30 mille guerre

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Mille Guerre, ARIETE.

Rimasi per tutta la sera preoccupata da quella chiamata.
Non avevo fatto altro che sentire l'eco di tutte le parole che dicevo, come se avesse messo il viva voce in un posto chiuso.
Sospirai, doveva di sicuro aver sbagliato, sennò mi avrebbe richiamata.
Non riuscendo comunque a trovare sonno, finì col guardarmi la maggior parte della decima stagione di Masterchef.
Per quanto fossi una frana in cucina, mi piaceva troppo quel programma, inoltre avevo un debole segreto per lo chef Bruno Barbieri.

Mi accorsi di essermi addormentata sul divano solo quando la luce dell'alba illuminò la sala, svegliandomi.
"Cazzo" mormorai, quando realizzai che dovevo andare a scuola.
Presi velocemente il cellulare tirando un sospiro di sollievo vedendo che erano le sette e mezzo.
Ero in ritardo, ma non troppo.
Il primo bus passava per le sette e quaranta, avrei fatto in tempo a vestirmi e a scendere giù, la colazione l'avrei tranquillamente fatta a scuola.
Mi cambiai velocemente, mettendomi la prima cosa che trovai.
Non avevo tempo ne voglia di rendermi carina, alla fine Sangio ormai mi aveva vista nuda.
Arrossii a quel pensiero.
Sangio mi aveva vista nuda.
Era strana come sensazione sapere che qualcuno là fuori mi aveva vista nuda, eppure sapere che quel qualcuno fosse Sangiovanni mi tranquillizzava.
Sorrisi al pensiero che dopo nemmeno mezz'ora l'avrei rivisto.
Non sapevo perché, ma più passava il tempo più diventavo dipendente da Sangiovanni.
Sbuffai, che sottona.
Ero veramente una sottona.

Scesi velocemente le scale, correndo alla fermata più vicina per infilarmi subito nel bus.
Inspiegabilmente arrivai qualche minuto prima del suono della campanella.
Sorrisi soddisfatta, sedendomi sul muretto davanti al cancello.
La maggior parte degli studenti che di solito arrivavano prima rimanevano a gruppi lì davanti discutendo e chiacchierando un po' di tutto.
Alzai gli occhi al cielo quando notai Carlotta e Benedetta immerse in uno stormo di ragazzi, per quanto fossero distanti da me potevo sentire le loro risate isteriche.
Cercai con lo sguardo Sangiovanni, non mi aveva scritto nessun messaggio né si era più fatto sentire la sera prima.
Decisi di scrivergli qualcosa io, quando dopo aver ricontrollato per due volte tutte le persone lì davanti, constatai che non era ancora arrivato.

Heyy, io sono qui fuori tu dove sei?

Rimasi per qualche minuto a fissare quel messaggio, avrei dovuto mettere qualche faccina?
Alla fine avevamo fatto l'amore, quindi dovevamo essere qualcosa di più di semplici amici.
Non sapevo perché, ma realizzare che non avevamo ufficializzato ancora cosa fossimo mi rese nervosa.
Forse per lui non ero così speciale, o forse semplicemente voleva aspettare ancora di più a considerarmi come più di un'amica.
Alla fine aveva fatto l'amore, non potevamo essere solo amici.
O si?
Mi passai una mano fra i capelli, decidendo di non aggiungere nessuna emoticon.
"Ma guarda chi è già rimasta da sola?" sobbalzai, quando la voce fastidiosa di Carlotta richiamò la mia attenzione.
"Giovanni si è già stancato di te?" Benedetta dietro di lei le fece eco, mettendosi le mani sui fianchi.
"E voi veramente non avete nessuno con cui stare che dovete dare noia a me?" ribattei, sorprendendo persino me stessa.
Non avevo mai risposto a tono alle loro provocazioni, eppure il fatto che mi avessero toccato Sangiovanni mi dava troppo fastidio.
Non potevano permettersi.
Carlotta e Benedetta si guardarono divertite, avvicinandosi ancora a me.
Dietro di loro tutti si zittirono, iniziando a guardarci incuriositi.
"Ma sentila, un ragazzo per la prima volta la considera e lei si sente chissà chi!" Benedetta rise, venendo seguita da quello che era diventato il nostro pubblico.
Sbuffai, era solo una gregge di pecore.
"Che insulsa" sputò Carlotta, guardandomi dall'alto al basso prima di voltarsi e andarsene, seguita da Benedetta.
Tutti rimasero a guardarmi nel silenzio che si era creato, come ogni volta quando parlavano le due api regine.
"Lo spettacolo è finito" annunciai, mettendomi le cuffie nelle orecchie isolandomi dal mondo.
Misi Rosalìa a tutto volume, seguendo lentamente la coda di studenti che iniziarono a entrare a scuola al suono della campanella.
Se la mia voglia di andare a scuola si trovava quasi sempre sotto i piedi, ora era completamente scomparsa.
Sangiovanni non mi aveva risposto e non mi rispose per tutto il resto della mattinata.
Stranamente a scuola non c'era nemmeno Serena, di solito non mancava mai, se non c'erano problemi seri.
Decisi di mandarle un messaggio alla fine della prima ora, nascondendomi dietro lo zaino.
Se le risatine mi infastidivano, le occhiatine le odiavo.
La giornata passò molto lentamente, persino l'ora di scienze, la mia materia preferita, non finì mai.
Era come se stessi vivendo una lenta tortura, passavo tutto il tempo a controllare ogni cinque minuti il cellulare nell'attesa di un messaggio che non arrivò.
Solo Serena mi rispose appena suonò la campanella che indicava la fine della giornata, spiegandomi che era rimasta a casa perché la madre aveva la febbre e voleva starle vicino.
Sorrisi di fronte a quelle parole, era una delle persone più premurose che conoscevo.
Si prendeva sempre cura degli altri senza mai aspettarsi niente in cambio.
Le mandai un cuore come risposta, uscendo da quella prigione chiamata Scuola.
Presi il primo bus che passò dalla fermata, alzando il volume della musica.
Essendo una bella giornata, sul bus non c'era praticamente nessuno, tutti erano venuti in macchina o in motorino.
Il bus vuoto era un regalo dal cielo.
Mi nascondevo sempre negli ultimi
posti, occupandone un paio solo per me e il mio zaino.

Juro que, juro que, juro que, juro que
El tiempo que tú estés dentro yo te esperaré
El tiempo que tú estés dentro yo te esperaré

Come sempre, Rosalìa fu la mia colonna sonora per tutto il tempo, facendomi sentire il sapore della Spagna.
Diamine se mi mancava andare lì.
Sangiovanni non aveva dato segni di vita, né era mai entrato su whatsapp.
L'ultimo accesso risaliva alla sera prima.
Sospirai, forse era successo qualcosa?
Forse stava semplicemente male e non aveva preso in mano il cellulare?
Mille domande mi risuonarono in testa mentre scendevo dal bus, alzando lo sguardo sul mio portone, proprio davanti alla fermata.

Il mio cuore fece una capriola quando incontrai quegli occhi azzurri, ormai fin troppi familiari, guardarmi dall'altra parte della strada.

MALIBUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora