Chaptet Eighty-Seventh

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·Kook·

Do un ultimo colpo al sacco da allenamento che mi hanno dato e mi strofino la fronte imperlata di sudore. Mi chiedo perché qui faccia freddo tutto l'anno e d'estate ci sia una temperatura così distaccata rispetto alle altre quattro stagioni. Che caldo, fottutamente caldo. Ed io sono in un cortile sotto il sole, sto sudando così tanto che in confronto, i laghi sono asciutti. L'unica cosa positiva del caldo è che non mi costringono a vestirmi con tanti ghirigori addosso, a Madame e al maestro un po' di umanità è rimasta alla fine. Mi siedo sul muretto e bevo tutto d'un colpo dalla brocca che mi hanno portato. Sono solo, sono stati gli ultimi minuti dell'ultima lezione; più passa il tempo, meno sembro intento a ripensamenti e ai miei occhi appaio infervorato, mentre agli occhi degli altri sono semplicemente calmo e ubbidiente; d'altronde, come ha detto Tae, non valeva la pena agire di fretta, quindi, specialmente nelle ultime settimane, mi sono dato da fare e ho riletto con attenzione tutte le informazioni di cui avevo bisogno, le ho rielaborate a mente lucida e sono finalmente pronto per affrontare il discorso con Madame. Non mi si è più avvicinata, ma confido ancora nel fatto che mi voglia bene e che ci tenga a me...penso di mancarle, eravamo soliti scambiarci opinioni e tenerci compagnia a vicenda.
Quanto una persona ferita e sola può essere in grado di fingere amore e affetto verso qualcuno a cui non tiene?
Scuoto la testa, non è il momento dei coccoloni, anche perché prevedo una discussione accesa.
Sospiro, facendomi forza. È da mesi che devo togliermi il peso dei miei pensieri, è giunta l'ora di mettere fine alle mie torture psicologiche.
Raggiungo il corridoio e chiedo ad una servitrice di Madame di chiamarla al mio cospetto.
Ottengo una risposta positiva e attendo la donna al gazebo.
Solo il silenzio mi circonda prima che lei arrivi e sposti con delicatezza la sedia per poter prendere posto
«Vi porgo i miei saluti» si inchina, per poi sedersi
«Altrettante. Sedetevi, abbiamo molto di cui parlare» dico sicuro, non mascherando un sorriso
«Vogliate introdurmi l'argomento» fa col suo tipico fare distaccato
«Siete a conoscenza del duro lavoro a cui mi sto dedicando ultimamente. Non vi nascondo che conciliare i pensieri con le azioni per me è tuttora molto complicato, ma, nonostante il duro lavoro, riesco a pensare. Ed ho pensato molto a come parlarvi e come esprimermi di fronte all'unica donna di cui io davvero abbia mai avuto timore del giudizio. Andando al dunque - abbasso un attimo gli occhi, ma sospiro e li rialzo, puntando lo sguardo diritto nel suo - deluso e impaurito dall'idea di non avere più un sostegno nel momento in cui i dubbi mi avevano assalito, ho deciso di affidarmi a coloro che hanno già vissuto e commesso errori. Sono andato a rileggere le avventure scritte legate al re e indirettamente a me...»
Non trovo le giuste parole, chissà se l'ha già capito e magari sta solo aspettando di andarmi contro con le sue antitesi. Meglio che non abbia il tempo di formularle
«E ho scoperto che non dovrei essere io l'erede al trono, bensì mio fratello, Edward, ora non più riconosciuto come figlio legittimo del re, ma conosciuto come soldato dell'esercito. Lui, che in realtà è un figlio adottato, proprio come me. Il re sposò mia madre solo per far finta che io fossi il figlio legittimo e per appianare i rapporti con una famiglia vichinga, perché il capofamiglia aveva dei tratti simili a quelli miei e di mia madre, quindi saremmo potuti essere consanguignei. Non solo hanno utilizzato un sotterfugio per poter cacciare via il bambino ritenuto "non adatto" alla carica di re, ma hanno tratto in inganno una famiglia per poterla uccidere e sbarazzarsi sì della dominanza, ma anche della possibilità di poter tentare un trattato di pace»
Mi esprimo senza tremare, anche se dentro di me sto per esplodere.
Madame tiene la testa bassa
«Dovete fare parecchia attenzione a ciò che cercate, la curiosità non è sempre un mezzo clemente con cui aggiudicarsi un beneficio» lo dice con una voce profonda, inquietante, che assume sfumature subdole.
Un brivido
«Ciò che avete detto è innegabile. I vichinghi non sono un popolo pacifico e a quest'ora non vi sareste ritrovato nei campi, come il vostro caro Taehyung»
Rialza il capo, dipinto da un sorriso amaro a fior di labbra.
Un altro brivido
«Cosa c'entra Taehyung in tutto questo?»
«Avrete notato i suoi tratti e quelli del suo amico, oppure ancora di altri servitori. Di certo, non li abbiamo presi direttamente da popoli sconosciuti, solo sottratti alla corte della ricca famiglia, il cui capostipite era proprio il padre di Taehyung»
Parla con tranquillità e quiete così naturali da farmi gelare il sangue nelle vene.
Taehyung in realtà è di stirpe reale e i miei "genitori" hanno ucciso i suoi?
«Penso non vi serva assumere quell'espressione così sconvolta, potete ancora respirare dopotutto. Non c'era molto su cui discutere, voi sarete re e sarete in grado di intendere e di volere ciò che ritenete oppurtuno. Intanto, vostro fratello è in città e ripartirà tra qualche settimana. Se non avete altro da aggiungere, io andrei, lasciandovi l'avvertimento di non farne parola con nessuno»
In pochi secondi mi ritrovo solo ancora una volta, a sentirmi stupido, un insulso ragazzo la cui vita è stata manipolata da sempre, confuso a causa di una donna che non esprime i propri pensieri chiaramente, impotente...per ora.
In questo preciso istante, sto versando le lacrime per alimentare la forza che fiorirà da esse.

Ho tutto ciò di cui necessito.



***
libertà di jk alla riscossa

𝕶𝖎𝖓𝖌  ᵗᵃᵉᵏᵒᵒᵏDove le storie prendono vita. Scoprilo ora