Capitolo 62: Déja vu, allucinazioni e ...

901 153 446
                                    

È come se questa scena l'avessi già vissuta. Una specie di déjà vu. Io a occhi chiusi,  stesa su un letto che avverto non essere il mio, che sento delle voci che parlano sommessamente accanto a me. 

Le stesse sensazioni provate allora, quando a otto anni ho visto mio padre che abbracciava disperato il cadavere della mia mamma e sono svenuta per poi risvegliarmi in ospedale.

Come allora dovrei aprire gli occhi per rendermi conto di quello che succede intorno a me, ed esattamente come tanto tempo fa, non ho voglia di farlo. 

Mi prendo ancora un po' di tempo per pensare e poi paleserò il mio risveglio ai presenti nella stanza. 

Sento ora distintamente le voci, come se l'udito si fosse affinato: Samuel, Teresa e il don e poi una voce maschile che non conosco, bassa, suadente, una bella voce, direi proprio. 

«Abbiamo eseguito tutte le analisi di rito e a parte una presenza di THC in dosi abbastanza considerevoli, non abbiamo trovato nulla di particolarmente significativo. Potremmo eseguire un ulteriore esame tossicologico, ma abbiamo bisogno delle urine e quindi la paziente deve essere vigile e collaborativa.» Mormora la voce suadente.

«Non serve a un cazzo fare il tossicologico! Sto bene!» 

Bentornata Eleonora!

Mi tiro su di scatto e quasi mi trascino dietro l'asta con la flebo a cui il mio braccio destro è collegato. Sento l'ago pungere forte sul dorso della mano.

«Ma che cazzo, levatemi questa cosa! Voglio tornare a casa!» Non riesco a modulare il tono della voce che è notevolmente alto e stridente.

La mia mente mi ha fatto ripercorrere con una certa rapidità tutti gli ultimi avvenimenti e la rabbia è riaffiorata velocemente. Sento le tempie pulsare, forse avrei dovuto alzarmi con più calma. Un forte senso di nausea mi fa risalire in gola i succhi gastrici. 

Non sto bene, non sto affatto bene, ma non voglio restare in questo posto un minuto di più!

«Eleonora devi stare calma, se continui ad agitarti puoi solo farti del male!» La voce ora è sempre suadente, ma  perentoria.

«Ci conosciamo per caso? Non credo che ci siamo mai presentati, vero?» dico sbuffando infastidita.

Avevo dimenticato quanto potessi essere acida e scortese Eleonora! 

La stanza inizia a girarmi intorno e mi lascio cadere nuovamente sul letto. 

«No, hai ragione, non ci conosciamo.» 'Voce suadente' si avvicina al letto e mi tende la mano. «Dott. Gabriele Lorenzi, dirigente medico del reparto di Traumatologia della Casa Sollievo della Sofferenza» Tono sempre suadente ma leggermente beffardo.

«Alt, ho capito, non serve altro.» La mia acidità persiste, proprio non riesco a rilassarmi e infatti non gli stringo la mano che per qualche secondo resta sospesa in aria per poi ritornare nella tasca del suo camice immacolato. 

Continuo a guardare un punto fisso nel soffitto della stanza, con la speranza che il girotondo che vedo intorno a me si fermi. «Traumatologia? Ma che cazzo...»

«Prima di svenire ricordi quello che è successo?» Ora è Teresa a parlare. «Don Antonio stava cercando di abbracciarti per cercare di calmarti, tu lo hai spinto per liberarti e poi sei svenuta, cadendo pesantemente.»

«Non ho fatto in tempo a fermarti, mi sei scivolata via dalle braccia...» Il don è affranto. Ha un'aria da cane bastonato, come se fosse tutta colpa sua.

«Insomma per farla breve, hai un leggero trauma cranico e devi stare a riposo!» Chiosa  'voce suadente'.

«Ho capito Gabriele, non sono deficiente. Gira tutto e mi scoppia la testa, ma i miei neuroni funzionano ancora bene. Questa cazzo di flebo a cosa serve? Voglio qualcosa che mi tolga queste pulsazioni continue che avverto nelle tempie... Se continua così vomito anche l'anima!» Sono lagnosa e fastidiosa, me ne rendo perfettamente conto, ma non riesco a essere diversa in questo momento. 

Vita sbagliata - L'età dell'adolescenzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora