2. Nico

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 «Stiamo scherzando?!» esclamò Nico, voltandosi verso Will, che lo osservava divertito. Con la spalla si appoggiava al muro, le braccia conserte, i capelli che gli ricadevano sugli occhi.

 «Cosa intendi?» chiese Will, calmo, e Nico ebbe la voglia di strangolarlo. Ma invece si limitò a fare un cenno verso il letto. «Nico, questo non è un hotel a cinque stelle. È l'infermeria di un campo abitato da semidei. Siamo fortunati ad avere ancora un tetto sopra la testa.»

 Nico si afferrò i gomiti e tenne gli occhi puntati sul cuscino. Color pesca... Ma doveva ammettere che i colori erano decisamente migliori dell'arredamento della cabina di Ade, dove la cuccetta assomigliava ad una bara. Forse, sapendo del suo arrivo, i figli di Apollo o i figli di Afrodite si erano affrettati a rifare il letto per non farlo sentire un vampiro. O un morto.

 «Va bene, d'accordo.» mugugnò Nico. Si avvicinò al letto, e fu sul punto di sedersi quando la voce di Will lo fermò.

 «Alt!» esclamò, e Nico notò quanto tutto questo lo stesse divertendo. «Non puoi di certo passare i prossimi giorni con quei vestiti addosso. Questa è un'infermeria.»

 Nico aggrottò la fronte. Sapeva che non avrebbe dovuto fidarsi del figlio di Apollo.

 «Non ho intenzione di dormire nudo...» borbottò.

 Will rise e si avvicinò al cassettone ai piedi del letto. Lo aprì e afferrò un pigiama, che posò sul  letto. «Ecco, metti questo.»

 Nico lo fissò in silenzio.

 Will alzò un sopracciglio.

 «Un pigiama?» mormorò Nico.

 «Sí, perché i pazienti, di solito, quando sono ricoverati per più di un giorno, indossano il pigiama.»  gli fece notare Will.

 «Un pigiama bianco?! me?!»

 Will socchiuse gli occhi, infilandosi le dita tra i capelli, e Nico si sentì quasi dispiaciuto. Will doveva avere una montagna di cose da fare - visitare i feriti, medicare i nuovi feriti, controllare che i fratelli Stoll non si fossero fatti staccare le dita dai loro fratelli romani - e stava perdendo tempo con lui.

 Ma dovette sottolineare il quasi dispiaciuto. Will Solace stava cercando di fargli indossare un pigiama bianco. Oltre, naturalmente, averlo costretto ad accettare un letto dalle tinte colorate, e il passare i futuri tre giorni a letto.

 «É un pigiama!» mormorò Will, aprendo un occhio e scrutandolo. «Un normalissimo pigiama...»

 «É bianco.» ripeté Nico.

 «Per gli Dei!» esclamò il figlio di Apollo, scocciato. «É un pigiama bianco. Tu e i figli di Ares avete seri problemi con i pigiami dell'infermeria!»

 Will afferrò il pigiama e lo ripose nel cassettone, afferrandone un altro. Nico lo squadrò e si sentì quasi a casa.

 «Come ti sembra questo?» domandò.

 «Molto meglio del precedente.» annuì Nico, prendendolo. Era completamente nero, fatta eccezione per una serie di teschi cuciti in modo da formare una spirale. «E questi?»

 «Ho chiesto a Drew di cucirli.» sorrise Will. «Pensavo che ti avrebbero fatto sentire più a casa.»

 «Quindi sapevi che avrei rifiutato l'altro?»

 «Me l'aspettavo.» Will gli si avvicinò e gli diede una pacca sulla spalla. «Ora cambiati e infilati a letto. Ripasserò tra un quarto d'ora per controllare che... Mmh. Che ti prende?»

 Nico lo stava fissando torvo. I suoi occhi si abbassarono nuovamente sulla mano di Will ancora posata sulla sua spalla. Odiava il contatto fisico. Per un momento, dopo l'abbraccio di Reyna della sera prima - e il suo successivo sfogo - aveva creduto il contrario. E solo mezzora prima aveva lasciato che Jason Grace lo abbracciasse.

 Ma la mano di Will posata sulla sua schiena era troppo.

 «Che ti prende?» ripeté Will, ma Nico non rispose. «Oh!»

 Will ritirò in fretta la mano e iniziò a giocherellare con un lembo del suo camice. «Tornerò tra quindici minuti.» gli ricordò, e lo lasciò solo.

 Nico sistemò il separé, che lo nascondeva completamente da occhi indiscreti, e si cambiò. Non era abituato ad indossare un pigiama per dormire, ma doveva abituarsi.

 E il pigiama non era neanche tanto male. Era caldo, e odorava di buono. Dopo tanto tempo, si sentì di nuovo come un bambino di dieci anni, quando viveva a casa con sua sorella Bianca e sua madre, quand'era amato, sebbene la guerra che si svolgeva attorno a loro.

 Con un sospiro, si lasciò cadere sul letto. Non intendeva ancora infilarsi sotto le lenzuola, era presto per dormire, forse non erano nemmeno le dieci del mattino. Jason era stato piuttosto mattiniero. Si portò le mani alla nuca e rimase a fissare il soffitto.

 Quei tre giorni di riposo assoluto si preannunciavano più stancanti del previsto.

Avere una seconda vita è una cosa. È renderla migliore, il trucco...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora