8. Will

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Non si era mai divertito così tanto.

Curare i figli di Afrodite insieme ai figli di Ares era un grande spasso, soprattutto quando iniziavano a insultarsi reciprocamente per il dolore e le ferite portate. Tutto ciò sotto lo sguardo attento e disgustato di un figlio di Ermes, che rendeva il tutto come una specie di puntata di un reality show.

«Come andiamo qui?» domandò Will, avvicinandosi al primo ferito. Si chiamava Gabriel Hawthorne, ed era un figlio di Ares.

«Mmh.» grugnì Gabriel, scoccandogli un'occhiataccia.

Will gli tastò la caviglia rotta e mormorò uno degli incantesimi del padre. La caviglia era in via di guarigione. Di solito utilizzava i suoi poteri solo in casi estremi, e una caviglia rotta non era un granché.

«Ancora due giorni di riposo, e sarai come nuovo.» gli disse Will, sorridendo, dandogli una pacca di incoraggiamento sul braccio. Si ricordò della bruciatura solo dopo averlo visto digrignare i denti. «Scusa...»

Will scostò dalla pelle di Gabriel le bende e scrutò la zona arrossata. Vi spalmò della crema bluastra - ormai era l'ultimo barattolo - e la ricoprì con nuove garze e bende.

«Non potrai fare movimenti bruschi per almeno una settimana.» gli disse Will, scribacchiando sulla cartella le condizioni del paziente. «Quindi, niente allenamenti, niente carri, niente battaglie.»

«In pratica, non posso fare niente!» ringhiò Gabriel.

«Piantala di lamentarti!» gridò la ragazza del letto affianco, una figlia di Afrodite. Aveva gli occhi colmi di lacrime. «Almeno a te è andata bene!»

Gabriel roteò gli occhi al soffitto e Will gli borbottò di stare zitto, fingendo di scrivere.

La figlia di Afrodite, Jennifer, era bellissima. Indossava solo una canotta azzurra, che le metteva in risalto gli occhi chiari, e il resto del corpo eera nascosto dalle lenzuola. Aveva entrambe le braccia ricoperte di bende, a causa di una palla di fuoco scoppiata a pochi metri da lei. Gabriel aveva provato a farle da scudo con il proprio corpo, senza ottenere molto successo.

Ma Jennifer Bennet non si stava lamentando per le braccia ustionate.

«Will!» lo chiamò, petulante, mentre lui le si avvicinava. «Come posso fare per le unghie?»

Will decise di non risponderle.

«Avevi solo da non fartele il giorno prima della guerra!» le gridò il fratello dal letto affianco, Johnny. «E te l'ho anche detto!»

Lei non rispose, gli occhi colmi di lacrime.

Will le tolse con delicatezza le bende. L'ustione non era più tanto grave quanto la sera prima. La pelle si stava ricompattando abbastanza velocemente. Sordo alla litigata tra i due fratelli, Will le spalmò con cura la crema e ripeté la stessa operazione eseguita su Gabriel.

Quando ebbe finito, si sciacquò le mani e lanciò un'occhiata al figlio di Ares. Sperò che si decidesse in fretta a confessare i suoi sentimenti alla ragazza. Almeno per un po' non l'avrebbero sentita parlare di manicure rovinata.

Poi ricordò cosa gli era successo tre anni e mezzo prima, e la sua espressione si fece dura. Cercò di evitare i ricordi, ma prima o poi avrebbe dovuto affrontare i suoi demoni.

«Carlos.» salutò Will, avvicinandosi al figlio di Ermes. «Come ti senti?»

Carlos alzò le spalle. Aveva solo undici anni, e aveva partecipato attivamente alla battaglia. Un romano si era portato via l'indice destro della sua mano. Da allora aveva perso la voglia di parlare.

Will studiò la ferita rimarginata. «Quando ti sentirai pronto, potrai tornare alla tua cabina.» mormorò.

Carlos annuì, poco convinto.

Will finì di visitarlo e li lasciò soli. Sprofondò nella poltroncina vicino alla scrivania, e osservò Austin fare avanti e indietro tra i cassetti.

«Schiaccio un pisolino.» lo avvertì. «Hai bisogno di aiuto?»

«No no.» si affrettò a dire Austin, e Will appoggiò la testa e chiuse gli occhi.

Riuscì ad addormentarsi, con l'immagine di Nico di Angelo senza maglietta stampata nella testa.

Avere una seconda vita è una cosa. È renderla migliore, il trucco...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora