Capitolo 71: Quanto mi odio!

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Non ho davvero nulla da perdere, voglio solo trovare il modo di farmi del male e vedere fino a che punto riesco a resistere.  Come se Lele col suo modo di fare non me ne abbia già fatto abbastanza.

Sì, è solo questo che voglio in questo momento, soffrire e sapere di volerlo fare consapevolmente. 

Voglio stare male, ma voglio essere io a provocarmi questo dolore.

Uno dei tanti psicologi che mi hanno analizzato ha definito la mia come una condotta autolesionista di tipo particolare, io non mi taglio, non mi ferisco, scelgo strade diverse per farmi del male, il fumo è quella più semplice che è anche una via di fuga per me. Poi c'è il sesso... 

Fanculo Lele e le sue belle parole, fanculo tutto. Sono un fottuto errore, per tutti, per me stessa. Una povera illusa che ha perso la testa per uno stronzo abituato a giocare con il cuore e con la figa delle ragazze di cui si circonda. 

Ora però sono io che comando il gioco, sono io che decido cosa fare, anche a costo di distruggermi. Voglio rivivere momenti già vissuti molto tempo fa, quando ero solo una bambina, voglio essere un giocattolo senza anima e volontà nelle mani del mio carnefice. Per sentirmi amata e indispensabile. Per avere la sensazione di contare qualcosa ed essere importante per qualcuno. 

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Gabriele è quasi imbarazzato quando mi vede. Sicuramente il mio messaggio lo avrà sorpreso. La vittima che ritorna dal suo seviziatore. Lui ha tentato di violentarmi e io ora sono qui a offrirmi a lui. Perché è quello che voglio fare, farmi scopare per dimenticare questo maledetto dolore che mi scuote il cuore, il corpo, il cervello. Per silenziari i pensieri che crudeli e ossessionanti sono rivolti solo a una sola persona: Lele. 

Sono venuta ad aspettarlo davanti all'ospedale, a fine turno, allontanandomi  dalla casa famiglia senza dire nulla ne al don ne a Samuel, se solo avessero minimamente sospettato quello che avevo in mente mi avrebbero chiusa nella mia stanza. Per questo ho preferito uscire di soppiatto, nel primo pomeriggio, per prendere il bus per San Giovanni Rotondo. Mezz'ora di curve e tornanti che mi hanno provocato una nausea devastante che, appena scesa, ho soffocato nel fumo di una sigaretta. Tanto peggio di come mi sento non potrò stare. 

«Eleonora, non credevo venissi davvero.» Il dottorino mi sorride imbarazzato. «Mai avrei pensato che dopo quello che è successo... Mi devi perdonare, io non so cosa mi è preso l'altra sera, ero come impazzito, non ragionavo.» Si barcamena in una serie di giustificazioni di cui sinceramente in questo momento mi interessa poco. 

«Ho sete, mi porti a bere qualcosa?» Neanche fingo di non aver ascoltato quello che sta dicendo. In realtà non mi servono le sue scuse, non so che farmene, e poi non hanno senso.

Sorride rassicurato, forse è convinto che le parole usate in sua discolpa mi abbiano convinta e quindi si ritiene ormai largamente perdonato.  Ricambio il sorriso e provo a rilassarmi, del resto sono qui di mia spontanea volontà e non ha motivo di persistere, questo senso di disagio che avverto.

Sei una cogliona e lo sai bene che stai facendo una cazzata delle tue, per questo ti senti a disagio!

«Ma io ti porto dove vuoi! Questo e altro per farmi perdonare da una ragazza speciale come te! Vieni, ho la mia auto parcheggiata di fronte.» E mi indica una specie di bolide blu metallizzato al di là della strada. Da perfetto cavaliere mi apre lo sportello e lo vedo assumere un'espressione quasi di orrore quando i miei anfibi impolverati si poggiano sull'immacolata moquette blu notte dei tappetini. 

 «È una Lamborghini Huracan» mi dice tutto impettito e orgoglioso. 

Per una che ha sempre pensato che, per certi ragazzi l'auto di lusso, con cui stupire le ragazze, è una specie di prolunga del proprio pene, questa è un'informazione quasi comica e la mia espressione facciale come per dire 'Esticazzi' è davvero palese. 

Vita sbagliata - L'età dell'adolescenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora