Capitolo 2: Nuovi inizi.

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La vita in una casa famiglia non è cosa semplice, me ne sto rendendo conto giorno dopo giorno. Io, da parte mia, sono asociale, mantengo molto le distanze e difficilmente rivolgo la parola a persone che non conosco bene. Non ci posso fare nulla, è il mio carattere di merda. Riesco anche a risultare antipatica e snob, ma nella realtà non lo sono.

Ho una stanza singola, con un piccolo bagno con doccia, ma insomma non è una suite di lusso, anzi. I mobili sembrano essere stati recuperati a un mercatino dell'usato, sono tutti di stile e colore diverso. La struttura è un vecchio fabbricato di campagna ristrutturato alla meno peggio, c'è molto verde intorno, bellissimo. Tutto davvero bucolico, peccato solo che sia distante dal centro del paese almeno cinque chilometri e questa cosa mi scazza parecchio.

Ventiquattr'ore che sono qui e già vorrei scappare. Siamo in tutto quattordici residenti, se così si può dire, anzi per descrivere meglio la situazione, direi che siamo quattordici casi umani, ognuno con una situazione personale non proprio bella, costretti a convivere. Alcuni sono davvero molto piccoli, tra le ragazze sono io la più grande. Ci riuniamo ai pasti principali e questo dovrebbe essere il momento di maggiore socializzazione. Io, non ho ancora aperto bocca con anima viva, e, a parte il momento delle presentazioni all'arrivo, ho cercato di evitare ogni qualsivoglia contatto umano.

Ho avuto il primo incontro con la psicologa che, poverina, ha cercato di instaurare con me un certo dialogo. Diciamo che perlopiù il dialogo lei lo ha fatto con se stessa. Io mi sono limitata a qualche no e qualche sì, in risposta alle sue domande. Con il mio solito fare, apparentemente scontroso ed esasperante, le ho detto, che se avesse dato un'occhiata alla cartellina che aveva davanti, avrebbe trovato tutte le notizie di cui aveva bisogno.

La mia storia personale è scritta chiaramente nel fascicolo che mi segue da quando ho otto anni. In quei documenti c'è tutta la mia vita. Inutili fogli di carta, su cui assistenti sociali e psicologi hanno riportato asetticamente tutto quello che mi è successo.

Lei però testarda, mi ha chiesto di parlare di quello che io sento. Ma io non sento nulla. Voglio solo essere lasciata tranquilla. Non mi servono i consigli e le prediche, non ne ho bisogno. Ho cercato anche di spiegarglielo, e lei in tutta risposta, sotto le lenti spesse di un paio di occhialini tondi che si sistema continuamene sul naso, ha alzato gli occhi al cielo e sorridendo mi ha comunicato che, mio malgrado, ci vedremo una volta a settimana.

Che bella rottura di palle!

Non mi va di parlare delle mie cose con nessuno, figuriamoci con una che poi pretenderebbe anche di darmi consigli e spiegazioni ai miei atteggiamenti. Credo che i nostri incontri saranno molto silenziosi, almeno da parte mia.

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«Eleonora!»

Sono troppo concentrata a separare nel piatto i piselli dalla pasta. A destra i legumi, a sinistra i tubettini per la precisione e per di più rigati. Odio la pasta rigata, ma non sono schizzinosa. Se ho fame, mangio senza lamentarmi, anche se quello che ho davanti non rientra nelle mie preferenze.

«Eleonora! Dico a te!»

Sussulto e bruscamente interrompo l'operazione di smistamento. Mi sfugge il cucchiaio che precipitando nel piatto, produce un rumore sordo.

«Dimmi Don, ero distratta, scusami» Rispondo con aria contrita.

«Tranquilla, volevo solo avvisarti che domani mattina ti accompagno a scuola. I documenti del nulla osta sono arrivati e potrai iniziare a frequentare».

Ecco, la scuola, una di quelle cose di cui proprio non avvertivo la mancanza.

«Sono stati velocissimi con questo nulla osta» Non riesco a nascondere il mio disappunto, la mia espressione e il mio tono ironico sono più che chiari in merito.

«E se aspettassimo la prossima settimana per iniziare, per favore. Troppi cambiamenti in contemporanea mi danno la nausea.»

Cerco di essere più supplichevole che posso e accompagno le parole con un gesto di preghiera e un'aria da piccolo cucciolo indifeso.

«Non se ne parla proprio! Domani mattina alle sette e trenta devi essere pronta. Ti accompagno io perché devo parlare con il Preside. Poi gli altri giorni andrai insieme agli altri»

E chiude così il discorso senza ammettere repliche.

Esticazzi!

Io odio la scuola, ma soprattutto odio, per l'ennesima volta, dover ricominciare tutto da capo. Non ricordo neanche più quanti istituti ho cambiato negli ultimi anni.

Dover affrontare cose nuove mi crea uno stress assurdo. So già che trascorrerò una notte insonne o piena di incubi, ma a chi interessa?

Ora ci vorrebbe o una bella birra o un po' di buon fumo.

Ma qui la vedo dura. Manca la materia prima per entrambe le cose.

E invece no!

Nello zaino, da qualche parte, se nessuno lo ha perquisito, dovrei aver nascosto una delle mie sigarette magiche.

Sì, lo so che alla mia età 'fumare' non è il top, e tutte le prediche che ho già sentito centinaia di volte. Voglio solo provare a rilassarmi e no, non mi farò cacciare anche da questa struttura, nessuno saprà nulla. Solo una volta e basta, non ci ricasco più. Solo questa sera e poi stop.

Beh, però quasi quasi, domani che farò il mio ingresso a scuola, potrei iniziare a cercare qualche fornitore.

Eleonora, hai finito un secondo fa di ripeterti, che non ci devi ricascare e già pensi a trovare un 'fornitore'

Ma che coscienza noiosa che ho.

La sigaretta magica è proprio lì dove l'avevo nascosta. Ora devo solo cercare un posto tranquillo per fumare in santa pace, lontana da occhi e da narici indiscrete.

Vita sbagliata - L'età dell'adolescenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora