Un mese dopo
A volte mi chiedo perché ho maturato le decisione di frequentare un istituto tecnico commerciale, nonostante una passione per i numeri non l'abbia mai avuta.
È un'ora che ho davanti questo stramaledettissimo foglio con la verifica di economia aziendale che dovrei consegnare tra un po', ma proprio non riesco a capirci un cazzo.
E sì, chiamiamo le cose con il loro nome. Un cazzo è esattamente quello che io non riesco a capire degli argomenti di cui tratta questo test: i ratei e i risconti.
Mi fanno schifo. Mi ripugnano e non li capisco. Sarò demente, sarò deficiente, non lo so. So solo che questi concetti nella mia testa non si vogliono fissare.
Complice anche il fatto che oggi è una splendida giornata di sole e che dalla finestra dell'aula intravedo il cortile sottostante, dove qualcuno sta improvvisando una partita di calcetto. Ma loro non hanno verifiche da fare? Perché non posso essere lì anche io, invece di trovarmi qui in classe a soffrire davanti a questi fogli ancora intonsi?
Allungo la gamba per toccare con il mio piede quello di Camilla, la mia amica di banco. La mia espressione facciale, quando mi guarda, deve risultare più che esplicativa perché le scappa da ridere.
"Cazzo ridi che io sono disperata?" E le mollo un altro calcio più forte.
«Aiutami, non ci capisco un cavolo!» Scandisco bene il labiale in modo che possa capirmi.
Miracolo! Piano allunga il foglio verso di me e io improvvisamente provo per lei un sentimento di amore sincero. Lei ha già finito la verifica. È un fottutissimo genio dell'economia aziendale in maniera proporzionale a quanto io invece sia una capra nella stessa materia. Copio tutto. Sono veloce a scrivere quando serve. Tralascio solo qualche risposta, in modo da cercare di fregare il professore che sa benissimo quanto sia forte la mia passione per la sua materia.
A me sta bene anche un sei, sì la sufficienza, non ambisco a voti alti.
E lo so, sono una persona modesta, lo so bene.
Appena finisco, scatto come una molla dal banco per andare a consegnare, così da dissipare ogni possibile dubbio sul fatto che io possa aver copiato. Consegno quasi per prima rispetto agli altri.
Il tempo di lasciare il foglio sulla cattedra e già sono fuori dalla classe, di corsa per le scale.
Voglio uscire a respirare il sole e l'aria della primavera prima che mi scoppi la testa. Ho pensato troppo. Mi viene da ridere e con la mano cerco il pacchetto di sigarette nella tasca della salopette « E che cazzo, no!» Mi fermo di botto in mezzo alla scalinata.
Peccato che l'imprecazione non sia stata solo un pensiero, anzi, si è materializzata in un'esclamazione anche con un tono bello alto.
«Nervosa oggi la signorina eh?» Sento una voce alle mie spalle.
Ma a te cosa te ne frega se io sono nervosa? Penso mentre mi giro, già sapendo che sfanculerò male la persona di sesso maschile che sta tentando questo squallido approccio.
«Stai parlando con me?»
«Siamo gli unici due sulla scalinata, quindi mi sa proprio di sì, che dici?» Mi risponde alzando gli occhi al cielo. Sorride, cioè più che un sorriso è un espressione sarcastica quella che fa, del tipo: Questa deficiente manco capisce che parlo con lei?
Mi guarda dall'alto in basso, come a valutare la mia persona con un solo rapido sguardo.
Io per guardarlo meglio sono costretta ad alzare la testa perché lui è , occhio e croce, almeno venti centimetri più alto di me.
Oh, cazzo! Sì davvero. Oh, cazzo!
E' uno di quinta . Lo avevo già visto all'assemblea d'istituto. Cioè io lo avevo visto, guardato e riguardato ben bene, ma quando Camilla mi ha sgomitato e detto all'orecchio «Oh l'hai visto a quello?» Con un tono da adolescente in crisi ormonale, io ho finto sfacciatamente.
«Chi, non capisco, non vedo nessuno.»
«Sì, va beh! Sempre con la testa tra le nuvole! Quello è Davide Maestri, va in quinta C»
E mentre penso tutto questo, devo aver sicuramente assunto un'espressione da rincoglionita perché lui sventola la mano all'altezza degli occhi: «Ehi, ma dormi?»
Finalmente mi sveglio e recupero un po' del mio amor proprio «Sì, attento che sono sonnambula, non mi svegliare bruscamente altrimenti ci resto secca». Rispondo con il tono più acido del solito.
«Keep calm, ragazzina, o come cavolo ti chiami»
«Eleonora, mi chiamo Eleonora, e quelli che dicono keep calm mi stanno sul cazzo!» Bofonchio tra i denti continuando a scendere le scale dandogli le spalle.
Sono stata proprio una gran cafona, lo ammetto, ma la sua aria saccente mi ha fatto girare le palle, e io per evitare di essere ulteriormente scurrile ho preferito ignorarlo del tutto e fare la figura della cafona.
Tanto asociale sono e asociale rimarrò a vita.
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Vita sbagliata - L'età dell'adolescenza
Romance*Ci sono vite che nascono segnate. Destini che sembrano essere già tracciati. E per quanto si possa provare a liberarsi dalle pesanti catene che ci tengono intrappolati alle origini, ci si ritrova sempre e inesorabilmente, sopraffatti dal proprio pa...