18. Nico

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Quando Nico aprì gli occhi, era giorno. Ma non sapeva se fosse ancora lo stesso giorno in cui si era svegliato la prima volta, o un altro giorno ancora. Era tutto così confuso...

Si mise seduto, passandosi una mano sul volto e nascose uno sbadiglio. Si guardo attorno, cercando di abituarsi alla luce che compariva dalla finestra, e scese dal letto.

Scrutando dal di fuori del separé, scoprì che Will non giaceva più nel lettino, che ora sembrava immacolato. Nico pensò che fosse giustamente passato un altro giorno da quando il dottore era crollato di stanchezza davanti ai suoi occhi.

Nico lasciò al sua cabina e si diresse verso la piccola cucina. Lo stomaco riprese a brontolargli per la fame e, quando entrò, scoprì proprio il dottore steso sul tavolo con le braccia alzate in aria. Una specie di Superman intento a rilassarsi.

«Ehi.» lo salutò Nico, soffermandosi a pochi passi da lui. Indossava dei pantaloncini lunghi fino al ginocchio, arancioni, con le iniziali del Campo Mezzosangue; il solito camice verde, e le solite infradito azzurre.

Will abbassò gli occhi su di lui, sorpreso. «Ehi!» esclamò, senza mettersi seduto, ma abbassando le braccia. «Come stai?»

«Sto bene, mi sento molto riposato.» Nico lo scrutò. «Tu come stai? Sei ancora intenzionato a svenire?»

Lui sorrise. «No. Austin mi ha rimesso in sesto. Però ho avuto una gran bella idea, eh? Svenire in quel modo davanti a quegli altri che litigavano e strillavano.»

«Sì, è stata una bella idea. Lo avrei fatto io, ma sei stato più veloce.»

Sogghignando, Will si mise seduto, i capelli biondi molto più luminosi del solito.

Nico lo osservò con attenzione. Aveva il volto riposato, niente più occhiaie, e i capelli mandavano bagliori come se fossero anch'essi fatti di sole.

Will Solace era bello. Inutile negarlo. O provare a nasconderlo.

Will si voltò verso la dispensa, proprio mentre Nico arrossiva violentemente.

«Ti preparo qualcosa?» gli chiese, ma Nico scattò in avanti e afferrò una tazza prima che il figlio di Apollo potesse muoversi.

«Posso farlo da solo, ti ringrazio.» borbottò.

Will aggrottò la fronte ma non disse altro.

Nico si affrettò a versare latte e cereali nella tazza blu, e diede le spalle a Will mentre si ingozzava di cereali. Continuava ad odiarli, ma se li mangiava sotto lo sguardo di Will non gli sembravano affatto male.

«Credo che tu possa tornare nella tua cabina.» gli disse Will, e Nico irrigidì la schiena per non voltarsi. «Insomma, hai passato qui sei giorni, e non hai fatto altro che dormire. Ti sei riposato a sufficienza.»

«Sei sicuro che io possa andarmene?» chiese Nico, senza voltarsi. «Sì, insomma, mi sono addormentato per quattro giorni e poi per un altro giorno intero, ed ero qui, in infermeria, sotto la tua attenzione e quella dei tuoi fratelli. Se vado nella mia cabina, e dovessi dormire per una settimana di fila, non ci sarebbe nessuno a controllarmi, visto che vivo da solo.»

Nico si sentiva ancora le guance bollenti, e ciò che aveva detto non aveva di certo migliorato la situazione. Se vi avesse posato sopra la tazza, era sicuro che avrebbe bollito il latte.

«Non c'è motivo di preoccuparsi, Nico.» gli rispose Will, gentile. «Ogni giorno, posso venire a controllare se stai o meno dormendo. Posso passare due o tre volte, se a te va bene. Magari, ci vediamo per colazione, pranzo e cena. Che ne pensi?»

«Sì, io... dico che va bene.»

Nico finì di mangiare con un nodo allo stomaco. Will era così entusiasta all'idea di vederlo tornare nella sua cabina? Non poteva fingere di volerlo ancora lì?

Ma era un figlio di Ade, d'altronde. E non poteva aspettarsi un atteggiamento diverso dagli altri semidei. Tutti i figli di Apollo presenti in infermeria avrebbero tirato un sospiro di sollievo vedendolo andar via, prima di tutti Will Solace.

E lui che aveva sperato... che forse Will era diverso dagli altri...

Avere una seconda vita è una cosa. È renderla migliore, il trucco...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora