10. Nico

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Nico ascoltò per qualche minuto la voce alta di Will chiamare il fratello Austin, senza molto successo. Fu quasi tentato di seguirlo, ma decise di rimanere a letto, il libro in grembo, un dito che teneva il segno.

Quella strana conversazione con Percy... era avvenuta per davvero? E Percy lo aveva veramente chiamato Re dei fantasmi?

Era un bel soprannome, ma entro limiti ristretti. Lo avrebbe utilizzato solo tra se e la figura allo specchio, e mai con nessun altro.

Con un sospiro, Nico si girò dall'altra parte.

Percy e Jason erano diventati grandi amici durante quel viaggio, quell'avventura, l'imminente guerra. E, anche se non capiva bene come avesse fatto, anche Nico si considerava amico di entrambi. Con Jason aveva nascosto un segreto che ora aveva finalmente deciso di rivelare, solo alla persona interessata. E alla sua ragazza, che in quel momento era con lui.

Chiuse gli occhi e pensò a Will. Assomigliava molto a Jason, ma Jason era figo in un modo suo, con gli occhiali da vista, i capelli tagliati corti e la cicatrice sul labbro. Mentre Will.... capelli più lunghi, pelle abbronzata, occhi celesti, il sorriso che lasciava spazio solo alla sua espressione imbronciata... era diverso, non era per niente uguale a Jason. Ed era figlio di Apollo, molto differente dal figlio di Poseidone o dal figlio di Giove.

Il libro gli scivolò di mano e senza rendersene conto si ritrovò nel mondo dei sogni.

Fu risvegliato bruscamente da una persona che strillava. Si mise seduto, gli occhi assonnati che si guardavano attorno alla ricerca della sua spada. Gea era risorta? I romani erano tornati per uccidere? O c'era qualche altra minaccia aliena?

A fatica, riuscì a percepire le parole che venivano urlate.

«MANCANO QUATTRO MINUTI, AUSTIN, DATTI UNA MOSSA!»

«SE TU NON TI FOSSI ADDORMENTATO...»

«SE TU MI AVESSI DETTO SUBITO CHE AVEVI BISOGNO DI UNA MANO, IO NON MI SAREI MESSO A DORMIRE!»

Nico scese dal letto e scrutò l'infermereia. Austin era in piedi dietro la scrivania, e scribacchiava in tutta fretta su un foglio. Will gli dava le spalle, le mani tra i capelli, gli occhi puntati sull'orologio che ticchettava allegramente.

Nico sussultò nello scoprire che mancavano meno di quattro minuti alle sette di sera. E lo stomaco tornò a brontolargli per la fame.

«HO FINITO!» urlò Austin, lanciando la penna addosso a Will. «ORA TOCCA A TE!»

Will non gli rispose. Mise la sua firma infondo al foglio, lo afferrò e si fiondò fuori dall'infermeria, perdendo una delle sue immancabili infradito.

«Che succede?» domandò Nico, avvicinandosi ad Austin, appena crollato sulla poltrona.

Austin gli gettò un'occhiata stanza. «L'inventario.» disse. «Alle sette in punto Chirone non riceverà più richieste, e se arriveremo tardi non avremo altre medicine fino al prossimo mese.»

«Oh.» annuì Nico. Li aveva sentiti paralre quel mattino, ma aveva pensato che Austin avesse finito di scriverlo. E Will doveva aver avuto lo stesso pensiero.

«Come ti senti?» gli domandò Austin, appoggiando la testa alla scrivania, e scrutandolo con i suoi profondi occhi grigi.

«Sto bene.»

«Hai fame? Hai dormito tutto il pomeriggio.»

«Mmh, sì, ho fame.»

«Ti porto subito qualcosa.»

Austin si alzò in piedi e si trascinò fino alla cucina. Nico tenne gli occhi posati sull'orologio, muovendo le labbra in una muta preghiera per Will.

Austin tornò alle sette, con un vassoio colmo di sandwich. Lo posò sulla scrivania, poi sbadigliò qualcosa e crollò su un lettino vuoto.

Nico si sedette al posto dietro la scrivania e guardò verso la porta. Sul vassoio c'erano più panini di quanto riuscisse amangiarli in una settimana intera.

«Ce l'ho fatta!» esclamò Will, rientrando. Non portava più le infradito, e non le aveva nemmeno in mano. Di sicuro erano perse da qualche parte nel tragitto verso la Casa Grande. Gli sanguinava una mano, ma non sembrava preoccuparsene. «Che fa? Dorme?» aggiunse, inarcando le sopracciglia alla vista di Austin.

Nico annuì.

Will scosse la testa e crollò sull apoltrona, gli occhi socchiusi. Nico lo sentì mormorare un incantesimo e le sue mani guarirono da sole, ma rimasero lo stesso sporche di sangue.

«Che hai fatto alle mani?» chiese Nico, prendendo un panino e addentandolo.

«Sono scivolato.» rispose Will, con una scrollata di spalle, come se gli capitasse spesso. «Nulla di che. Me ne passi uno?»

Nico gli tese il vassoio, e Will scelse quello esteticamente migliore degli altri.

«Mi dispiace essermi dimenticato del tuo pranzo.» gli disse Will.

«Non importa, tanto mi sono addormentato.»

«E hai dormito finora? Scusa se ti ho svegliato.»

«Non fa niente, era un motivo importante.»

Finirono il resto dei loro panini in silenzio, accompagnati solo dal russare di Austin e dai battibecchi che provenivano dalla stanza affianco.

«Chi c'è di là?» chiese Nico, prendendo un secondo sandwich.

«Mmh.» rispose Will, pensieroso, servendosi anche lui. «Due figli di Afrodite, uno di Ermes e l'altro di Ares.»

«Tutti feriti durante la battaglia?»

«Sì e no. Johnny Bennett, il figlio di Afrodite, si è fatto male la scorsa settimana, è scivolato nel bosco mentre andava a trovare Rachel Elizabeth Dare. Credo che gli piaccia l'Oracolo di Delfi, ma non lo ammetterà mai.»

Nico lo osservò in silenzio e riprese a mangiare.

«Sai giocare a scacchi?» domandò Will, all'improvviso, voltandosi verso di lui, facendolo sussultare.

«Ehm, più o meno.» ammise Nico.

«Sai distinguere le pedine?»

«Sì.»

«Okay, allora sai giocare.»

Will balzò in piedi e corse via. Nico notò tracce di sangue tra le impronte del figlio di Apollo. Anche lui, tornando con una scacchiera ingrigita dal tempo, dovette accorgersi del dolore, perché si sedette con una smorfia e un secondo incantesimo.

«Quando hai finito di mangiare, dimmelo.» gli disse Will, e uscì una seconda volta dall'infermeria.

Nico ebbe il tempo di mangiare un terzo e poi un quarto panino, e di innaffiare il tutto con una lattina di soda, prima che il figlio di Apollo rientrasse con le infradito ai piedi e un'espressione soddisfatta.

«Domani mattina ho la gioranta libera.» avvertì Will, iniziando a sistemare le pedine.

«Oh.» fu la risposta di Nico.

«Mio fratello Angel verrà a darti un'occhiata, solo per controllare come ti senti. Ti dispiace?»

Nico scosse la testa, un po' divertito dal nome del figlio di Apollo. Will, invece, non ci stava nemmeno pensando.

Nico si lavò le mani e tornò. Will gli aveva lasciato i bianchi, il che fu strano per lui. Ritrovarsi a dirigere una sfilza di pedine bianche...

«Okay.» disse Nico, sorridendo leggermente. «Dove sono i dadi?»

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