Che cosa ho sbagliato? Ho perso un amico, da qualche parte in questa amarezza.
E sarei stato in piedi con te tutta la notte se solo avessi saputo come salvare una vita.
Fagli sapere che tu sai meglio di chiunque altro cosa sarebbe meglio fare, perché in effetti lo sai meglio di chiunque altro.
Cerca di scivolare oltre le sue difese,
senza concedere l'innocenza, fai una lista di cosa c'è che non va,
e prega Dio che ti senta.
Singhiozzi frammentati e lacrime versate su un lenzuolo bianco, che copre un corpo trovatosi sull'oblio della vita e la morte, su una linea di confine sulla quale pochi arrivano, pochi si salvano.
Cosa si pensa quando ci si sente dire che un'operazione possa andare a buon fine per un 10% delle possibilità? E l'altro novanta non si calcola?
Cosa si può fare in quei casi se non pregare ad un Dio, in cerca di ascolto? In cerca di risposta?
Puoi solo tenere per mano la persona, della quale il cuore possa cessare di battere da un momento all'altro, stringendola e soffrire con lei, prendendo un poco di dolore dalle sue spalle, caricandolo sulle tue.
Puoi solo far rimbombare nella stanza silenziosa il tuo pianto, a ritmo con il rumore incessante delle macchine.
Potresti immaginare una vita senza quella persona, senza il suo volto e le sue parole giornaliere, ma senza risultati, perché non avrebbe senso un giorno o una notte senza quella persona, se per te significa ogni singola cosa della tua quotidianità. Quindi? Quindi aspetta solo che il tuo raggio di soli ritorni a brillare, asciugando le tue lacrime futili.
"Bri" qualcuno sussurrò con voce assonnata. Alzai la testa dal materasso su cui giaceva Luke in tutta la sua tranquillità. Strofinai i miei occhi con la mano che non stringeva quella gelida del biondo, e misi a fuoco.
Louis, con gli occhi assonati e il viso stanco, mi guardava dalla porta, accendendo poi la luce, dandomi fastidio agli occhi. Potei distinguere bene la sua figura in quella notte fredda di Los Angeles e lo scrutai, in attesa di sue parole.
"Cosa ci fai qui?" mi chiese, poggiandosi svogliatamente allo stipite della porta e passandosi le mani in viso come per riprendersi. "Alle -guardò l'orologio argentato al suo polso- quattro di mattina?" continuò, non avendo una mia risposta. Lo fissai vuota, mentre una lacrima singola scendeva sulla mia guancia ormai fradicia. Alzai semplicemente le spalle e ritornai a guardare il viso sciupato di Luke, inerme come quattro ore fa, come ormai da quasi tre giorni.
"Volevo solo fargli capire che ero qui" sussurrai con voce spezzata, prima di riposare la testa sul dorso della mano del biondo. Strinsi gli occhi sentendo ormai quel dolore nello stomaco, pesarmi troppo, sentendo il vuoto farsi spazio man mano nel mio corpo. D'un tratto, sentii una mano posarsi sulla mia schiena. Mi girai trovando Louis su una sedia al mio fianco che si mise a mani congiunte e gli occhi chiusi, con i gomiti poggiati sul materasso, apparentemente comodo.
Dopo qualche minuto di silenzio, poggiai la testa sulla sua spalla robusta.
"Cosa stai facendo?" gli chiesi con un soffio e chiudendo gli occhi, senza interrompere le carezze sulla mano di Luke."Prego per lui" sospirò per poi poggiare le sue piccole mani sulla gamba di Luke e alzare gli occhi al cielo, mordendosi violentemente il labbro inferiore. Strinse gli occhi e una piccola lacrima innocente uscì dal suo occhio sinistro. Gliel'asciugai e lui si girò con un sorriso distrutto.
"Passerà" dissi più a me che a lui, il quale annuì abbracciandomi, ma non lasciai mai la mano del biondo, come che se gliela lasciassi, cadesse definitivamente nel baratro, come se quella mano servisse per non far smettere di battere il suo cuore.
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Between || Luke H.
FanfictionBeatrix Roxanne Watson è una ragazza da poco raggiunta la maturità che viene costretta dalla madre a vivere nella parte alta di Los Angeles esclusa dal mondo. Ci sarà qualcuno che la aiuterà a fuggire? A rompere il muro che c'è fra di loro? riuscirà...