Capitolo 22: Segreti inconfessabili pt.2

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«Lei era un avvocato di successo spesso fuori per lavoro. Lui invece era una specie di artista, non so bene, amava dipingere e disegnare e aveva uno studio in casa, era lui la figura familiare prevalente e sempre presente. Mi accompagnava a scuola, in palestra, sempre disponibile in tutto. Se avevo bisogno di una mano con i compiti e altro, era a lui che facevo riferimento. Tra noi era nato un bel rapporto, c'era dialogo, gli parlavo di tutto. Mi confidavo. Insomma ero un'altra Eleonora, non quella che conoscete voi ora, chiusa e introversa. È iniziato tutto per caso, forse è stata colpa mia e del mio modo di fare. Anzi sicuramente è stata proprio colpa mia. Da poco avevo iniziato una storia con un mio compagno di classe, sai le prime esperienze, baci, carezze, sesso. Io con il sesso ho sempre avuto un rapporto particolare.»

Mi fermo per riprendere fiato e ordinare i ricordi che si affollano nella mente.

« Beh, l'inizio dell'adolescenza è sempre un periodo delicato. Le curiosità nei confronti del sesso sono cosa comune, non sei tu a essere strana» cerca d'incoraggiarmi Teresa intervenendo quasi a giustificare le mie parole.

«Sì, può essere... L'età forse, come dici tu. O forse perché i miei erano molto liberi da questo punto di vista. Non lo so perché, ma sono sempre stata curiosa nei confronti del sesso. Mai morbosa, solo molto curiosa. E poi mi veniva facile rapportarmi con i ragazzi. Avevo tredici anni la prima volta...» Sembra passato tanto di quel tempo.

«Vedi ora a parlare con te provo vergogna, non so, come una specie di pudore. A lui invece ho raccontato tutte le mie esperienze, così con naturalezza, senza alcuna malizia». Mi manca l'aria e vorrei aprire la finestra, ma resto ferma con la testa bassa a guardare il pavimento per trovare la forza di continuare.

«Quel giorno avevo litigato con il mio ragazzo, una stronzata, lui era geloso perché avevo fumato una sigaretta insieme a un altro amico e per questo mi aveva detto che ero una 'puttana' anzi, dato che era a conoscenza delle mie origini albanesi mi aveva chiamata 'kurve'. Questo fatto mi aveva fatto incazzare all'ennesima potenza ed ero tornata a casa come una furia. Piangendo gli raccontai tutto. Lui mi abbracciò. Credevo volesse consolarmi... Io in quell'abbraccio ho trovato conforto, mi sono lasciata andare alle sue mani che hanno asciugato le mie lacrime di rabbia e non mi sono tirata indietro quando ha iniziatoa baciarmi, prima delicatamente sulla fronte, poi sulle labbra. Io non l'ho fermato, lui era la mia famiglia, mi fidavo di lui. Era la mia sicurezza. E l'ho lasciato fare, anche quando il bacio è diventato qualcosa di più. Anzi ho ricambiato. Anche dopo quando iniziò ad accarezzarmi e a togliermi i vestiti. Io non ho opposto resistenza, mi sono lasciata andare»

Le lacrime iniziano a scendere incontrollate, sto tremando. Lo sguardo di Teresa è fisso nel mio.

« Non ho fatto nulla per fermalo, nulla. Né quella volta, né le volte successive. Anzi, io provavo piacere. Ero il suo giocattolo, la sua bambola. E a me questo piaceva. Mi piacevano quelle sensazioni e mi piaceva quello che facevo provare a lui. È stato il mio maestro, se così si può dire. Mi ha insegnato tutto quello che so sul sesso, come fare, come muovermi, come dare e ricevere piacere.» Con la manica della felpa cerco di asciugare il viso ormai devastato dal pianto.

«Diventai la modella dei suoi disegni e dei suoi quadri. Credo mi abbia ritratta nuda in tutte le pose possibili e immaginabili. A me piaceva la sua adorazione nei confronti del mio corpo. Mi sentivo ammirata ed esaltata. Di una cosa sono certa, né lui ha mai amato me, né tanto meno io lui. Era solo una relazione basata sul sesso, sulle sensazioni che sapevamo regalarci l'un l'altro. Era davvero un bell'uomo e mi sentivo attratta da lui e dal suo modo di fare. Ogni volta che eravamo soli in casa, e capitava spesso, finivamo a letto insieme. Era come se vivessi una vita sdoppiata. Fuori casa ero normale, la mia vita continuava regolarmente fra scuola, sport, amici, 'fidanzati', insomma la vita di una ragazzina adolescente. In casa invece mi trasformavo nel suo giocattolo sessuale.»

Ho voglia di un'altra sigaretta, ma non ho il coraggio di chiederla a Teresa, ma lei come se mi leggesse il pensiero, mi indica il pacchetto che è sulla scrivania, come per autorizzarmi a prenderne una. Non me lo faccio ripetere due volte e lentamente mi alzo a prenderla e ad accenderla.

Ho perso la cognizione del tempo. Da quanto siamo chiuse in quella stanza? Noto solo, guardando fuori dalla finestra, che ormai è buio.

«Sono stati proprio i suoi disegni a tradirci. Lei li ha trovati in una cartella che lui aveva nascosto dietro il mobile del salotto. Mi ha vomitato addosso tutto il suo odio. E lui è stato lì a guardare, senza mai intervenire. Solo io la colpevole di tutto, come se avessi fatto tutto da sola. Nel giro di due giorni sono stata buttata fuori di casa. Le sue conoscenze importanti hanno velocizzato la rinuncia all'affido per motivi addebitabili al mio mancato inserimento nel nucleo familiare per problemi caratteriali. Le minacce poi, per la paura che io potessi denunciare il marito, sono state talmente violente e subdole... Ma io sinceramente non ci ho mai pensato a una denuncia. Cosa dovevo denunciare? Non mi ha mai fatto violenza e se ci sono stati degli atteggiamenti che potevano sembrare violenti, erano stati largamente autorizzati da me. Chi mi avrebbe mai creduta, poi? Chi ero io? Una povera disadattata, una sporca 'troietta' che aveva sedotto un povero padre di famiglia! Cosa avevo sperato di ottenere? Soldi? Cosa? E poi denunciare per cosa? Per ammettere pubblicamente che mi era piaciuto tutto?»

Alzo lo sguardo per fissarlo in quello di Teresa «Lo so che ti faccio schifo. Non dirmelo, lo immagino già. Io sono nata sbagliata, tutta la mia vita è sbagliata!» Le parole, quasi urlate, soffocano tra i singhiozzi.

Ho lo stomaco stretto in una morsa e un senso di nausea fortissimo. Finalmente sono riuscita a liberarmi di questo peso e a parlarne. Ma cosa mi aspetta ora? Il giudizio. Ed è proprio di quello che ho avuto sempre paura.

Teresa si alza e si avvicina a me, per stringermi in un abbraccio: «Non sei sbagliata! Smettila di pensare queste sciocchezze di te e della tua vita. Non ti giudicare così duramente. Non te lo meriti!»

Affondo il viso nell'incavo del suo collo e mi lascio andare a un pianto liberatorio. E lei mi culla nel suo abbraccio che ora di professionale ha davvero poco. È piuttosto una mamma che sta abbracciando la sua bambina spaventata. «Non devi giudicarti duramente solo perché non hai avuto la forza di tirarti fuori da una cosa che comunque era più grande di te. Non devi vergognarti di avere provato piacere. Non ti devi sentire sporca. Lui ha comunque approfittato di te e del tuo continuo cercare amore e conferme. È un essere disgustoso che ha utilizzato la sua 'figura paterna' per coinvolgerti nel gioco sporco e perverso della sua mente malata. Non sei tu il problema, ma lui. E peggio di lui la moglie, che lo ha difeso distruggendo te».

Mi accarezza i capelli continuando a tenermi abbracciata: «Piangi ora, butta fuori tutto il tuo dolore e la tua rabbia. Io sono qui con te e non ti giudico. Nessuno ha il diritto di giudicare senza vivere le situazioni in prima persona sulla propria pelle. Quello che mi hai raccontato non uscirà mai dalla porta di questa stanza e ogni volta che vorrai parlarne, se mai lo vorrai fare, io ci sarò sempre per te».





Vita sbagliata - L'età dell'adolescenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora