staccai con un cipiglio in viso.
"Perché ridi?" Gli chiesi guardandolo negli occhi che erano ritornati al blu brillante che amavo e spostandogli i ciuffi ribelli dal viso. Lui fece spallucce e mi tirò al suo petto.
"È solo che ho capito che senza di te non vivo" ammise accarezzandomi i capelli e poggiando il mento sulla mia testa. Io sorrisi sul suo petto, disegnando su quest'ultimo cerchi immaginari.
"Ho capito che ti amo".

Between || Luke H.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora