67 arsenico

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Arsenico, AIELLO

Mi alzai di scatto, sentendo la testa pulsarmi forte sulle tempie.
Non avevo dormito bene, anzi non avevo dormito affatto.
Avevo passato tutta la notte a fare incubi su incubi, e tutti con Sangiovanni come protagonista.
Sorrisi solo quando sentii il profumo di pancake che mio padre mi cucinava sempre per colazione.
Diamine quanto mi era mancato.
Scesi velocemente dal letto, catapultandomi in cucina solo per spalancare gli occhi nel trovare Luca intento a finire i miei pancakes.
"Oh!" esclamai, catturando la sua attenzione.
Lui rise, facendo cenno con la testa verso un altro piatto pieno sul davanzale della cucina.
Feci un sospiro di sollievo, fulminandolo con lo sguardo.
"Figurati se qualcuno mangia i tuoi amati pancakes!" esclamò, ridendo ancora di più.
Scossi la testa, cercando di nascondere un sorriso, quando mi sedetti accanto a lui.
"Papà è già andato a lavoro?" chiesi, perdendomi nella bontà di quella colazione.
Luca annuì, "È uscito una decina di minuti fa, mi ha detto di dirti che torna domani mattina perché stasera ha una riunione fuori città."
Alzai gli occhi al cielo, odiavo il lavoro di mio padre, lo costringeva a passare un sacco di tempo fuori Roma.
"Allora come va col tuo ragazzo?" chiese di punto in bianco, cogliendomi di sorpresa.
"Bene" mentii, ottenendo uno suo sguardo poco convinto.
Cercai di fare finta di niente, raccogliendo i capelli in una coda per distrarmi.
In realtà, era semplicemente sparito di nuovo.
Ma questa volta, più delle altre, sentivo uno strano presentimento addosso, come se gli fosse successo qualcosa.
"Con me ne puoi parlare" disse all'improvviso, interrompendo il mio flusso di pensieri.
Lo guardai, non sapendo realmente cosa dire.
"È da un paio di giorni che non lo sento" provai, abbassando lo sguardo sui pancakes.
"Solo che questa volta mi sento qualcosa, ho uno strano presentimento addosso" tossii, provando a schiarirmi la voce.
Odiavo lasciar trasparire quanto realmente fossi preoccupata, nonostante non avessi prove certe per esserlo.
Luca mi appoggiò una mano sulla spalla provando a rassicurarmi.
"Perché non lo provi solamente a chiamare?" chiese, come se fosse la cosa più scontata di tutte.
"Secondo te non l'ho già fatto?" ribattei, quasi infastidita in realtà.
Scossi la testa, appoggiandomi allo schienale della sedia.
Chiusi gli occhi, tornando con la mente all'ultima sera passata insieme, una delle più belle di sempre.
Le nostre mani strette mentre camminavano per le strade di Roma avvolti dal freddo della sera, sorridendo alla promessa di una notte che sarebbe stata solo nostra.
"Giulia non è giusto che lui scompaia così all'improvviso ogni volta" il tono incerto di mio cugino mi colse di sorpresa, obbligandomi a guardarlo.
Mi strinse una mano, "Ti meriti di più di una ragazzo che fa così"
Scossi la testa alle sue parole, lui non sapeva.
Giustamente, non aveva la minima idea di come Sangio volesse solamente proteggermi, combattendo tutto da solo.
All'improvviso sentii l'irrefrenabile voglia di raccontargli tutto, buttare tutte le mie preoccupazioni fuori e trovare completamente conforto in lui, ma non lo feci.
Non potevo farlo.
Il suo senso di protezione avrebbe cercato solo di allontanarmi da Sangio, troppo spaventato da quello che poteva accadermi.
Gli accarezzai la guancia, sorridendogli dolcemente.
"A volte non è così semplice" mormorai, sorprendendo me stessa con la gravità di queste parole.
Finimmo gli ultimi pancakes in silenzio, lasciando che i nostri pensieri riempissero quei discorsi che non trattammo.
Alla fine, mi alzai per andare a cambiarmi.
Indossai una felpa oversize e dei jeans larghi, non avendo la minima voglia di andare vestita attillata o elegante a scuola.
Guardai il cellulare, sentendo la familiare sensazione di delusione nel constatare che Sangio non aveva nemmeno visualizzato i miei messaggi.
"Io scendo ad accendere la macchina intanto, ti aspetto qui giù!" sobbalzai non appena sentii la voce di Luca.
"Okay!" urlai, sistemando velocemente lo zaino, nonostante non avessi veramente voglia di andare a scuola.
Ero quasi certa che lui non sarebbe venuto, rendendo inutile il mio andare in quello che era per me un inferno.
Per l'ennesima volta avrei dovuto affrontare le occhiattaccie e i sorrisini di Benedetta e Carlotta, sperando che mi lasciassero in pace.

