Capitolo 49

15 1 0
                                    

Luke's PoV

Salutai Bri con la mano e mi voltai, senza mai girarmi indietro per paura di impazzire. Una guardia mi scortò fino al dormitorio senza dire una parola; tenevo costantemente i pugni serrati, con le unghie quasi a perforare le mani.
Non ne potevo più di quel posto schifoso, senza i miei amici mi avrebbero pestato ogni giorno senza pietà. Ci sostenevamo a vicenda, se uno era in pericolo, gli altri correvano in soccorso. Non sarei resistito ventiquattro ore da solo. E mentre la notte calava, l'ansia si faceva sempre più imminente nel mio petto. La notte in un carcere portava tanti guai, tanti pazzi pronti a saltarti al collo e sgozzarti con un cacciavite.
Sospirai e mi promisi di non scoppiare a piangere, girandomi poi verso il letto vuoto di Calum e stringere il lenzuolo, oserei dire quasi cartaceo, in due pugni.
La luce della luna entrava dalle piccole finestre, permettendomi di distinguere le forme.
Il silenzio era tombale e non era una cosa positiva.
Le celle erano divise da basse mura in cemento, se mi fossi alzato sul letto, avrei potuto guardare nella cella affianco. Non vi erano porte ma un semplice varco per entrarci; le celle erano collegate da un ampio corridoio e al fondo di esso, a sinistra, vi era la guardiola con un agente che stava dormendo appisolato sulla sua sedia girevole.
Molto utile, mi ritrovai a pensare.
Sbuffai non riuscendo a chiudere occhio e mi misi seduto, fissando le mie gambe fasciate dalla tuta arancione. Ero dimagrito tanto lì dentro ma avevo avuto anche la possibilità di fare un po' di esercizio fisico.
Mi alzai, capendo che non avrei mai chiuso occhio e mi diressi verso il mobiletto ai piedi del letto.
Lo aprii e presi la busta di patatine che avevo comprato allo spaccio, una specie di piccolo negozietto dove i detenuti potevo comprarsi qualcosa.
Lo aprii lentamente senza fare troppo rumore e riuscii nel mio intento.
Ma quando misi una patatina nella bocca per gustarla in santa pace, uno scricchiolio provocato dal sottoscritto, ruppe il silenzio estenuante.
Strizzai gli occhi e ritrassi il collo nelle spalle, aspettando che qualcuno mi urlasse contro.
Il silenzio ritornò e tirai un sospiro di sollievo.
Mi accasciai sul pavimento, poggiando la schiena contro il letto.
Guardai la foto, attaccato al piccolo muro, di me e Bri. Un sorriso amaro prese possesso delle mie labbra.
Non vedevo l'ora di ritornare a casa dalla mia Bri, dai miei amici e alla mia vita. Avrei chiamato i miei genitori, Maradit; serrai la mascella al pensiero che non fossero venuti a trovarmi neanche una volta, ma come biasimarli?
Bri mi aveva riferito che, subito dopo il mio arresto, avevano preso il primo aereo per tornare in Australia, sperando che ci ritornassi anche io dopo la scarcerazione.
Scossi la testa con un piccolo sorriso, non sarei mai potuto ritornare a casa.
Estrassi un'altra patatina dal pacchetto verde e questa volta la feci sciogliere tra la lingua ed il palato.
Fissai il neon sul soffitto, iniziando a cantare in mente Bored to Death dei Blink-182. Digrignai i denti e buttai, con violenza, il pacchetto tra le mie mani a terra, spargendo patatine ovunque.
Sbuffai e mi alzai per pulire il macello.
"Hemmings!" una voce profonda mi chiamò, facendomi accapponare la pelle.
Rimasi impalato piegato sulle ginocchia, con il pacchetto fra le mani, dando le spalle a questa presunta persona, già sapevo chi fosse.
Presi un po' di coraggio e pensai al motto "Combatti e vinci o scappa e Dio ti aiuti".
Mi alzai e mi voltai, serrando la mascella e i pugni, lasciando cadere il pacchetto di patatine a terra.
"Haynes!"

*;*;*;*

Bri's PoV

Quattro mesi dopo..

"Colton.. Colton, alzati su! È mezzogiorno" scossi dolcemente la spalla di mio fratello, steso sul divano di pelle, appallottolato su se stesso. Grugnì con gli occhi chiusi e si girò dal lato opposto.
Mi scappò un risolino e mi misi nuovamente in piedi. Andai ad aprire tutte le persiane, permettendo ai raggi del sole di prendere a schiaffi il viso di Colton. Che si svegliò di scatto.
"No! - urlò tragicamente, mettendo le mani sul viso- il sole brucia!" continuò con tono teatrale. Io risi di gusto e salii le scale. Aprii la prima porta dove dormiva Calum beatamente. La stanza era completamente al buio e il colore scuro della stanza, blu notte, dava l'impressione che fosse ancora notte fonda. Il moro dormiva tranquillamente, infilato in un boxer grigio della Calvin Klein, lasciando scoperto il suo petto tonico.
Il braccio ambrato, che ospitava il viso di un indiano, penzolava dal letto ad una piazza. Le gambe erano aperte, a pancia sotto e con la bocca socchiusa. Sorrisi dalla dolcezza del ragazzo e mi avvicinai, poggiando il ginocchio sul morbido materasso, coperto da un lenzuolo celeste.
"Calum" sussurrai ma non si mosse di un millimetro. Alzai gli occhi al cielo, abituata ormai al suo sonno pesante. Passai le dita fra i suoi capelli spettinati e lo chiamai nuovamente, ma il risultato fu uguale a prima.
Sbuffai, prima di far comparire un sorrisetto pieno di scherno.
Contai fino a tre e mi gettai sulla sua schiena, facendo aderire ogni parte del corpo con la sua, assumendo la sua identica posizione.
"Calum" dissi con voce bambinesca vicino al suo orecchio. Spalancò gli occhi e la sua pupilla sinistra puntò su di me.
"Ti odio quando mi svegli così" si lamentò con la voce impastata dal sonno. Mi concessi una risata e mi alzai, sistemando i miei vestiti stropicciati del lavoro. Avevo fatto il turno di mattina e appena terminato ero tornata a casa, sapendo di trovarci Calum e Colton in un sonno profondo.
Liam era a lavoro e non sarebbe tornato prima delle sette.
Gli altri avevano trovato lavoro e dopo un paio di mesi si erano presi un appartamento: Ashton con Michael e Louis con Jack.
Calum era rimasto con noi, non riusciva a trovare lavoro, o meglio non voleva. Non era un problema che stesse con noi, avevamo tre stipendi e non era un tipo molto bisognoso.
Sapevo perché stesse così, lo stesso motivo per cui io non riuscivo ad essere completamente felice e mi ritrovavo sempre nel giardino vicino la quercia, a passare le notti in bianco.
La maggior parte delle volte Calum veniva a farmi compagnia.
Scesi al piano inferiore, dando un po' di tempo al moro di riprendersi.
Trovai Colton fare colazione sul suo solito sgabello, accostato allo snack di marmo della cucina.
Non era molto aggraziato quando mangiava: ogni volta che finiva di fare colazione, c'erano schizzi di latte ovunque e cereali a terra, che puntualmente venivano ingurgitati da Roxie. Al pensiero della cagnolina, aggrottai la fronte.
"Colton, dov'è Roxie?" gli chiesi allarmata, iniziando a cercarla nel salone e nel lato della cucina.
"Stamattina Louis è passata a prenderla per portarla con sé" mi spiegò, alzandosi e poggiando la ciotola azzurra nel lavabo.
Mi fermai e lo guardai in malo modo.
"E perché Louis ha il mio cane? - accentuai la parola 'mio', indicandomi con l'indice e avvicinandomi pericolosamente a mio fratello- e poi Louis non lavora la mattina?" chiesi ancora più stranita. Colton sbuffò, mi diede le spalle e iniziò a salire le scale. Ribollii dalla rabbia e sentii la porta di sopra chiudersi, dopo aver avuto la mia risposta:" Louis allena bambini ai campi di calcetto, Roxie si starà divertendo alla follia".
Rilassai leggermente i muscoli e mi diressi a fare il caffè.
Mi allungai al mobile più alto per recuperare la macchinetta del caffè, mettendomi in punta di piedi.
Sbuffai per la ventesima volta. Quella casa era fatta per la statura di Luke e non la mia. Ritornai con i talloni sul parquet. E mi poggiai al piano da lavoro vicino ai fornelli.
D'un tratto entrò Calum ancora in boxer. Non avrebbe mai perso il vizio.
Sfoggiò il suo miglior sorriso, contornato da due profonde fossette.
"Buongiorno fiorellino" disse felice e, provocando un rumore fastidioso con i piedi nudi, si avvicinò a me. Mi diede un bacio sulla fronte, facendola aggrottare.
"Perché sei così felice cinesino?" chiesi, indicando il mobile che, ancora una volta, aveva vinto contro la mia statura. Lui capì subito e prese la macchinetta, porgendomela.
Raggiunse lo sgabello di Colton, controllando che non fosse nei paraggi. L'ultima volta che Calum si sedette sul suo sgabello, Colton diede di matto, aveva deciso che quello fosse il suo sgabello, nonostante ne avessimo altri tre uguali.
"Oggi andiamo a trovare Luke" fece spallucce, giocando con il pacchetto di sigarette sullo snack.
Le mie labbra si curvarono in un sincero sorriso, mi ero dimenticata che in quel giorno dovessimo andare al carcere di Santa Ana.
Poggiai la macchinetta sul fornello e lo accesi.
Raggiunsi Calum al bancone e mi sedetti al suo fianco, senza mai far scomparire il mio sorriso.
Ci guardammo per qualche minuto sorridendo e poi scoppiammo a ridere, ma ridere a crepapelle.
Non c'era un motivo preciso, ma eravamo fatti così.
Eravamo due migliori amici tristi e lunatici, che passavano dal piangere sotto una quercia vecchia di notte, a ridere la mattina per nessun apparente motivo.
Quando smettemmo, Calum mi abbracciò, facendomi chiudere gli occhi e rilassarmi in due braccia dove mi ero rifugiata troppe volte.
"Sta uscendo il caffè" mi avvisò a bassa voce, come se potesse rovinare il momento. Io annuii e mi staccai, per poi zuccherare il caffè e metterlo in due tazzine.
Bevemmo il caffè, accompagnato dalla solita sigaretta. Ci organizzammo per andare a trovare Luke e poi lui salì a prepararsi, mentre io cucinavo un pranzo più che frugale.
"Sorellina io vado a lavoro, ci vediamo stanotte" scese Colton e corse a darmi un bacio, vestito con la sua divisa da bodyguard e un borsone poggiato sulla spalla. Gli diedi il panino e scappò via.
"Fa' attenzione!" urlai prima che chiudesse la porta. Lo vidi passare alla finestra, alzando un pollice.
Sorrisi e portai i due piatti di pasta al sugo sul ripiano di marmo.
Dopo una decina di minuti in cui io annegavo nella mia stanchezza e nei miei pensieri, Calum fece ritorno.
Il solito skinny jeans fasciava le gambe muscolose e una canotta larga e bianca dei Blink-182 si poggiava sul torso. I capelli erano ricci per la prima volta e il sorriso era ancora dipinto sul suo volto.
"Che buon profumino!" strofinò le grandi mani fra di loro e si avvicinò.
"Cal è solo pasta al sugo" risi, sapendo che le sue parole erano dovute semplicemente alla sua fame e alla sua strana felicità.
Ci sedemmo ai posti di prima e consumammo il pasto in silenzio.
"Andiamo a lavare i denti e voliamo dal gigante biondo!" dissi entusiasta, posando i piatti bianchi nel lavabo, promettendomi di lavarli subito dopo il nostro ritorno.
Calum annuí felice, ancora con il boccone fra i denti e corremmo di sopra.
Mentre lavavamo i denti, uno schizzo di dentifricio arrivò sulla mia guancia. Alzai il viso sullo specchio e vidi il moro trattenere una risata. Lo guardai in tono di sfida prima di urlare schifata.
"Fcufa" bofonchiò ancora con lo spazzolino in bocca. Gli assestai un pugno ridendo e sciacquai la bocca e lo spazzolino.
"Prendo la moto di Luke?" chiesi, poggiata allo stipite della porta, mentre lui finiva di lavarsi il viso.
"Sì, guido io?" chiese in tono speranzoso. Alzai un sopracciglio, incrociando le braccia.
"Calum Thomas Hood, non ti lascerò guidare una moto di chissà quanti soldi, per lo più del mio fidanzato, senza patente. Ci ho messo mesi per prendere la patente e la guiderò decisamente io" chiusi il discorso con tono scherzoso.
"Uffa" mise il broncio da bambino e gli sorrisi soddisfatta.
"Andiamo dai, prima che si faccia troppo tardi!" gli intimai, uscendo dal bagno con lui alle calcagna.

*;*;*;*

Fu il tragitto più divertente della mia vita e anche il più fastidioso. Calum ed io non avevamo mai smesso di ridere, rimanendo pur sempre concentrata sulla strada.
Avevo promesso a Luke di prendere la patente e controllare io la 'sua piccolina' e mi attivai subito, spendendo il mio primo stipendio, passando l'esame con il massimo di errori, non che me ne importasse un granché.
Eravamo davanti al solito recinto e una nuova guardia ci accolse con un sorriso costruito.
"Salve siamo qui per una visita" parlai, chiudendo il cinturino del casco e notando Calum fare lo stesso.
"Certo! Da questa parte!" disse in tono esaltato. Io e il mio amico ci guardammo straniti prima di seguirlo a ruota.
Perché essere esaltati in un carcere, luogo triste e burbero?
"Eccoci, lì c'è la segreteria, vi diranno tutto lì e poi ci sono..." iniziò a blaterare, indicando i vari luoghi citati.
"Non si preoccupi, conosciamo già tutto" lo bloccò Calum cortesemente. La guardia Tonks, così c'era scritto sul cartellino, sorrise grato e si grattò la nuca.
"Scusatemi, sono nuovo" sussurrò, avvicinandosi a noi, gli regalammo un sorriso che lo fece rasserenare.
Seguimmo le solite procedure ed entrammo nella sala delle visite, quasi piena. Luke non c'era ancora, così ci sedemmo ad aspettarlo ansiosamente.

Quando finalmente entrò, ci mostrò un sorriso ampio, che purtroppo noi non ricambiammo.
Emisi un verso di frustrazione e poggiai le mani in viso disperata. Calum sussurrò un 'cazzo' per poi poggiare la testa sul tavolo verde davanti a noi.
Luke aveva un occhio nero e un braccio fasciato, niente che non avessi mai visto ma... Di nuovo?
"Ciao ragazzi" biascicò, sedendosi sulla sedia di fronte e poggiando il braccio fasciato sul tavolo.
"Luke cosa è successo questa volta?" chiesi rattristata, dandogli la mano e fissando i miei occhi nei suoi sofferenti. Calum continuava ad avere la fronte poggiata sul tavolo.
"Ieri notte Haynes é venuto di nuovo alla mia cella con due bestioni. Si vede la vittoria di chi è stata" sussurrò le ultime parole guardandosi il braccio. Sospirai delusa e con la mano libera mi massaggiai il setto nasale.
Ogni settimana che venivo a trovarlo Luke aveva sempre fatto a botte con qualcuno, a lungo andare i segni si facevano più pesanti.
"Questo Haynes ha rotto il cazzo! Ha aspettato che andassimo via noi.. Perché continua a romperti le palle? Sa che non puoi vincere perché sei da solo" Calum alzò la testa e parlò a voce bassa, per non farsi sentire avvicinò il viso a quello di Luke, il quale fece spallucce.
"Ieri notte sono stato fortunato. Mi avrebbero ucciso se Lilton non fosse intervenuto" spiegò sempre con un tono di voce equivalente ad un sussurrò. Entrai anche io nella storia e mi calai ai loro visi.
"Lilton? Perché ti ha aiutato? Fa parte anche lui di un gruppo latinoamericano. Ti ha chiesto qualche favore?" insinuò Calum con un sguardo confuso. Luke scosse la testa e abbassò di nuovo lo sguardo.
Calum sbuffò e torno con la schiena sulla sulla sedia e lo feci anche io.
Avrei tanto voluto aiutarlo, stare lì dentro con lui, prendere le botte al posto suo, non sapevo.
"Luke, ascoltami. Tra otto mesi uscirai e non vedrai a nessuno di queste persone, che resteranno qui dentro probabilmente a vita. Resisti otto mesi e come promesso, ti verremo a prendere e portare a casa nostra e sarai felice. Ma ora devi sopravvivere qui dentro. Non so come funzioni ma cerca di farti alleati, di piacere alle persone. Se questo Lilton è un tipo duro, schierati dalla sua parte, che ti frega. Spalleggialo o qualcosa del genere. Ma fallo! Non per me, non per Calum, non per gli altri... Ma per te!" terminai il discorso con enfasi e puntando il dito sul suo petto. Lui annuí con gli occhi umidi e Calum mi sostenne con un semplice 'sono d'accordo'. Restammo per un po' in silenzio e poi Luke prese la parola.
"Come va la vita fuori di qui?" chiese con un lieve sorriso. Io e Calum ci guardammo e decise di parlare lui.
"Beh ti ho detto, i ragazzi hanno preso degli appartamenti ed io, lei e i due gemelli stiamo a casa vostra. Ci manchi amico e non è facile la vita lì fuori. Non vediamo l'ora di tornare qui per rubarti da questo posto. Bri continua a lavorare e anche i gemelli... Io mi limito a esistere" confessò Calum a sguardo basso. Gli poggiai una mano sulla spalla, stringendo per infondergli forza.
"Cal" lo chiamò Luke e il moro alzò il viso. Il ragazzo di fronte a noi aveva un'aria seria e dura.
"Trovati un lavoro, non puoi passare ancora otto mesi così. Non potete piangervi addosso, lo faccio io per tutti tanto. Non puoi vivere sulle spalle di Bri e dei fratelli. Fatti una vita e appena uscirò, ne farò parte come prima. Siamo come due fratelli e le nostre vite sono legate, ma non voglio che tu butti un anno della tua vita. Io uscirò e ci sarò sempre per te" lo rimproverò Luke, facendo piangere Calum e provocando un mio grande sorriso e gli occhi lucidi. Misi la mano sotto al tavolo e la poggiai su quella del moro, a sua volta tenuta sulla sua gamba.
Avevo le mani intrecciate alle persone più importanti di questo mondo e non potevo sentirmi più felice e più commossa.
"Bene ora devo andare a lavorare per ottantacinque centesimi all'ora, ci vediamo la settimana prossima. Vi amo ragazzi" Luke si alzò e abbracciò entrambi in un grande abbraccio. Poi mi diede un bacio e una pacca sulla spalla al moro che poco dopo urlò: "ricorda ciò che ti abbiamo detto".
E con questo, decidemmo di tornare a casa, noi ricordando, invece, le parole di Luke.

Between || Luke H.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora