10 Capitolo.

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"Capisci che una persona fa parte di te quando ti svegli con lei nei tuoi pensieri e ti addormenti nello stesso modo. Quando ti alzi e prendendo i cereali e la tazza di latte immagini che sia lì con te a prenderti in giro perché schizzi il latte dappertutto o per pulirti la guancia. Lo capisci quando il suo volto lo ritrovi sul viso di tutti, quando riesci a vedere la sua figura fra la folla, quando senti non le farfalle ma fottuti ippopotami danzanti nello stomaco. Quando immagini che ti abbracci nell'addormentarti. Quando ti rivolge la parola e tu senti quella stretta allo stomaco. Quando ti protegge e tu senti il vomito salire per la felicità perché capisci che sei importante per lei. Quando il suo blu oceano si propaga nella tua vita facendoti affogare e la cosa bella è che a te non importa finché sia lui a farti annegare. Capisci che non puoi stare senza quella persona quando non puoi fare a meno di sentire il tuo nome uscire dalle sue labbra, come spinga la lingua contro i denti per dire la R"
Era tutto quello che avevo scritto nel mio quaderno che da giorni ormai mi faceva compagnia. Erano passati tre giorni da quando mi era arrivato quel biglietto anonimo. Nessuno era venuto e la depressione si era impossessata nuovamente di me. Pensai che ormai Luke mi avesse dimenticato, cancellato dai suoi pensieri, dai suoi giorni. In effetti chi avrebbe voluto prendersi cura di una persona che a malapena sapeva cosa fosse una macchina o che non avesse un telefono? Io no di certo. Però avevo deciso di non cimentarmi di nuovo nel mio "malsano nirvana", così continuai a lavarmi, mangiare e Marg veniva ogni tanto da me per fare due chiacchiere da donne.
"Ehii piccola mia ho una cosa per te!" entrò saltellando la donna a cui erano rivolti i miei pensieri. Chiusi il quaderno posandolo al mio fianco sul letto e prestai la mia attenzione alla donna elettrizzata. Indossava un vestito largo marrone stretto ai fianchi.
"Ti ascolto" dissi disinteressata. Ormai non mi importava più niente. Cacciò un altro biglietto uguale all'altro. 'Oddio un altro' pensai e la mia coscienza mi rispose ' te lo avevo detto che non era finita'.
La strappai subito dalle sue mani non dando peso alla sua faccia indispettita. La aprii senza ritegno: "il 20 maggio alle 16.00 verrò, fatti trovare dove sai tu".
Lo rilessi un paio di volte prima di capire. Era Luke, solo lui poteva. Lo girai lentamente verso Marg che si portò gli occhiali dal collo alla punta del naso, corrugando la fronte. Vidi come i suoi occhi scorrevano sulle parole e quando si bloccarono capii che avesse finito, e sul suo viso apparve un sorriso a 46 denti scintillanti e poi puntò gli occhi su di me. "M-Marg sai che g-giorno è oggi?" Chiesi quasi fremente,
facendo quella domanda palesemente retorica. Lei scosse la testa con un sorriso.
"19 maggio" urlai saltando giù dal letto e dando urletti di gioia, correndo per la stanza a piedi nudi sulla moquette grigia. Marg si alzò e mi bloccò abbracciandomi.
"Abbiamo del lavoro da fare" sussurrò al mio orecchio creando forti brividi. Io la strinsi soffocando un urlo.
"Marg è tutto merito tuo tu sei la mia stella sul serio! Se tu non fossi esistita io sarei marcita qui dentro!" cinguettai e iniziai a piangere come non mai sulla sua spalla. Mi sentivo una delle persone più felici del mondo se non la prima. Fremevo dalla gioia ed era tutto grazie a quella donna che mi amava e che io amavo . Mi sarebbe mancata fuori ma, egoisticamente, non mi interessava. Volevo solo vedere la città dei miei sogni, la città in cui c'ero ma non c'ero. La città in cui vivevo, ma che non mi vivevo. Avrei rivisto il blu oceano dei suoi occhi, i suoi capelli perfetti che avrei tanto voluto toccare. Il mix perfetto tra un angelo e un demone.
"Terra chiama Roxie?" Mi risvegliò Marg sventolando una mano davanti al mio viso.
"Marg chiamami Bri" le dissi, anche se volevo che fosse una cosa tra me e lui sentivo il bisogno di sentirlo da qualcuno.
"Certo BRI" disse la donna ridendo. Mi accarezzò la guancia uscendo pensierosa dalla stanza. Io riguardai il biglietto e lo strinsi al petto per sentirmi più vicino a lui. Alzai il materasso e presi anche quello precedente. Mi gettai con i due pezzi di carta sul divano rilasciando uno sbuffo di felicità e sogno. Immaginavo la scena in cui io uscivo da quel luogo con il biondino che mi teneva per mano facendomi vedere la bellissima Los Angeles. Mi girai a pancia in giù, seppellendo il viso, con un urlo imbarazzante a quel pensiero, nel cuscino di piume. Ero troppo emozionata. E quella giornata si era annullata nell'attesa di quella dopo. Mi alzai di scatto e pensai a cosa portarmi. Aprii l'armadio e guardai il tutto, sbuffavo picchiettando un piede a terra a braccia incrociate. Poi pensai che non sarei mai potuta uscire con quei vestiti così chiusi l'armadio di legno scuro e andai al cassetto prendendo una scatola a fiori nascosta infondo a tutto. La aprii e tanti ma tanti bigliettoni apparirono ai miei occhi. Non li avevo mai usati non avendo la possibilità e ora mi ritrovavo quasi un patrimonio. Recuperai un piccolo zaino marrone stile antico (ovvero il mio stile) e infilai la scatola con i due biglietti. Infilai le varie matite lasciandone una fuori con il quaderno. Soddisfatta nascosi il piccolo sacco tra i vestiti che avrei lasciato lì e decisi di prendere il mio vestito verde acqua. Mi arrampicai sullo scaffale più alto goffamente, spostando i giubbotti pesanti e presi la scatola bianca. Mi appoggiai nuovamente sul letto e aprii l'oggetto. Tirai fuori il meraviglioso vestito e mi stesi con esso al mio fianco e accarezzai il tessuto assorbendo ogni ricordo che esso conteneva.

Between || Luke H.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora