19. Will

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Nico gli dava ancora le spalle, ma aveva già smesso di mangiare da un po'. Se ne stava lì, davanti all'unico bancone che formava la cucina dell'infermeria, oltre il frigo e il piccolo fornello, senza muoversi, gli occhi fissi sulla tazza.

Will si chiese a cosa stesse pensando.

Forse era ancora preoccupato di addormentarsi nella sua cabina per giorni e giorni. Non intendeva lasciarlo da solo, naturalmente. Sarebbe andato a controllarlo. E uscendo con lui per la colazione, il pranzo e la cena lo avrebbe controllato con più attenzione.

Arrossì ricordando quello che aveva appena fatto. Aveva fissato degli appuntamenti con Nico di Angelo. Certo, erano appuntamenti cordiali tra amici, anzi, tra medico e paziente, e nessuno, nemmeno Austin, avrebbe colto il doppio gioco. Però lo faceva arrossire lo stesso.

«Vado di là.» avvertì Will, scendendo dal tavolo, e rischiando di inciampare nella gamba della sedia. «Ci vediamo.»

«Sì. Tu... cerca di riposare.»

«Lo farò.»

Will si allontanò in fretta da Nico, il cuore che gli rimbombava nelle vene, e si avvicinò alla stanza con i pazienti. Ormai era rimasto solo Gabriel, intento a costruire un piccolo castello di carte in compagnia di Derek. Jennifer e Johnny avevano lasciato l'infermeria il giorno prima.

«Will.» lo salutò Derek, alzando la mano in segno di saluto, e così facendo fece crollare il castello di carte. «Per gli Dei!»

Gabriel fissò il mucchietto di carte che giaceva sul mobile. Ancora poche mosse e si sarebbe trasformato in un perfetto castello. Ma al posto di infuriarsi e picchiare Derek, Gabriel sorrise. Certo, era un sorriso un po' tirato, ma pur sempre un sorriso.

«Non importa, lo rifaccio.» disse, scrollando le spalle.

«Jennifer è già passata a trovarti?» gli chiese Will, sorridendo.

«Sì.» annuì Gabriel, compiaciuto.

«Un'ora fa.» aggiunse Derek, guardando il fratello maggiore. «Mentre tu... eri sul tavolo. Cosa stavi facendo, già?»

«Mi stavo rilassando.» rispose Will, con una scrollata di spalle.

«Ti stavi rilassando.» ripeté Derek, poco convinto.

«Steso sul tavolo.» aggiunse Gabriel.

«E pensavo.» aggiunse Will, tra sé. «Stavo pensando.»

«Cosa c'è di così importante da pensare sul tavolo della cucina?» domandò Derek, esasperato.

Will scrollò le spalle e andò a sistemare un letto.

Naturalmente, i suoi pensieri di poco prima erano tutti indirizzati a Nico di Angelo. Come tutti i suoi pensieri dell'ultima settimana. Non pensava ad altro che a Nico da quando lo aveva visto spuntare davanti a lui durante lo scontro con i romani. Quando gli aveva fatto notare che, nonostante i suoi vestiti scuri e il cerone nero sul volto, con i suoi capelli biondi, sarebbe apparso molto visibile ai nemici.

Vestendovi di nero, con il sole che sta per sorgere. Dipingendoti la faccia di nero non coprirà quella massa di capelli biondi. È come se sventolassi una bandiera gialla.

Le parole del figlio di Ade, dopo una settimana, lo fecero ancora arrossire. Certo, in quel momento non era stato sufficientemente lucido per pensare. Voleva solo allontanarsi dal campo, prendere una boccata d'aria e sconfiggere i nemici. Insomma, far nascere piccoli satiri non era roba da tutti i giorni, per lui!

Con un brivido, ricordo quel mattino.

*

«Solace!» lo chiamò Clarisse la Rue, correndo verso di lui. Aveva i capelli legati, e lo sguardo di fuoco. «Solace, vieni qui!»

«Cosa succede?» le chiese Will, cortese. La figlia del Dio della guerra nelle ultime settimane gli era stata molto addosso, per via di Mellie. Quando la vide corrergli incontro, capì che c'entrava lo spirito del vento.

Ma non ebbe il tempo di chiederlo.

«Mellie.» disse Clarisse, afferrandolo per il braccio con una presa d'acciaio. «Ha le doglie.»

Will la guardò senza parole, senza accorgersi che Clarisse lo stava lentamente trascinando via.

«Le doglie?» ripeté. «Ma... ma è presto! Mancano ancora... due settimane!»

«A quanto pare no.»

Will si rese conto di quello che gli stava facendo la ragazza, e avvampò. «Dove mi stai portando?» gracchiò.

«Hai visitato Mellie nelle ultime settimane.» gli ricordò Clarisse, ignorando i suoi vani tentativi di liberarsi. «Devi controllare.»

«Cosa? No!»

«E farai nascere il bambino, se necessario.»

«Cosa?! NO!»

Clarisse sbuffò, ignorando il figlio di Apollo che la colpiva alla mano per liberarsi. «Sei un dottore, Solace.»

«Non è esattamente così. Non ho ancora superato gli esami. E so solo guarire delle piccole ferite, e riparare qualche danno più grande, ma non posso far nascere un bambino! Non so come si fa!»

«C'è una prima volta per tutto.»

«Fallo tu, allora!»

Clarisse si fermò e Will rischiò di inciampare su di lei. Ma non ebbe il tempo di cadere perché Clarisse lo afferrò per le spalle, stringendolo forte, fissandolo dritto negli occhi.

«Mentre tu sei qui a decidere se sei o meno un dottore, lei è nella mia cabina, e sta soffrendo.» ringhiò Clarisse, e Will deglutì. «Quindi decidi cosa vuoi fare, Solace, e alla svelta. Ma ricorda che dalla tua decisione dipende anche la tua vita.»

«Da-d'accordo.» balbettò Will. «Fammi strada.»

Avere una seconda vita è una cosa. È renderla migliore, il trucco...Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora