Dieci minuti! Si può mai racchiudere in una telefonata di dieci minuti alla settimana un rapporto padre-figlia?
È con l'amaro in bocca che saluto il mio papo alla fine della nostra breve e intensa chiacchierata telefonica. In tutta fretta ho fatto solo in tempo a dirgli che sono stata promossa e che sto festeggiando con un amico. L'ho sentito gioire per il mio ottimo risultato scolastico e ho sentito la sua voce incrinarsi per dirmi che avrebbe voluto essere con me per abbracciarmi forte e, che è orgoglioso di me, che nonostante le difficoltà non ho mai mollato. Ha voluto sapere, come un padre geloso, chi fosse l'amico con cui sto festeggiando e se fosse qualcosa in più di un semplice amico. Mi ha presa in giro quando gli ho risposto di stare tranquillo, che è solamente un ragazzo che mi piace e che non ho nessuna intenzione di andare oltre l'amicizia, che per il momento non voglio storie d'amore e che voglio essere libera da ogni tipo di relazione.
«Sì, davvero? Dicevo anche io la stessa cosa prima di incontrare la tua mamma... Poi quando l'ho conosciuta sono impazzito d'amore per lei e tutti i miei buoni propositi sull'indipendenza sono andati a farsi benedire.» Mi ha detto ridacchiando.
Poi una voce in sottofondo ci ha interrotti dicendo che i dieci minuti sono ormai agli sgoccioli, e ci siamo salutati frettolosamente. Ci risentiremo la prossima settimana.
Dovrei essere contenta di averlo sentito e invece mi sento triste e stanca. È in momenti come questo che mi accorgo di quanto la mia vita sia vuota e di quanto mi manchino i miei genitori. È davvero faticoso per me fingere ogni giorno che tutto vada bene e riuscire a trovare la forza per non lasciarmi andare. Vorrei tanto, almeno per una volta, rifugiarmi nelle braccia della mia mamma e sentire il suo odore, sentire la sua voce... Ormai non la ricordo più.
Infilo il telefono nella tasca posteriore dei jeans e rientro nel locale, chissà Davide, mi avrà data per dispersa.
«Tutto bene Eleonora? Hai una faccia. Qualche brutta notizia?»
«No, tranquillo, tutto bene.» Intanto guardo l'ora e mi rendo conto che dovrei rientrare alla base. Sono quasi le tredici e in casa famiglia si pranza alle tredici e trenta. Prevedo un cazziatone tremebondo da parte del Don. Non sopporta chi arriva tardi a tavola, e soprattutto non vorrei deluderlo proprio oggi che è stata la mia prima uscita in totale autonomia.
«È solo che mi sono resa conto che è davvero tardissimo e sicuramente non riesco a prendere in tempo il bus per Manfredonia...»
«E di cosa ti preoccupi, ci sono qui io, ti accompagno con il mio bolide. In venti minuti siamo a destinazione.» Davide si e già alzato e sta lasciando sul tavolino i soldi per la nostra consumazione.
«No, dai, io ti ho invitato e tocca a me pagare!» Dico mentre apro lo zaino per prendere il portafogli.
«Ma non ci provare proprio! Offro io! Devo ancora farmi perdonare da te per tutte le cattiverie che ti ho detto l'altra volta.»
Lo lascio fare, troverò sicuramente un'altra occasione per ricambiare.
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Venti minuti dopo siamo ormai quasi arrivati a destinazione. Viaggiare a tutta velocità con la capote abbassata e il vento nei capelli è stata una bellissima esperienza. Devo dire che la musica a tutto volume questa volta non mi ha fatto sentire a disagio, anzi è servita a migliorare notevolmente il mio umore, che dopo la telefonata dal carcere, era calato leggermente di tono.
«Allo svincolo devi girare per Siponto, io non abito proprio a Manfredonia centro. Poi ti dico io dove devi fermarti.»
Mi farò lasciare sul lungo mare, non voglio che Davide veda dove realmente vivo. Non sono pronta a svelare a lui il mio privato.
«Ecco, accosta qui!» Gli indico con la mano dove può parcheggiare. Ho solo cinque minuti per percorrere la strada per arrivare alla casa famiglia. Spero solo di ricordare la scorciatoia che una volta Samuel mi ha fatto vedere.
«Ehi, dall'altra parte c'è la casa al mare della mia famiglia, dove, da quando sono piccolo, trascorro tutte le estati! Praticamente siamo quasi vicini. Dopo gli esami mi trasferisco qui e potremo vederci tutti i giorni!» Davide è raggiante per questa scoperta. Io un po' meno. In questo momento penso solo a come si incazzerà Don Antonio per il mio ritardo.
«Scusami ma ho una fretta terribile, sono in ritardissimo e devo proprio andare. Sei stato gentile ad accompagnarmi fin qui, non so come avrei fatto senza di te!» E intanto apro lo sportello per scendere dall'auto e lui fa lo stesso. Mi viene vicino e mi poggia le mani sui fianchi. «Non credere di poter scappare come l'altra volta... Quando ci rivediamo?»
«Dai, sentiamoci per telefono uno di questi giorni e decidiamo. Poi tu non sei impegnato con gli esami di stato?» Spero che dal mio tono di voce non traspaia troppo la fretta di sfuggire a una situazione che mi sta mettendo in forte imbarazzo. Va bene, ci siamo baciati. Ma da qui ad avere una frequentazione assidua... Mi sembra davvero troppo.
«Ho capito, ora hai troppa fretta di ritornare a casa. Comunque sulla storia degli esami hai pienamente ragione, devo ripetere tutto e prepararmi seriamente. Ma la sera sono libero e se vuoi posso venire io a prenderti.» Mi dice avvicinandosi ancora.
«Va bene...sentiamoci. Solo che i miei sono abbastanza severi e per me uscire la sera può essere un problema. Vediamo dai...» Mento spudoratamente. Però è anche vero che non so proprio come reagirebbe il Don a una mia richiesta di uscita serale.
Devo essere stata abbastanza credibile perché lui annuisce con la testa. È palese che stia cercando l'occasione per baciarmi di nuovo e io lo lascio fare, ho voglia anche io di un suo bacio. Un attimo dopo le nostre labbra si sfiorano e le lingue iniziano a giocare tra loro, si rincorrono. E mentre le sue mani scendono dai miei fianchi per fermarsi sul mio fondo schiena, ecco che scatta nella mia testa un flash: le mani di Emanuele sul culo di quella stronza.
«Ora devo proprio scappare!» Dico allontanandomi bruscamente e iniziando a correre per cercare di recuperare in qualche maniera il ritardo. Non mi giro neanche una volta, ho come la sensazione che me ne starà dicendo di tutti i colori.
Però che buon sapore che avevano le sue labbra.
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Vita sbagliata - L'età dell'adolescenza
Romantik*Ci sono vite che nascono segnate. Destini che sembrano essere già tracciati. E per quanto si possa provare a liberarsi dalle pesanti catene che ci tengono intrappolati alle origini, ci si ritrova sempre e inesorabilmente, sopraffatti dal proprio pa...