Capitolo 49

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Continuavo ad osservare il mare con le ginocchia attaccate al resto del mio corpo, le onde mi sfioravano le punte dei piedi facendomi rabbrividire di tanto in tanto vista la mia mente persa tra le onde del mare. Sentii qualcuno sedersi accanto a me, Aiden, non avevo bisogno di guardare per sapere che era lui. Era sempre lui. Sapeva quando avevo bisogno di lui e senza nemmeno girarmi per cercarlo era li accanto a me. Appoggiai la mia testa sulla sua spalla e distesi le gambe bagnandomi i polpacci. Osservai l'abito che avevo, era un abito da cerimonia blu, fino al ginocchio; anche Aiden era vestito bene ma non troppo elegantemente, una semplice camicia bianca e dei pantaloncini in jeans verde militare. Mi sorrise accorgendosi del mio sguardo su di lui e mi baciò. Una voce ci fece girare entrambi e ci alzammo tenendoci per mano. Una donna mi venne incontro, era bellissima, aveva un abito bianco che svolazzava leggero insieme ai capelli lunghi mentre l'uomo era vestito come Aiden. Una bambina mi saltò in braccio, aveva i miei occhi e i capelli chiari di mamma.

"Ciao piccola Elle." Disse il mio ragazzo facendo ridere la bambina, mi voltai verso di lui.

"Elle?"

"Michelle-Elle." Mi rispose lui sorridendo e poi prendendo la bambina che scalpitava per andargli in braccio. Guardai i due signori davanti a me, i miei genitori erano davanti a me. Portandomi una mano alla bocca saltai addosso a mio padre, in lacrime, e subito dopo a mia madre.

"Quanto mi mancate." Sussurrai singhiozzando. "Vorrei foste reali, vorrei che lo conosceste davvero, vorrei che avreste visto zia Carmen sposarsi e nonna Berta commettere un omicidio. Vorrei che ci foste per vedere che amici meravigliosi che ho, ci sono troppi vorrei. Davvero troppi."

Mia madre mi prese il volto tra le mani e appoggiò la sua fronte alla mia ma era come se toccassi aria, vidi che stava piangendo anche lei assieme a mio padre.

"Siamo orgogliosi di te, mia piccola Lia. Ce l'hai fatta. Ti è stata data una seconda possibilità e la stai sfruttando al meglio e non potremmo chiedere niente di meglio. Non pensare per un solo secondo che ci stiamo perdendo qualcosa." Annuì e mi concentrai su mio padre che mi accarezzava la testa. Mi voltai e la piccola MIchelle mi venne incontro. Mi sedetti sulla sabbia per essere alla sua altezza.

"Sei coì bella." Alzai la mano come per accarezzarle il viso ma la mia mano tremava, lei mi sorrise e prese la mia mano tra le sue poggiandola alla guancia.

"Voglio essere bella come te, sorellona." A quella frase scoppiai a piangere ancora di più.

"Perché piangi? Mal?" La sua voce però non era più la stessa, si era storpiata. Sapevo cosa stava succedendo e subito guardai i miei genitori che iniziavano ad appannarsi.

"Vi voglio bene!"  Urlai e sentii due braccia avvolgermi. Strinsi le braccia di Aiden a me, come se fossero l'unica cosa a tenermi ancorata alla realtà. Iniziai a dondolare avanti e indietro finchè non mi calmai e poi mi girai verso Aiden. Mi sorrise dolce asciugandomi le lacrime con entrambe le mani.

"Un'incubo?"

"No.. per niente. Era un sogno così bello"

"Perché piangi?"

"Perché non ci riesco ad accettare che fosse solo quello, solo un sogno." Detto quello i suoi occhi si illuminarono come se avesse capito.

"I tuoi?" Mi chiese ed io annuì.

"C'eri anche tu." Gli dissi e lo sentii sussultare per la sorpresa "eravamo in una spiaggia." Mi guardai intorno e solo allora mi accorsi che eravamo ancora in spiaggia, stretti l'uno all'altro, illuminati solo dalle prime luci dell'alba. Iniziai a raccontargli il sogno e per tutto il tempo lui mi strinse la mano continuando ad accarezzarmi i capelli e la schiena, baciandomi la mano quando mi fermavo per i singhiozzi che sfuggivano di tanto in tanto. "Penso solo che alla mia immaginazione piaccia scherzare con la mia sanità mentale, che sta perdendo tanto per la cronaca." Confessai sbuffando.

"Non penso sia stato un semplice sogno."

"Dici che erano davvero loro?"

"Non lo so, dico solo che non sarebbe così tanto surreale. A volte le persone che amiamo ci vengono in sogno, decidiamo noi se dar peso alle loro parole o meno. Tutte le volte che li hai sognato eri sempre ad un passo più vicina alla felicità, penso sia per quello che li sogni quando stai bene. Perché li rendi fieri di te, vivendo e non sopravvivendo." Sospirai ed annuì, aveva senso. Guardai noi due ancora stretti e sorrisi asciugandomi l'ultima lacrima, quello aveva senso. Me e lui, svegliarci insieme avvinghiati, la sensazione di poter volare e allo stesso tempo eruttare come un vulcano, il nostro amore, quello aveva senso.

"Andiamo a casa?" Mi chiese ed io annuì. Domani ci sarebbe stato il funerale. Non riuscivo a credere che già erano passati dieci giorni, non riuscivo a credere che fosse quasi finita l'estate. L'estate in cui sono rinata dopo essere morta un anno prima.

Raccogliemmo tutte le cose e le caricammo sulla macchina di Luke; restituimmo tutti gli oggetti in prima mattinata visto che ci eravamo svegliati davvero presto e poi andammo in un bar per fare colazione. Rigorosamente con il gelato. Amavo il mio ragazzo perché sosteneva che il gelato era un ottima cura dopo un pianto, o una litigata, o del buon sesso. Diciamo che aveva un'ossessione per il gelato. Il mio ragazzo.

"Perché sorridi?" Mi chiese.

"Perché sei il mio ragazzo, l'ho appena realizzato." Dissi non togliendomi il sorriso dalla faccia infettando anche lui.

"Dici che è normale aver voglia di urlarlo al mondo?"

"Non so se sia normale ma di sicuro è da noi."

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