Scesi velocemente le scale, entrando subito in macchina.
Alzai la radio a tutto volume, cantando con mio cugino la canzone di Gigi D'Alessio che trasmettevano alla radio a squarciagola.
Abbassai anche il finestrino, lasciando che i miei capelli si scompigliassero, godendomi quel momento di spensieratezza.
Non pensai a niente, provando a dimenticarmi per quei dieci minuti tutte le mie preoccupazioni.
L'idea che potesse essergli successo qualcosa mi tormentava così tanto da mozzarmi il fiato.
Era come se dentro di me nutrissi la certezza che questa volta ci fosse qualcosa oltre al suo volermi proteggere, e pensando a cosa potesse fare Walter, sentivo sempre un tuffo al cuore.
Salutai mio cugino quando arrivammo, uscendo velocemente dalla macchina nella speranza che non notasse le lacrime che minacciosamente stavano per rigarmi le guance.
Odiavo piangere, soprattutto davanti a qualcuno.
Mi strinsi nel mio giubbotto, evitando anche Serena che vidi intenta a discutere con un paio di ragazzi della sua classe.
Non volevo mi chiedesse niente, speravo solamente che quella giornata di scuola finisse il prima possibile.
Non appena suonò la campanella, corsi verso la mia classe, sistemandomi al mio posto all'ultimo banco.
Tenni la testa bassa tutto il tempo, evitando lo sguardo di chiunque entrasse.
Ringraziai il cielo quando la Tronchelli, la professoressa di fisica, entrò in classe prima del previsto, lasciando che un silenzio tombale ci avvolgesse, tutti troppo spaventati da lei e dal poter essere interrogati.
Sorrisi, sentendomi finalmente a mio agio.
Accesi di nascosto il cellulare, tornando sulla chat con Sangio.
Niente.
Non aveva ancora nemmeno visualizzato i messaggi.
Sospirai, scuotendo leggermente la testa.
Andai sulla galleria, perdendomi nello scorrere le foto che c'eravamo fatti "Da Oscar" o quelle dei nostri tatuaggi che combaciavano.
D'istinto lo guardai, accarezzandolo col pollice, sentendo l'urgente bisogno di sapere cosa fosse successo.

Quando tornai a casa, mi chiusi velocemente in camera saltando il pranzo.
La paura costante che provavo pensando a Sangio mi aveva fatto passare persino la fame.
Ripensai a tutte le possibili scuse, o motivi reali per cui una persona potrebbe scomparire ma niente mi venne in mente, se non che Walter avesse veramente superato il limite.
Un brivido mi scosse al pensiero, mozzandomi il fiato.
Non poteva essere.
L'avrei già saputo sennò, no?
Sospirai lentamente, guardando l'orologio sulla mia scrivania.
Avrei dovuto fare i compiti, ma niente di quello che leggevo mi pareva avesse senso.
Chiusi e aprii i libri un paio di volte, gettando infine la spugna.
Non riuscivo a concentrarmi.
La certezza che fosse successo qualcosa continuava a crescere dentro di me, soffocandomi a tal punto che quando mio padre mi chiamò avvertendomi che sarebbe tornato il giorno dopo, decisi di saltare la cena.
Mi sdraiai sul letto, passando il resto della giornata ad ascoltare delle canzoni, sperando di svuotare la mente.

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a/n

Visto il vostro calore per gli ultimi due capitolo ho deciso di pubblicare subito! 🤪

Siamo ufficialmente a meno di dieci parti dalla fine 🥺

Spero vi piaccia anche questo capitolo, nel caso lasciate una ⭐️ e fatemi sapere cosa ne pensate nei commenti - vi leggo sempre 🥰🥰

A domenica, love you all 💘💘

MALIBUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora