18 Capitolo.

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Paura.
Ecco la parola perfetta per descrivermi: paura. Che parola macabra ma vera. Non ne potevo più di rimanere su quella moto ad aspettare con ansia che lui tornasse, ormai i pensieri peggiori mi inondavano la mente. Se fosse successo qualcosa a Luke io avrei messo in atto una rivolta. Guardai il piccolo schermo della moto che segnavano le tre e mezzo. Stavo da trenta minuti seduta lì, a dondolare i piedi e a dannarmi del fatto che non potessi fare niente. Mi sentivo osservata di continuo ma non capivo da chi. Sentivo occhi misteriosi e nascosti esaminarmi, sentivo della pesantezza su me stessa, ma girando la testa, nell'arco di una decina di metri non c'era nessuno.
Ero sola. Non conoscevo nessuno e nessun luogo. Non sapevo dove andare o a chi rivolgermi.
"Ehi" saltai a quella dolce voce e al tocco sulla spalla. Saltando giù di botto dalla moto.
"Scusa non volevo farti prendere un colpo" ridacchiò il ragazzo di Starbucks. Era così fine e i suoi lineamenti erano quelli di un bambino. I suoi occhi celesti sembravano divertiti e molto chiari alla luce del giorno.
"Non preoccuparti, stavo aspettando ehm un mio amico" non sapevo bene come chiamare Luke, non sapevo nemmeno io cos era.
"Owh se vuoi possiamo andarci a prendere qualcosa di freddo mentre lo aspetti" disse facendo qualche passo verso di me. Era sospetto che un completo estraneo mi invitasse a bere qualcosa. A meno che non voleva provarci, ma ne dubitavo.
"Ehm non so" risposi allontanandomi da lui cautamente. Lui fece un passo che era il quadruplo dei miei e mi ritrovai tra il suo corpo e la moto di Luke. Il suo respiro sapeva di tabacco ma non era buono come quello di Luke. I suoi occhi erano diventati scuri e tenebrosi e nascondevano un mondo oscuro. Mi afferrò per un braccio. Si girò e iniziò a trascinarmi.
"Lasciami" iniziai a dimenarmi. Lui lo fece subito e si girò con uno sguardo da cucciolo bastonato.
"Scusa volevo solo offrirti da bere" disse come se fossi stata io rude con lui. Aveva cambiato subito il modo di trattarmi e inoltre non mi guardava nemmeno negli occhi. Io ero senza parole per questo bipolarismo. Mi girai verso il punto in cui Louis stava bruciando qualcosa o qualcuno con lo sguardo e finalmente lo vidi. Feci un sospiro di sollievo nel vederlo venire verso di noi con lo sguardo furioso. Io mi girai nuovamente verso il ragazzo bipolare e non c'era più.
Man mano che si avvicinava notai che era altamente acciaccato e zoppicava. Inalai troppa aria con la bocca e gli corsi incontro abbracciandolo e lui emise dei gemiti.
"Scusa.. Che è successo? Oddio Luke pensavo fosse per te l'ambulanza stavo morendo dalla paura e poi è venuto quel tizio.." Farneticavo accarezzandogli la guancia viola. Il labbro era nuovamente tagliato dal lato opposto all'anellino, aveva il collo rosso e le mani piene di sangue.
"Oh mio Dio Luke, dobbiamo tornare subito in Hotel, devi essere medicato" dissi esaminando in seguito il suo ginocchio scorticato.
"non ne ho bisogno" disse cercando di arrivare alla moto, cadendo sulle mie spalle. Mi piangeva il cuore a vederlo così, speravo che non fosse colpa mia ma non era il momento di fare domande.
"Ci andremo camminando non è molto lontano" gli imposi. Lui prima si lamentò, poi io lo presi da sotto le spalle e iniziammo a camminare.
"Coglione" farfugliò. Io aggrottai la fronte ridacchiando.
"Chi?" Chiesi. Ero indecisa sul pensare al tinto biondo a Louis.
"Louis" rispose. Allora sapeva il suo nome.
"Che ti ha fatto?" Continuò duro e serio. Io rimasi titubante sul cosa dire poi iniziai.
"Mi ha salutato e inizialmente era solare e mi ha chiesto se volevo bere qualcosa con lui" mi fermai per guardare il suo sguardo inceneritore rivolto a me.
"Ovviamente ho detto no" dissi sapendo cosa voleva sapere e infatti si rilassò.
"Poi è diventato cattivo, i suoi occhi sono diventato scuri e poi puzzava di tabacco ma non come te che il tuo odore è buono e inebriante ma puzzava proprio" bene, mi resi conto di aver detto una cosa che volevo restasse tra i miei neuroni malati. Lui mi guardò con uno sguardo languido e un sorriso di fierezza.
"Comunque mi ha afferrato il braccio e mi ha iniziato a strattonare con forza, io mi dimenavo ma lui non mi lasciava, poi come per magia mi ha lasciata e ha fatto finta che voleva solo farmi un favore. Ma dico è pazzo o cosa?" Finii urlando l'ultima frase.
"Quel coglione ti ha toccato?" Mi chiese a mascella stretta, io annuii lentamente sperando in una reazione non troppo eccessiva.
"La pagherà per questo" mormorò tra sè ma io avevo sentito e qui c'era troppo qualcosa che bruciava.
"Luke lo conosci a quel tizio vero? Anzi a entrambi" gli chiesi sapendo che era così. Lui si irrigidì e spostò lo sguardo. Mi stava nascondendo troppe cose.
"Eccoci" disse facendo un cenno con la testa verso l'Hotel. Entrammo e la solita troietta con la maschera di joker venne ad accoglierci. Quando vide lo stato di Luke spalancò i suoi occhioni e prese il telefono in mano.
"Giuro che ti taglio tutte le extensions che hai in testa" la minacciò Luke, facendomi soffocare una risata che avrei tenuto per dopo.
"Ma signore il signor St.." Iniziò l'oca boccheggiando ma Luke interruppe
"Niente ma Tiffany, riesci a tenere quella cazzo di bocca chiusa? Oppure la devi sempre tenere aperta come le tue gambe?" Alzò il tono di voce Luke e lì non riuscii a trattenermi, ricevendo uno sguardo tra il divertito e il serio di Luke, che si stava evidentemente sfogando su di lei e uno minaccioso da lei che si sentiva umiliata. Io ricambiai lo sguardo a quest'ultima e quando Luke si accorse dell'intesa, mi tirò a sè.
"Comunque è un ordine, chiudi quei cazzo di canotti rifatti o ti ritrovi senza un lavoro" con questo andammo verso l'ascensore e io ci capivo sempre meno.
Arrivati in camera Luke si tolse la maglia che era sporca di sangue e ci rimasi male volendola indossare come il giorno precedente.
"Vieni" gli dissi prendendolo per mano e portandolo in bagno. Bisognava di essere medicato ma dalla sua espressione confusa capii che per lui non ce n'era bisogno. Così lo feci sedere sulla tavoletta chiusa del water e aprii il mobile appeso cercando ovatta e disinfettante. Poi senza dire una parola andai fuori al mini frigo e presi dei cubetti di ghiaccio e tolsi una federa al cuscino. Ritornando in bagno lo vidi picchiettare il piede sul pavimento lucido. Io gli sorrisi e mi misi in mezzo alle sue gambe in piedi. In silenzio passai un fazzoletto bagnato sul labbro e sui lividi e tagli poi presi il disinfettante e feci lo stesso, lui si aggrappò ai miei fianchi mugolando.
"Scusa ma altrimenti non si cicatrizza" gli spiegai tranquillizzandolo. Posai il fazzoletto e gli accarezzai i capelli guardandolo negli occhi, in quel momento sofferenti. Mi girai verso il lavandino e bagnai la federa e poi misi il ghiaccio in essa. Gli presi le mani e gli passai il panno sopra. Lui era muto a guardarmi dal basso, sentivo la mia pelle bruciare sotto i suoi occhi infiniti.
"Luke.." Lo chiamai.
Lui mi guardò negli occhi in attesa delle mie parole.
"Perché hai minacciato a quella di licenziamento?" Gli chiesi con calma sperando di ottenere risultati che non arrivarono. Lui si limitò ad abbassare lo sguardo verso il pavimento.
"Perché ti sei picchiato con quello?" Tentai ma neanche qui ottenni risposta.
"Per colpa mia?" Gli chiesi con tono alto e disperato. Buttai la federa nel lavandino e me ne andai nell'altra stanza. Ero stufa di non sapere niente. Succedevano cose strane e io non era a conoscenza di nulla. Come facevo a fidarmi di lui se lui non si fidava di me?
Mi calmai e decisi di stendermi sul letto e seppellire la testa nel cuscino. Mi faceva male la sua diffidenza nei miei confronti. Forse avevo sbagliato ad affidare la mia salvezza a lui? No, basta, avevo fiducia in lui e se non voleva dirmi le cose avevo almeno bisogno di spiegazioni. Decisi di mettermi comoda con i vestiti che avevo appena... I vestiti. Dove cazzo erano i vestiti? Li avevo lasciati nel pub no non era possibile. La sfiga mi perseguitava.
"Luke dove cazzo abbiamo lasciato i miei vestiti?" Gli urlai per farmi sentire dal bagno.
Nessuna risposta. Mi alzai sbuffando.
"Potresti rispondermi almeno a questo?" Gli chiesi sulla soglia del bagno. Lo trovai seduto ancora dove stava prima con la testa fra le mani e gomiti sulle ginocchia.
Stava piangendo.
Scivolai d'istinto ai suoi piedi.
"Luke che hai?" Gli chiesi togliendogli le mani dal viso. Aveva gli occhi rossi e gonfi e il blu era di un azzurro quasi trasparente. Tentennò un po'.
"L'Hotel è mio".

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MIKEY xx

Between || Luke H.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora