11. Will

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Dove sono i dadi?

Will socchiuse le palpebre. I dadi? I dadi?! Stava scherzando?! Ma lui era il figlio di Ade, di sicuro non poteva scherzare...

Ma quando lo vide tremare, e quando poi udì la sua risata, capì che era davvero così. Un semplice scherzo.

«Per gli Dei.» mormorò Will, con un piccolo sorriso. «Mi hai fatto prendere un colpo.»

«Sì, l'ho notato.» Nico continuò a ridere per un altro minuto, e Will rimase a guardarlo affascinato. Non gli era mai capitato di vedere Nico di Angelo ridere. Sorridere sì, poco, solo sorrisini di circostanza, finti, ma erano pur sempre dei sorrisini.

Ma una risata vera e propria.,,

«Dovresti farlo più spesso.» mormorò Will, mentre Nico tornava serio come al solito. «Sorridere. Sembri meno...»

«Terrificante?» lo incalzò Nico, gli occhi torvi. «Pallido? Serio?»

«Meno serio, sì, senz'altro.» annuì Will. Fu anche tentato di aggiungere che fosse più carino mentre rideva, ma non gli sembrò adatto alle circostanze.

Nico lo guardò come se si aspettasse di essere preso in giro, poi mosse il primo pedone in G7.

Will si accorse subito che Nico non giocava affatto bene, di tanto in tanto si inventava dei movimenti. Ma Will era troppo stanco per correggerlo, e in fin dei conti il figlio di Ade non giocava poi così male, al confronto dei suoi fratelli.

Ad un certo punto si alzò per prendere un bicchiere d'acuqa, e udì due rumori molto forti: il primo, qualcosa di duro che colpiva il tavolo; il secondo, una serie di pedine che ticchettavano allegre sul pavimento.

«Per gli Dei!» borbottò, tornando indietro.

Will tornò alla scrivania e trovò Nico addormentato con la testa sul tavolo. Un livido gli si stava gonfiando sulla fronte. Will gli tolse dal viso le pedine e lo sollevò a fatica. Sebbene fosse alto, non era sufficientemente muscoloso per prenderlo in braccio.

Svegliato dalle pedine, Austin scese dal lettino e aiutò il fratello maggiore. Depose Nico di Angelo sul lettino, e Will si affrettò a coprirlo con le coperte.

«Cos'è successo?» domandò Austin, trattenendo uno sbadiglio.

«Si è addormentato.» rispose Will, afferrando dal letto il primo romanzo di Hunger Games e riponendolo sul cassettone.

Lasciarono la cabina di Nico e Will iniziò a raccogliere i pezzi degli scacchi. Austin mangiò un panino avanzato dal vassoio, osservando il fratello.

«Che intendi fare con lui?» gli chiese.

Will ripose le pedine bianche e nere all'interno della scacchiera. «Non ho capito.» disse.

«Perché lo lasci dormire qui?»

Will spostò lo sguardo sugli occhi verdi del fratello. «È un paziente.» disse. «Ha bisogno di riposare. E questa è un'infermeria, se non lo sapessi.»

«Ma perché lo aiuti? Insomma... ha lasciato morire quel romano senza muovere un muscolo...»

Will rivide davanti a sé il volto di Ottaviano, e la sua partenza più veloce dello Space Shuttle.

«Anch'io avrei potuto fermarlo.» notò, a bassa voce.

Austin non rispose.

Will sospirò. «Anche se è il figlio di Ade, va trattato allo stesso modo di tutti gli altri. E poi, ha rischiato la vita per portarci la statua di Atena.»

«Sì, questo non lo metto in dubbio. Ma... andiamo, Will, con me puoi parlarne. Ti piace il figlio di Ade?»

Will avvampò. «E anche se fosse?» borbottò.

Austin scrollò le spalle. «Come dicono i figli di Afrodite, l'amore è l'amore!» sorrise. «Ed è anche un concetto che piace molto a nostro padre.»

Will rise. «Austin, hai ragione, Nico mi piace. Ma non intendo spaventarlo con i miei sentimenti. Hai visto come è fatto, e come tutti si comportano con lui. Lui tende ad isolarsi, e nessuno prova a fargli fare il contrario.»

«Quindi tu ora interpreti la parte del suo cavaliere?»

Will sbuffò. Dopo un po', paralre con suo fratello era insopportabile. Prese la scacchiera e la infilò tra le braccia di Austin. «Ora interpreto quello che ha finito il suo turno e torna a casa a dormire.» gli disse. «E tu sarai quello che rimane qua.»

Austin sbuffò e gli augurò la buonanotte, dirigendosi al cassetto della cucina per riporre la scacchiera.

Will prese una boccetta azzurra dal mobile più vicino e si avvicinò di soppiatto a Nico. Svitò il tappo della bottiglietta e versò qualche goccia del contenuto tra le labbra socchiuse del ragazzo. Almeno per quella notte, il figlio di Ade non si sarebbe dovuto preoccupare degli incubi.

Avere una seconda vita è una cosa. È renderla migliore, il trucco...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora