56. Nico/Will

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A fatica, Will distolse lo sguardo. Dieci mesi sottoterra, e Nico di Angelo si era trasformato nel ragazzo più bello che avesse mai avuto l'onore di conoscere. Ed era sicuro che se si fosse mostrato al Campo, in molti - di ambo i sessi - si sarebbero gettati ai suoi piedi. Will lo sapeva, perché era proprio quello che intendeva fare.

Nervoso, Will iniziò a giocherellare con il braccialetto che Janet gli aveva regalato per il suo diciottesimo compleanno, il mese prima. Era di cuoio, e intrecciava un filo bianco e uno blu, con un semplice ciondolo a forma di arpa. Se lo rigirò al polso per tre volte, prima di ritrovare il coraggio di alzare lo sguardo.

A sua volta, Nico lo stava guardando con attenzione. Il ricordo di Will non si era mai allontanato dalla sua mente, e riusciva a cogliere le tante differenze dell'ultima volta che lo aveva visto, mentre si allontanava con il fratello Derek verso l'infermeria. Braccia e gambe muscolose, diverse cicatrici in via di guarigione sulle gambe nude, l'abbronzatura perenne sulla sua pelle. I capelli biondi erano legati in un semplice codino che gli superava le spalle. Il laccio con le cinque perle del Campo Mezzosangue era stretto al collo, e le perle luccicavano ai raggi del sole.

Un'altra cosa che Nico notò fu il sangue. Ce n'era un po' ovunque sui vestiti di Will, e senz'ombra di dubbio era sangue suo. Alcune gocce gli macchiavano un angolo della maglietta arancione, come se vi avesse strofinato sopra le mani ferite. C'era del sangue rappreso all'altezza delle ginocchia, sia sui pantaloni corti che sulla pelle nuda. E anche sui piedi, come al solito calzati da infradito giallo canarino.

Ed era ricoperto di sudore. Nico si domandò da quanto tempo si trovasse lì, sotto il sole, a tirar frecce. A giudicare dai numerosi bersagli feriti, doveva trovarsi lì da ore.

Nico sorrise lentamente. Prima di partire per il Campo Mezzosangue, si era promesso di non dire niente di stupido, ma ora che aveva di nuovo Will Solace di fronte ai suoi occhi, si lasciò sfuggire una frase patetica: «Ti trovo in forma.»

Gli occhi celesti del figlio di Apollo si socchiusero. Will lo studiò, pensando che stesse scherzando, e fu tentato di tirargli un calcio, ma si trovava troppo distante. Tre metri. Da quella distanza, poteva raggiungere benissimo una parte qualsiasi del suo corpo con una freccia, senza dargli il tempo di proteggersi. Purtroppo, non aveva più frecce nelle faretra.

Abbassò lo sguardo su quella spezzata ai suoi piedi, e si domandò da quanto tempo Nico lo stesse osservando. Forse aveva atteso dietro gli alberi fino a quando non lo aveva visto incoccare l'ultima freccia, sapendo che il pericolo era passato.

Stupido idiota.

«Mi trovi in forma, eh?» mormorò Will, alzando gli occhi su di lui. Nico doveva essere impallidito un altro po' al tono smorto della sua voce. «Be', sai, ho dovuto tenermi in forma. Non sapevo come altro ingannare il tempo.»

Nico si portò in fretta una mano alla tasca destra dei jeans. Picchiettò il dito su qualcosa, per essere sicuro di averlo ancora, e si schiarì la voce.

«Devi andare in infermeria?» gli chiese.

Will posò l'arco su un tronco di albero, e scrocchiò le nocche. Nico pensò che lo stesse facendo per intimidirlo, ma era impossibile essere intimiditi da Will Solace. Anche se, riflettendo, forse faceva meglio ad esserne intimidito.

«No, non devo andare in infermeria.» sbottò Will, odiandosi per essere cosi debole. Se i suoi fratelli lo avessero saputo... «Almeno non fino alle cinque.»

«Quindi... possiamo parlare?»

«Ti lascio dieci minuti. Solo dieci minuti. Ho altre cose da fare. Non giro più attorno a te, di Angelo.»

Avere una seconda vita è una cosa. È renderla migliore, il trucco...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora