45 destri

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Destri, Gazzelle.

Sangio se n'era andato, portandosi via anche la pioggia.
Non appena salii in casa, il sole pervase le mie stanze, contrapponendosi a quello che sentivo dentro di me.
Rabbia.
Dolore.
C'era qualcosa che non mi tornava, non poteva finire così.
Non in questo modo.
Il modo un cui mi guardava, il gelo nel suo tono di voce, ogni volta che ci pensavo mi spezzava il cuore sempre di più.
Sentivo le lacrime rigarmi le guance, ma avevo perso qualsiasi voglia e forza di impormi di smettere di piangere.
In quel momento non mi importava di niente, era come se il mondo per me si fosse fermato e avesse smesso di andare avanti.
Appoggiai il mio zaino per terra, andando sul terrazzo.
Il sole era quasi accecante e bruciava sulla pelle, ma era piacevole.
Sentire qualcosa, anche se fastidiosa o a tratti dolorosa, mi dava la certezza di essere ancora viva, per quanto potesse importarmi.
Non riuscivo a non rivedere quei lividi dappertutto, quei tagli che lo ricoprivano.
Perché era ridotto così?
Cos'era successo?
Ma soprattutto, perché non mi aveva detto niente?
La cosa che più mi faceva male era avere la certezza che a parti inverse, sarei corsa da lui, avrei trovato in lui il mio rifugio.
Ma evidentemente non era la stessa cosa per Sangio.
Non ero il suo rifugio.
Forse, non lo ero mai stata.
Mi sedetti sul pavimento freddo, lasciando che le gambe stessero a penzoloni nel vuoto.
Appoggiai la fronte sulla ringhiera fredda, chiudendo gli occhi.
Non mi importava chi mi avrebbe visto o cosa la gente avrebbe potuto pensare di me.
Sbuffai alla sola idea di potermi curare di qualcosa così banale.
Le persone avrebbe sempre trovato qualcosa per criticare gli altri, tanto valeva non farli scervellare troppo nella ricerca di un pretesto.
Il tempo passò lentamente o velocemente, sinceramente non ebbi idea, rimasi ferma a rivivere ogni singolo momento trascorso insieme alla ricerca di cosa fosse andato storto.
Era inevitabile che avessi sbagliato qualcosa, nessuna persona sana di mente avrebbe lasciato la propria ragazza così all'improvviso.
Eppure, rivivere ogni singolo momento fu quasi altrettanto doloroso che essere lasciati davanti al portone del proprio palazzo.
Non mi godetti nemmeno il tramonto, né mi accorsi di essere rimasta fuori tutta la notte finché non sentii qualcuno aprire la porta d'ingresso in lontananza.
"Giulia!" una voce familiare mi chiamò, ma rimasi ferma, sempre con gli occhi chiusi, contro il metallo freddo.
"Giulia!" il suono ovattato si avvicinò, ma continuai a non riuscire a capire chi fosse.
Era come se il mio cervello avesse smesso di funzionare.
"GIULIA!" sentii delle mani afferrarmi, obbligandomi ad alzarmi, per stringermi nell'abbraccio di quello che riconobbi essere Luca.
"Giulia ma cosa stai facendo? Vuoi provare l'ebrezza dell'ipotermia?!" la sua voce squillante mi rubò una piccola smorfia, l'accento di un sorriso che pero morì prima ancora di nascere.
"Diamine senti come sei gelata!" senza darmi il tempo di contraddire, mi portò dentro casa, facendomi sedere con lui sul divano, coprendoci con una coperta.
"Vieni qui" mi strinse ancora di più a sé, accarezzandomi dolcemente la schiena.
"Cosa è successo?" provò, lasciandomi un bacio sulla fronte.
"Lui" gracchiai, tossendo di rimando.
Luca si allontanò quanto bastasse per guardare la mia faccia, constatando che avevo pianto tutta la notte.
Mi asciugò delicatamente le lacrime col pollice, cercando di rivolgermi un sorriso poco convincente.
"Dimmi Giulia, cosa é successo?" riprovò, sistemandomi dolcemente i capelli.
Abbassai lo sguardo sulla sua felpa blu, cercando di concentrarmi sulla scritta della marca ricamata sul tessuto, prima di rispondergli "Sangio mi ha lasciata"
Non ebbi il coraggio di guardarlo, ma da come imprecò, capii che non la prese molto bene.
"E perché cazzo l'ha fatto quel bastardo?" sbottò, riscaldandomi il cuore.
Amavo quando si prendeva cura di me.
"Non lo so" rabbrividii nel dirlo ad alta voce.
Luca mi strinse di nuovo a sé, "che coglione" mormorò contro i miei capelli, "vieni, andiamo da Deddy a fare colazione".
Non provai a contro ribattere, d'altronde sapevo che con lui sarebbe stato impossibile.
Mi misi la prima felpa che trovai, raccogliendo i capelli in una coda disordinata.
Per quanto ci provai, non mi interessava per niente essere carina o presentabile, che importanza aveva?

Rimasi in silenzio per tutto il viaggio, lasciando che la musica della radio riempisse l'abitacolo della macchina.
Quando arrivammo, Deddy spalancò gli occhi, guardandomi preoccupato ma non fece domande.
Evidentemente, dovette aver capito tutto.
Non ci voleva molto per realizzare che doveva riguardare Sangio, e di conseguenza, una nostra possibile rottura.
Sorseggiai lentamente la cioccolata calda che mi preparò, ascoltando i loro discorsi su come un giocatore NBA avesse meritato o meno il premio come migliore difensore dell'anno.
Fu solo quando lo ringraziai del croissant che Deddy mi rivolse la parola.
"Giulia come stai?" chiese, ottenendo un mio sguardo confuso.
Non si vedeva?
"Sto" mormorai, tornando a guardare la tazza, ormai quasi vuota.
"Dai Giu, non puoi stare così!" provò, cogliendomi di sorpresa.
Spalancai gli occhi, abbozzando un sorriso imbarazzato quando vidi che mi stavano guardando facendo delle facce buffe.
Senza che dicessi niente, iniziarono a cantare, facendo delle mosse di danza estremamente imbarazzanti.
"Now put your hands up, up in the club, we just broke up, I'm doing my own little thing, decide to dip and now you wanna trip, cause another brother noticed me" rimasi sorpresa nel trovarmi a ridere quando Luca si alzò, imitando la voce di Beyoncé.
"I'm up on him, he up on me, don't pay him any attention, just cried my tears, for three good years, ya can't be mad at me" Deddy lo raggiunse, superando il bancone, per cantare insieme il ritornello.
"Cause if you liked it then you should have put a ring on it, if you liked it then you shoulda put a ring on it, don't be mad once you see that he want it, if you liked it then you shoulda put a ring on it, Oh, oh, oh"
Risi così forte da attirare l'attenzione di chiunque fosse nel bar.
"Siete pazzi!" esclamai, provando a farli smettere, fallendo miseramente.
Le persone che erano nel bar iniziarono ad applaudire alla loro performance, facendo morire Luca d'imbarazzo.
Per la prima volta da quando era finita, mi sentii un po' più leggera.
Dopotutto, la vita a volte faceva schifo, ma avere qualcuno con cui ridere, la rendeva meno sgradevole.

MALIBUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora